Logo di PrevenzioneSicurezza.com
Lunedì, 20 Maggio 2024
News

"Le ricette delle regioni per fermare l'influenza A"

fonte Il sole 24 ore, C. Dominelli e L. Vazza / Salute

19/10/2009 - C' è chi, come la Toscana, ha attrezzato una "super ambulanza" per il trasferimento dei casi più delicati. Chi, invece, è il caso della Liguria, ha recuperato e potenziato l'esperienza di un gruppo di studio per le emergenze, già rodato per l'influenza aviaria, nel 2005.E c'è anche chi, come la Lombardia, ha messo mani al portafoglio per dotare le proprie strutture di macchinari all'avanguardia.Tra le regioni è partita una sorta di gara di creatività, ma anche di solidarietà, per gestire le eventuali emergenze legate all'influenza da virus A(H1N1). C'è la prevenzione,d'accordo. Regole scontate, eppure spesso dimenticate: lavarsi con cura le mani; evitare di toccarsi occhi, naso e bocca; coprirsi la bocca e il naso con un fazzoletto di carta quando si tossisce e starnutisce.E poi c'è il vaccino, che entro poche settimane sarà somministrato a oltre 8 milioni di persone. Ma il ministero e le regioni si stanno al tempo stesso preparando al peggio. Per organizzare in modo adeguato i servizi, ci si affida non solo alle forze sul campo, ma anche agli algoritmi matematici che aiutano a valutare il possibile impatto sui reparti di rianimazione e terapie intensive degli ospedali. Che potrebbero essere chiamati a un super- lavoro. Perché l'influenza A può portare, nei casi più complicati, a gravi insufficienze respiratorie. Il ministero lo ha detto chiaramente in una circolare di qualche giorno fa. Quattro pagine fitte fitte in cui il viceministro Ferruccio Fazio chiede alle regioni di dare uno sguardo in casa propria. Per identificare i reparti in cui far convergere i pazienti colpiti da particolari complicanze e definire un sistema organizzato su più livelli in grado di gestire e smistare i casi più problematici. Una sorta di piramide in cima alla quale devono esserci dei centri di riferimento regionali o interregionali per le situazioni di maggiore complessità. Ospedali in parte già indicati dal ministero e in parte ancora da trovare. Che hanno al loro interno una macchina finora poco nota al grande pubblico, ma che per cardiochirurghi e intensivisti è un'alleata di lungo corso già usata negli interventi a cuore fermo e nei trapianti: l'"Ecmo". Si tratta dell'acronimo di ExtraCorporeal Membrane Oxygenation. È una pompa che ossigena il sangue dopo averlo fatto uscire dal corpo del paziente con un polmone gravemente compromesso. Una respirazione "extracorporea" che si rende necessaria quando tutte le altre strade normalmente praticate non hanno dato gli esiti sperati. E per capire un po' di più questa "scatola magica", tornano utili le parole di chi l'Ecmo l'ha messa a punto al policlinico di Milano: «Il polmone artificiale, la ventilazione meccanica e l'Ecmo sono tutti sistemi - spiega il "padre" della macchina, Luciano Gattinoni -, che non curano ma che consentono di "comprare il tempo" in attesa che farmaci e medici possano agire». Perché c'è una cosa che è bene non scordare: l'Ecmo non è la panacea di tutti i mali. E la capacità di usarla, anche per curare i casi limite dell'influenza A, non si improvvisa. Massimo Antonelli, responsabile della Terapia intensiva e della rianimazione del Gemelli di Roma, ricorre a una metafora sportiva. «Disporre dell'Ecmo senza un'adeguata preparazione del personale è un po' come avere una Ferrari ma senza il pilota in grado di guidarla». Per questo le Regioni stanno passando al radar i loro ospedali per capire quali possono diventare poli di riferimento per trattare con l'Ecmo i pazienti gravissimi colpiti da influenza A. Il punto è che una cosa è utilizzare il macchinario per il tempo limitato di un intervento a cuore fermo, altra cosa è dover attaccare anche per più settimane alla macchina un paziente con una grave insufficienza respiratoria. La mappatura del territorio a cui lavora il ministero serve anche a garantire risposte uniformi, da Nord a Sud. Tutte le regioni sembrano pronte ad affrontare gli scenari più cupi. Come già si era fatto in passato, ai tempi dell'influenza aviaria. Senza dimenticare, ricorda saggiamente Antonio Giordano, direttore generale dell'Ospedale Cotugno di Napoli, «che noi lavoriamo tutti i giorni e che l'organizzazione sanitaria in Italia e in ogni regione non nasce per fronteggiare questa emergenza». Il Cotugno, dove si registrò quello che fu frettolosamente etichettato come il primo morto da influenza A, è, insieme al Policlinico Federico II di Napoli, uno dei due centri di riferimento per i casi più complicati individuati dalla regione Campania. Due strutture anche per la Puglia, il Policlinico di Bari e il Vito Fazzi di Lecce. Mentre la Calabria ha scelto l'azienda ospedaliera di Cosenza, già dotata della macchina "salva-polmone", come polo strategico. Ma sono pronti anche per una seconda struttura. Un titolare e una riserva di qualità, dunque. Come accade anche in Sardegna dove i casi più gravi finiranno all'Ospedale Brotzu di Cagliari, ma anche Oristano si sta scaldando a bordo campo. E poi c'è la Basilicata che ha scelto l'Ospedale San Carlo di Potenza. Insomma il Sud pare aver riscoperto nell'emergenza la propria forza. Così la Sicilia ha deciso di calare l'asso dell'Ismett, l'istituto specializzato nei trapianti, dove è già pronto un piano precauzionale. Guardare al futuro, per organizzare il presente, quindi. Non concentrandosi però solo su macchinari super e casi limite, ma anche riorganizzando la rete ospedaliera. Perché il picco dell'influenza A potrebbe provocare un forte pressing su ospedali e pronto soccorso. E le Regioni stanno anche pensando a come garantire più posti letto se il virus si dovesse dimostrare molto aggressivo. Nel Lazio, dove i centri di riferimento saranno il Policlinico Umberto I, il Gemelli e il Bambin Gesù, è stato avviato un confronto con tutte le terapie intensive per fotografare la disponibilità di letti. Ma è una strada seguita un po' ovunque. Chi non dispone di centri attrezzati con Ecmo è pronto a muoversi con le altre Regioni. Così il Trentino Alto Adige si appoggerà al Veneto, la Valle D'Aosta si coordinerà invece con Monza e forse anche il Friuli Venezia Giulia. Le Marche, invece, sono pronte a smistare i casi limite in Lombardia. E probabilmente l'Abruzzo batterà la stessa strada. Mentre Liguria (San Martino di Genova), Umbria (Perugia) e Molise (Cardarelli di Campobasso) hanno trovato in casa propria la risposta. E poi ci sono le grandi Regioni del Centro e del Nord. Che non solo hanno individuato i poli di riferimento, ma hanno fatto spesso uno scatto in più. Da record nel caso della Lombardia che ha stanziato 1,6 milioni di euro per l'acquisto di venti nuove apparecchiature Ecmo. Così da aggiungere cinque nuovi riferimenti per i casi più difficili di influenza suina accanto ai cinque che il ministero aveva già individuato (San Gerardo di Monza, San Matteo di Pavia, Policlinico e San Raffaele di Milano, Riuniti di Bergamo). E in Toscana hanno anche attrezzato una super ambulanza con l'Ecmo per i trasferimenti. Il sistema sanitario toscano organizzato per grandi aree avrà poi tre riferimenti per gli adulti (Firenze,Pisa e Siena) e due per i bambini (Meyer e Fondazione Monasterio). Nella vicina Emilia Romagna gli avamposti saranno invece Parma e Bologna. Mentre in Piemonte il timone è affidato alle Molinette di Torino e in Veneto si punta a un tris di strutture: Verona, Vicenza e Padova. Qui, ma anche in Lombardia, ogni settimana si pubblicano report aggiornati sull'influenza. I numeri però sono pane quotidiano per tutti. Per le Regioni che si organizzano e per il Ministero che deve tenere le fila. Una bussola e non un vangelo. Perché per sconfiggere l'influenza serve anche altro. Negli ospedali le macchine e soprattutto le persone. Fuori nessun allarmismo e qualche regola di buon senso che comunque non guasta mai.

Segnala questa news ad un amico

Questa news è stata letta 1160 volte.

Pubblicità

© 2005-2024 PrevenzioneSicurezza.com. Tutti i diritti sono riservati.

Realizzato da Michele Filannino