Dal Messico, dove ha già falciato ottantasei vite, il virus della febbre suina attraversa oceani e continenti, dilaga negli Stati Uniti, in Canada, Europa, Medio Oriente, arriva perfino in Nuova Zelanda, aumentando il numero dei contagi e creando una psicosi da piaga biblica. Ieri mattina, l’Organizzazione mondiale della sanità aveva parlato di un’emergenza con «potenzialità pandemiche». Nel pomeriggio, la stessa agenzia delle Nazioni Unite ha lanciato un allarme ben più inquietante: «È probabile che l’attuale epidemia possa mutare in una forma ancora più pericolosa». Questo significa che, nei prossimi giorni, il virus potrebbe diventare più infettivo e più letale di quanto non sia già. Per la prima "peste" del Terzo millennio si sta valutando se si debba portare lo stato di allerta dal livello 3 a 4, su una scala che prevede un massimo livello di 6, quello di "pandemia conclamata".

In un quadro così allarmante, a tarda sera è giunta una notizia più rasserenante. Il presidente messicano Felipe Calderon ha annunciato che delle 1300 persone ricoverate 900 sono state dimesse. Anche l’Oms ha finalmente lanciato un messaggio d’ottimismo: per il numero due dell’Organizzazione, Keiji Fukuda, «il mondo non è mai stato così pronto ad affrontare una pandemia».

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