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"Infortuni, nessun risarcimento se l'imprenditore è fallito "

fonte Italia oggi / Sicurezza sul lavoro

07/05/2009 - Il lavoratore infortunato non può citare in causa (nel giudizio penale) l'assicurazione per avere i danni, al posto dell'imprenditore fallito. Lo ha stabilito la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 131 di ieri, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 83, comma 1, del codice della procedura penale, in combinato disposto con l'art. 1917 del codice civile, nella parte in cui, « intervenuto il fallimento del datore di lavoro, non consente, al lavoratore costituitosi parte civile, l'autorizzazione alla citazione nel processo penale, come responsabile civile , dell'assicuratore della responsabilità civile del datore medesimo». non Hanno fatto cambiare idea al Giudice delle leggi su questa linea interpretativa i paragoni che il Collegio remittente ha tentato con le nuove disposizioni che responsabilizzano sulla sicurezza la società committente dei lavori e l'appaltatore così come avviene nel caso di utilizzazione di manodopera. Infatti, ecco il motivo, il datore di lavoro non è obbligato a stipulare un'assicurazione privata contro il rischio costituito da danni da infortunio. È una sua « libera iniziativa». Nè tantomeno, dicono i giudici di Palazzo della Consulta, i lavoratori che chiedono i danni possono insinuarsi al passivo del fallimento. La lacuna, lasciano poi intendere le toglie, non va ricercata nelle norme del codice civile, che quindi restano intatte, ma in quelle che regolano la procedura fallimentare « ed impediscono che, dopo la dichiarazione di fallimento, il debitore possa procedere al pagamento di singoli debiti al di fuori della procedura».

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