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"Carta d'identità al pesce in vendita"

fonte Italia Oggi, L. Chiarello / Sicurezza alimentare

09/07/2009 -
Ogni partita di pesce circolante in Italia dovrà essere indentificabile e ciascun pesce dovrà essere chiamato sia col suo nome comune, sia col termine scientifico di riferimento. Di più . Bisognerà svelare anche data della cattura, il nome del peschereccio che lo ha braccato e l'arma utilizzata per catturarlo. I prodotti ittici italiani, che siano frutto di attività di pesca o di allevamento, d'ora in poi dovranno essere a prova di falso. Lo dispone il dcli sviluppo, oggi al voto del senato per il via libera definitivo. Un provvedimento che ha un obiettivo dichiarato direttamente nel testo: «Garantire qualità e valorizzazione commerciale dei prodotti». Tradotto, garantire la qualità per migliorare, o giustificare, il prezzo divendita. Così, i pescatori italiani dovranno rispettare nuovi obblighi. E fornire un elenco di informazioni minime e inderogabili. E cioè:
- il numero di identificazione di ogni partita;
- il nome commerciale e il nome scientifico di ogni specie;
- il peso vivo espresso in chilogramun;
- la data della cattura, della raccolta ovvero la data d'asta del prodotto;
- il nome del peschereccio ovvero il sito di acquacoltura;
- il nome e l'indirizzo dei fornitori;
- l'attrezzo da pesca.
Di più. Gli esercenti le attività di pesca dovranno marchiare i loro prodotti ittici. Il ministero delle politiche agricole dovrà mettere a punto un decreto con cui definire un sistema specifico di marcatura ed etichettatura. Etichette che dovranno contenere tutte le informazioni suddette, richieste ai pescatori. Anche in base a quanto voluto dalla Commissione europea, con la comunicazione attuativa della direttiva 98/34/CE di Parlamento europeo e Consiglio, del 22 giugno 1998. Ma c'è chi scamperà alla stretta informativa. Che il ddl individua testualmente nei «soggetti» e nelle «imprese titolari di licenze di imbarcazioni inferiori a 15 metri». E, in ogni caso, tutte «le partite di peso inferiore a 15 chilogrammi. Olio d'oliva. Il ddl sviluppo dispone, inoltre, novità in campo oleicolo. Anche alla luce dell'obbligo scattato, il primo luglio scorso, di indicare in etichetta il luogo d'origine delle olive utilizzate per la produzioine di vergine ed extravergine. Così da smascherare tutti quegli oli dal nome italiano, che made in Italy non sono. Così nei ddl si legge che «per potenziare l'azione di contrasto alle frodi e di monitoraggio della produzione dell'olio di oliva e delle olive da tavola (...) i frantoi oleari hanno l'obbligo di comunicare all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), le informazioni relative all'origine del prodotto trasformato». Mentre alla stessa Agea, spetta l'obbligo di stilare la lista dei dati da fornire per ogni azienda agricola, nonché le regole di registrazione e controllo delle informazioni suddette. Di più. L'Agenzia funzionerà come una specie di banca dati, fornendo ai «soggetti della filiera interessati alla tracciabilità del prodotto», il reperimento, l'aggiornamento e la fruizione dei dati. Reti d'impresa. Dulcis in fundo, una novità del ddl viene evidenziata dal senatore, Sergio Vetrella (Pdl), frutto dell'approvazione di un emendamento da lui proposto. «Si introduce la possibilità per le Reti di imprese di usufruire delle agevolazioni fino ad oggi riservate solo alle aziende all'interno cli distretti industriali», annuncia Vetrella. «Grazie a queste nuove disposizioni in ambito, amministrativo, finanziario e per la ricerca e sviluppo, le aziende potranno migliorare il livello di innovazione e competitività del settore industriale».Il ddl prevede infine una raffica di norme di semplificazione per l'accesso al credito delle imprese, in termini di cartolarizzazioni e attuazione del rischio. E per le reti non sarà possibile da parte di terzi rivalersi su singole imprese, ma solo su Fondo comune.

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