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"Quando scade questo cibo? Un batterio farà la spia"

fonte Corriere della sera Salute a tavola, Roberto La Pira / Sicurezza alimentare

12/07/2009 - Un gruppo di studio della Commissione Europea ha definito un nuovo criterio per stabilire la scadenza dei sempre più numerosi alimenti "pronti per il consumo": yogurt e formaggi non stagionati, insalate e macedonie fresche, dessert, tramezzini e merendine refrigerate, ma anche altri prodotti senza additivi come i piatti cotti refrigerati confezionati, il carpaccio, il sushi, il salmone affumicato. Il documento tecnico, pubblicato sul sito dell' agenzia europea per la sicurezza alimentare, dà un' indicazione precisa alle aziende del settore e non poche scadenze potrebbero «accorciarsi». La spia della scadenza sarà la Listeria monocytogenes, microrganismo in grado di contaminare gli alimenti, di riprodursi in frigorifero e di provocare, se presente oltre un certo limite, patologie anche serie all' uomo. La scadenza di un cibo sarà fissata nel momento in cui risulteranno presenti 100 cellule di Listeria per grammo di alimento. In pratica, le aziende dovranno verificare su campioni del prodotto, tenuto a temperatura tra zero e 4° C, quanta Listeria si sviluppa con il trascorrere dei giorni. Se, per esempio, il "tetto" massimo di presenza del batterio è raggiunto dopo 10 giorni, la scadenza non potrà superare questo intervallo. La novità non è da poco, perché le regole sulla scadenza dei cibi nell' ordinamento europeo risalgono a ben 31 anni fa, ma nel frattempo sono state introdotte nuove tipologie di alimenti facilmente suscettibili di alterazioni microbiologiche. L' intervallo di durata è fissato per legge solo per il latte fresco, le uova e il prosciutto cotto affettato di alta qualità. Per tutti gli altri alimenti la scadenza fino ad ora è stata decisa autonomamente dai produttori, in base a 5 parametri: qualità della materia prima, ingredienti, metodo di lavorazione, confezione e modalità di conservazione. «Adesso - dice Monica Gianfranceschi dell' Istituto superiore di sanità - le imprese dovranno condurre studi accurati sulla presenza di Listeria, per fissare un intervallo preciso in base ai risultati ottenuti». «Il punto critico - osserva però Antonello Paparella, microbiologo alimentare dell' Università di Teramo - è il rispetto della catena del freddo. Le imprese fanno le prove di durata dando per scontato il rispetto della temperatura ideale durante la commercializzazione e nel frigorifero di casa». Ma non sempre è così: la ricotta, ad esempio, si mantiene 15/20 giorni se dopo la produzione è conservata in frigorifero a 3-4 gradi; se invece la temperatura di conservazione sale di 4 o 5 gradi, la Listeria si riproduce in fretta e la durata reale del prodotto è drasticamente ridotta». «Ci sono Paesi, come la Gran Bretagna, che hanno fornito all' Ue studi per dimostrare il rispetto della catena del freddo da parte del sistema distributivo, - prosegue Paparella - mentre altri, come l' Italia, non hanno presentato una documentazione adeguata perché mancano controlli sistematici». Le poche ricerche sulla temperatura delle filiere risalgono a qualche anno fa, firmate da Marco Riva del Distam di Milano: misero in evidenza temperature troppo elevate nei frigo dei punti vendita. Senza parlare dei frigoriferi domestici che, non avendo termometri in dotazione, spesso sono tarati a 7/8 °C all' insaputa del consumatore. Conseguenza? Bruxelles sostiene che l' Italia non è in grado di garantire la catena del freddo e che quindi la durata teorica stabilita in laboratorio con il parametro della Listeria dovrebbe essere ridotta di un terzo. «In assenza di informazioni sulla catena del freddo - conclude Paparella - la scadenza di prodotti come yogurt, mozzarelle, ricotte, affettati, insalate dovrebbe essere calcolata in relazione a temperature di conservazione molto alte (8 e 12°C). E con questi parametri la commerciabilità di molti alimenti potrebbe subire una riduzione del 20-50%, con inevitabili incrementi di prezzo dovuti al ritiro anticipato dagli scaffali dei negozi».

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