20/06/2009 - Metà del latte italiano viene utilizzato per produrrei 35 nostri formaggi dop. La cifra si aggira intorno ai 54 mln di quintali che corrispondono a 5-6 milioni di prodotto tra Parmigiano-reggiano, Gorgonzola, Asiago, Grana Padano, mozzarella di bufala, pecorini romano e toscano, Caciocavallo Silano e fontina per citarne alcuni, che hanno sia mercato nazionale che estero. Ma anche queste grandi dop stanno vivendo un momento di difficoltà. All'origine c'è una produzione che supera la domanda. E ci, spiega il presidente del Consorzio di tutela clell'Asiago, Roberto Gasparini, è dovuto alla mancanza di un piano di controlli. «Nel 96», precisa, «l'Antitrust tolse ai consorzi di tutela il diritto a programmare la produzione con il risultato che ogni azienda è andata avanti per conto suo sperando di vendere. L'eccesso di produzione si riflette in molti casi sui prezzi che tendono a diminuire ma non al punto di essere concorrenziali con altri formaggi non certificati prodotti in molti casi con latte non italiano per cui non esiste pero l'obbligo di dichiarano sulla confezione». Formaggi che costano ancora meno e sui quali si concentra l'attenzione dei consumatori specie in questo periodo di crisi. Come uscire? Secondo il presidente del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai, (nominato nei gi orni scorsi al vertice dell'Afidop) e il direttore Leo Bertozzi «occorre tornare a dare potere di controllo ai consorzi». Parere condiviso da Gasparini. E insieme sostengono che i formaggi dop nostrani potrebbero riconquistare altri consumatori qualora, com'è nelle intenzioni del ministro alle politiche agricole, Luca Zaia, l'Ue decidesse di rendere obbligatori, per i formaggi non certificati, citare sulla confezione la provenienza del latte. Leggere che un formaggio è stato prodotto con latte in polvere di paesi extra Ue potrebbe indurre il consumatore a tornare alle dop.

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