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"Mafia Cinese: nuove schiave, estorsioni, lavoro nero e turbativa delle regole del mercato "

di Dr Michelini / Formazione ed informazione

08/04/2007 -

Secondo le indagini condotte dalla Direzione Nazionale Antimafia crescono vertiginosamente le attività illegali della mafia cinese nel Mezzogiorno.
Dalla Campania alla Sicilia è un crescendo di attività commerciali “made in Cina” che turbano i nostri mercati e penalizzano i nostri commercianti.
Infatti- nella stragrande maggioranza dei casi- il commercio cinese si sviluppa completamente al di fuori del rispetto delle regole del mercato e della concorrenza, o perché subisce i ricatti e le estorsioni da parte delle organizzazioni mafiose cinesi o, più spesso, perché ne costituisce addirittura appendice. In quest’ultimo caso, si è in presenza di realtà criminali celate dietro prestanome ed esercizi commerciali apparentemente leciti.

La preoccupazione cresce tra i commercianti, che oltre a faticare quotidianamente per riuscire a restare in un mercato che li “strozza” spesso con lacci e lacciuoli, si trovano pure a dover condividere lo spazio di competitività con operatori che, invece, usano logiche affaristiche che sfuggono alla legge come alla giustizia. Non è razzismo- dicono i commercianti- ma solo timore e legittima rabbia di non potersi misurare con concorrenti che non rispettano nessuna regola.

La comunità cinese di Napoli è quella che tiene un vero e proprio primato: sono infatti 2000 le presenze censite e infinitamente di più quelle illegali- ha spiegato in Commissione Nazionale Antimafia lo stesso Procuratore Nazionale Piero Grasso- che ha ribadito: “Lavoro nero, violazioni dell’orario di lavoro e delle leggi sull’igiene e la sicurezza, moltiplicano il volume di affari illeciti e al contempo la violazione delle destinazioni d’uso degli immobili presi in locazione dai cinesi”.

All’interno di questi locali, infatti, sovente si realizzano “passaggi segreti” che conducono a un mondo parallelo fatto di storie di schiavitù, di sfruttamento, di dolore, di umiliazione e di tanta, proprio tanta, prostituzione di giovani e giovanissime (alcune quasi bambine).
Si pensi che, proprio queste ultime - come dimostrano alcuni dati da cui si evince che il solo commercio impostato sull’ “illibatezza” può far fruttare agli sfruttatori anche duemila euro (questa infatti la cifra che si può arrivare a chiedere al cliente per riservargli una notte con una ragazza ancora “intatta”) - sono considerate le più appetibili: termine impropriamente inflazionato in quest’ambito, come se fosse concepibile parlare di un essere umano come di un esanime oggetto o di una merce di scambio.

Le ragazze cinesi - avvertono poi gli operatori del settore - oggi, così come le “schiave dell’est”, vengono inoltre destinate anche alla prostituzione di strada.
Il Procuratore Grasso sottolinea come che la malavita cinese si stia rafforzando e sia pronta ad assalire nuovi settori della vita economica, in cui incanalare gli investimenti di danaro sporco, a fronte, purtroppo dell’impotenza delle autorità, le quali, nonostante i loro sforzi, si scontrano con enormi difficoltà già nell’attività d’indagine primaria; infatti è difficile se non impossibile reperire interpreti disposti a tradurre, poiché il grado di condizionamento psicologico della criminalità mafiosa cinese e la sua ferocia sono tali da ingenerare in chi collabora con le autorità, a qualsiasi titolo, non solo la paura, ma la quasi certezza di ritorsioni.

Dunque, oramai, dai ristoranti e dai laboratori costretti a pagare tangenti alla mafia cinese, si è passati, da un lato, ai lavoratori clandestini che pagano nei fatti il costo dell’immigrazione illegale e, dall’altro, alle nuove “schiave”.
Fenomeni, questi, che danno la misura dell’insidiosità delle forme di criminalità importate nel nostro Paese a danno del nostro tessuto socio- economico, ma forse suggeriscono al contempo anche una riflessione sulla nostra indifferenza e sulla deresponsabilizzazione che - soprattutto in materia di prostituzione e reati sessuali - è ormai invalsa in linea generale e segna il grado d’involuzione del costume, dei principi e della sensibilità sociale della nostra stessa civiltà.

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