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"Influenza, primo morto americano "

fonte il Sole 24 ore, B.Gobbi / Salute

06/05/2009 - Da ieri c'è anche un residente americano tra le vittime della nuova influenza: è una donna che viveva in Texas, nella contea di Cameron, un'area non distante dal confine con il Messico. Aveva diversi problemi di salute e il suo decesso è stato confermato dalle autorità sanitarie americane. In Texas si era già registrato un caso mortale, ma riguardava un bambino messicano di poco meno di due anni, portato negli Stati Uniti per essere curato. Tutte le altre vittime erano messicane. La notizia è arrivata al termine di una giornata in cui, malgrado l'evoluzione benigna che l'influenza A sembra avere in questi ultimi giorni, il consueto bollettino dell'Organizzazione mondiale della sanità è stato preceduto da un invito degli esperti a non abbassare la guardia: l'ultimo aggiornamento, precedente al caso americano, parlava di 1.419 casi registrati in tutto il mondo e di 30 decessi. A preoccupare è soprattutto la scarsa conoscenza della nuova malattia: «Al momento - ha spiegato il vicedirettore Oms Keiji Fukuda - non sappiamo come evolverà la situazione, ma ricordo che in passato le pandemie sono state di intensità da media a grave». La buona notizia è intanto che al di fuori di Stati Uniti e Messico non sono stati ancora rilevati contagi a livello di comunità. Anche in Gran Bretagna e in Spagna, i due paesi Ue più colpiti, i casi registrati sono da collegare a viaggi nelle zone colpite. Ma l'epidemiologia della nuova influenza è ancora tutta da interpretare. Tra i pochi dati certi, la maggiore vulnerabilità riscontrata tra i ventenni. L'altra certezza è che condizioni igieniche precarie favoriscono il diffondersi del virus. Per questo motivo ieri l'Oms ha lanciato il programma mondiale Mani pulite , un protocollo anti-infezioni indirizzato a contrastare possibili contagi nelle strutture ospedaliere. Dagl iStati Uniti intanto l'amministrazione Obama ha lanciato un programma di aiuti da 63 miliardi di dollari con l'obiettivo di sconfiggere in sei anni le malattie - dall'Aids alla malaria alle patologie tropicali - in tutto il mondo. Il piano, destinato in gran parte a integrare interventi già avviati, dovrà essere approvato dal Congresso degli Stati Uniti. Ma l'annuncio suona come un segnale forte del processo di globalizzazione sanitaria.

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