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"Formazione alla sicurezza: il codice Ateco è un’opportunità o un vincolo?"

fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione

05/05/2015 -
Pubblichiamo un articolo tratto da  “ Articolo 19” n.  02/2014, bollettino di informazione e comunicazione per la rete di RLS delle aziende della Provincia di Bologna realizzato dal  SIRS  (Servizio Informativo per i Rappresentanti dei lavoratori per la Sicurezza) con la collaborazione di vari soggetti istituzionali provinciali (Provincia di Bologna, AUSL, INAIL, DPL, organizzazioni sindacali, ...).

Formazione alla sicurezza dei lavoratori: il codice Ateco è un vincolo o un’opportunità
di Silvia Dall’Olio
 
In riferimento alle ore di formazione alla sicurezza, l’Accordo Stato-Regioni del 21/12/2011 prevede pacchetti orari differenziati, a seconda che il lavoratore operi in aziende a alto, medio o basso rischio, ed individua, come criterio discriminante per il livello di rischio, la classificazione delle attività lavorative in base al codice cosiddetto ATECO. Diversi RLS ci hanno posto quesiti simili, che vertono su di uno stesso punto: la differenziazione del numero di ore di formazione è da intendersi come rigidamente vincolante e tassativa, oppure come orientativa, da calibrare in base alle reali condizioni di rischio?
 
I quesiti nascono certamente dal fatto che l’Accordo stesso prevedeva che, ad esempio, gli impiegati che non accedono ai reparti di produzione per esigenze di lavoro ma operano solo negli uffici siano da considerarsi a “rischio basso”, anche se operano in aziende che per codice ATECO sono da classificarsi a” rischio alto”.
 
Molti ci chiedono se questa considerazione si applichi solo agli impiegati o anche ad altri lavoratori nelle stesse condizioni e caratteristiche, mentre altri ci chiedono il contrario, ovvero se in aziende classificate come codice ATECO a medio o basso rischio si possano individuare situazioni di lavoratori da considerare esposti ad alto rischio e quindi aventi diritto a percorsi formativi più lunghi e corposi. In sostanza, la domanda (che interessa molto i RLS che sono chiamati a dare un parere sui programmi di formazione che i datori di lavoro prevedono di attivare) è molto semplice: la formazione aziendale si programma sempre e solo applicando rigorosamente la classificazione ATECO, oppure si programma partendo dalla valutazione dei rischi reali (e quindi la classificazione ATECO diventa un importante riferimento, un’opportunità da sfruttare ma non un tabù da rispettare acriticamente)?
 
Se avessimo dovuto fornire un nostro parere, ci saremmo sicuramente espressi per la seconda interpretazione, ma come è noto non compete al SIRS esprimere pareri. Pochi mesi fa nel merito si è espressa la Commissione per gli Interpelli, sollecitata da un quesito posto da Federambiente ( Interpello n. 11/2013 del 24/10/2013) e la risposta è in perfetta sintonia col nostro orientamento, per cui la riportiamo integralmente di seguito. Prima però vogliamo evidenziare come la Commissione, nel fornire la sua risposta, si sia ispirata ad un passaggio dell’Accordo Stato-Regioni del 25/07/2012 che concerne le linee guida applicative dell’Accordo base già richiamato.
 
Ebbene, nell’ Accordo del 25/07/2012 si dice espressamente che la classificazione dei lavoratori “ può essere fatta anche tenendo conto delle attività concretamente svolte dai soggetti medesimi, avendo a riferimento quanto nella valutazione dei rischi” e ciò naturalmente vale in entrambe le possibilità: ci può essere una classificazione del livello di rischio più basso di quello che sarebbe previsto dal codice ATECO ma anche di un livello di rischio più alto.
 
In conclusione, la Commissione per gli Interpelli così si esprime nel merito: la formazione - che deve essere “sufficiente ed adeguata”- va riferita all’effettiva mansione svolta dal lavoratore, considerata in sede di valutazione dei rischi; pertanto la durata del corso può prescindere dal codice ATECO di appartenenza dell’Azienda.
 
 
 
 

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