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"L'agricoltura richiede etichette «trasparenti»"

fonte il Sole 24 ore, A. Capparelli / Agroalimentare

18/10/2009 - L'ultimo arrivato sugli scaffali di una grande catena di supermercati europea è il Parmezan. Una "z" che sostituisce la s per mettere al riparo il formaggio taroccato che, secondo una recente sentenza della Corte di Giustizia europea, è la traduzione della denominazione del Parmigiano Reggiano e quindi non può essere utilizzato per prodotti di imitazione. Il Parmezan allunga così la lista infinita dei prodotti agroalimentari che alimentano il ricco mercato dell'agropirateria valutato oltre 50 miliardi di euro. L'allarme è stato lanciato ancora una volta ieri nella giornata conclusiva del Forum internazionale dell'agricoltura e dell'alimentazione di Cernobbio dalla Coldiretti. L'organizzazione ha allestito una vera galleria degli orrori con oltre cento falsi che spaziano dalla palenta del Montenegro alla Barbera bianca. Sulle tavole internazionali sono falsi tre prodotti su quattro e particolarmente grave –ha lamentato la Coldiretti - è la situazione negli Stati Uniti dove in nove casi su dieci è in vendita falso parmigiano. E anche in Cina il cosiddetto italian sounding sta bruciando sul mercato il vero made in Italy. Sono prodotti che gettano discredito sull'immagine dell'agroalimentare italiano e provocano un grave danno economico al sistema Paese, «Le esportazioni dell'agroalimentare griffato - ha affermato il presidente della Coldiretti, Sergio Marini - potrebbero quadruplicare se arrivasse uno stop alla contraffazione». Per il leader della Coldiretti si tratta «di un vero e proprio inganno per i consumatori» e per questo Marini ha già inviato una lettera al commissario all'Agricoltura europeo, Mariann Fischer Boel, e al ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, per sollecitare interventi. Per la Coldiretti la priorità è l'indicazione in etichetta dell'origine dei prodotti per garantire al consumatore la provenienza della materia prima. Una linea condivisa anche dal ministro della Salute, Maurizio Sacconi che da Cernobbio ha assicurato l'impegno a sostenere in sede comunitaria l'etichetta «per rendere così trasparente i processi e i prodotti». Secondo il ministro sono necessarie in un mercato globalizzato regole che tutelino il made in ltaly perché «la competizione -ha detto - non può significare la rinuncia agli standard di qualità». Il presidente della Coldiretti ha chiesto da parte sua chiarezza in sede internazionale (con un accordo sul commercio nel Wto), europea e italiana che per l'organizzazione significa estendere a tutti i prodotti l'indicazione dell'origine. Ma non si parte da zero. Sull'etichetta sono in campo due progetti di legge. Ed è forse proprio questo ingorgo normativo che ne sta rallentando l'applicazione. Oltre un anno fa il ministro Zaia ha presentato un disegno di legge condiviso dall'intera filiera. Ma il presidente della commissione Agricoltura del Senato, Paolo Scarpa Bonazza, ha giocato d'anticipo e la sua "etichetta" è stata approvata qualche giorno fa dall' Aula di Palazzo Madama. Ma si è arenata alla Camera dove dovrebbe incrociarsi con il provvedimento firmato da Zaia. Intanto in attesa dell'etichetta la Coldiretti va avanti con la costruzione di una filiera tutta italiana finalizzata a valorizzare il meglio dell'agricoltura grazie alla nuova rete di cooperative, Consorzi agrari e .farmer market dovrebbe portare il prodotto con percorso netto dal campo alla tavola.

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