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"Appalti, conta il rischio d’impresa."

fonte Italia Oggi, D. Cirioli / Sicurezza sul lavoro

02/11/2009 - Il solo utilizzo di attrezzature di proprietà del committente da parte dei dipendenti dell'appaltatore non costituisce elemento decisivo per qualificare l'appalto come non genuino. Ciò che rileva invece è la responsabilità del loro utilizzo. Questa responsabilità deve rimanere totalmente in capo all'appaltatore in maniera tale che la fornitura delle attrezzature non venga a rappresentare un modo per invertire il rischio di impresa che (affinché l'appalto sia genuino) deve gravare sull'appaltatore. A stabilirlo è il ministero del lavoro nell'interpello n. 77/2009. Confindustria interroga. I chiarimenti ministeriali sono stati sollecitati da Confindustria. Che ha avanzato istanza d'interpello al fine di conoscere un parere in merito alla corretta interpretazione della disciplina relativa all'impiego di manodopera negli appalti di opere e di servizi, disciplinati dall'articolo 29, comma 1, del dlgs n. 276/2003. In particolare, è stato chiesto di sapere se sia possibile che una impresa affidi in subappalto l'esecuzione di una fase specifica dell'attività appartenente al proprio ciclo produttivo, mettendo a disposizione (in comodato, noleggio o uso) dei lavoratori dipendenti dell'impresa subappaltatrice, le dotazioni, anche individuali, esistenti in cantieri e stabilimenti già strutturati. La problematica, spiega Confindustria, nasce soprattutto con riferimento alle imprese che svolgono attività di particolare complessità e specializzazione, fortemente orientate alla qualità e alla innovazione tecnologica. In tale contesto, infatti, i soggetti appaltatori (che vengono selezionati previa un'attenta verifica dell'idoneità tecnico professionale necessaria per l’esecuzione a regola d'arte dell'incarico) possono, per motivi oggettivi, non disporre immediatamente delle dotazioni necessarie per l'esecuzione dei lavori (per esempio, nel caso di imprese extracomunitarie che vedrebbero allungare i tempi necessari per l'esecuzione dell'incarico a fronte dell'espletamento delle procedure necessarie per l'ingresso in Italia delle proprie dotazioni). Le attrezzature negli appalti. Il ministero evidenzia, preliminarmente, che la questione evidenziata dalla Confindustria non può prescindere dal caso concreto, in quanto indicazioni di carattere generale sull'applicazione della norma potrebbero non essere risolutive in tema di appalti illeciti, considerata la complessità e la casistica delle fattispecie relative all'utilizzo dell'istituto. In via di principio, spiega il ministero, va ricordato che la disponibilità del complesso delle attrezzature necessarie per lo svolgimento dell'attività affidata in appalto non costituisce, così come avveniva in vigenza della legge n. 1369/1960, una presunzione pressoché assoluta di illiceità dell'appalto stesso. Peraltro, anche allora, la giurisprudenza prevalente aveva ritenuto non. sufficiente a determinare la fattispecie illecita un conferimento finanziario e strumentale minimo, richiedendo invece che l'apporto, da parte del committente, risultasse tale da rendere assolutamente marginale o insignificante il contributo organizzativo dell'appaltatore (tra l'altro, il ministero cita le sentenze n. 13015/1993, n. 10858/1996, n. 1676/2005 e n. 1102212009 della Corte di cassazione). La riforma Biagi. Con la riforma Biagi (dlgs n. 276/2003) è stata abrogata la legge n. 1369/1960, per essere sostituita dalla nuova disciplina (articolo 29, comma 1, del citato dlgs di riforma del lavoro) che stabilisce ora che l'appalto si distingue dalla somministrazione di lavoro «per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa». Ciononostante, spiega il ministero, dopo il dlgs n. 276/2003 non può ritenersi tout court superata ogni indagine sull'assetto dei mezzi diversi dalla forza lavoro utilizzati per l'esecuzione dell'appalto; tuttavia, tale indagine non dovrà concentrarsi esclusivamente sul dato formale della proprietà degli strumenti di produzione, di per sé non decisivo, bensì dovrà considerare l'assetto organizzativo complessivo dell'appalto/subappalto al fine della verifica in merito alla sussistenza di una struttura imprenditoriale adeguata rispetto all'oggetto del contratto (cosiddetta soglia minima di imprenditorialità) . Conta il rischio d'impresa. Nell'ipotesi di utilizzo di mezzi di proprietà dell'appaltante, ai fini della verifica circa la genuinità dell'appalto, alla sussistenza del rischio di impresa e alla effettiva capacità per l'appaltatore di organizzare i fattori produttivi assumendone i relativi costi, secondo il ministero appare allora necessario verificare la sussistenza di una adeguata regolazione economica dell'utilizzo da parte dell'appaltatore di tali mezzi, oltre che la congrua imputazione del costo della somministrazione di energia elettrica, gas, forza motrice eventualmente erogate da un impianto unico centralizzato e con costo, a carico delle imprese appaltatrici, determinato in via forfetaria. Ai fini della sussistenza di un appalto genuino occorre, inoltre, che l'organizzazione di macchinari e attrezzature, unitamente agli altri elementi indispensabili per l'esecuzione dell'opera o del servizio, sia effettuata dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice in autonomia e con gestione a proprio rischio. Tale interpretazione trae fondamento, spiega il ministero, dalla stessa lettera dell'articolo 29 del dlgs n. 276/2003, il quale si riferisce all'organizzazione dei mezzi necessari e non al titolo giuridico che permette l'utilizzo di tali mezzi, precisando che l'elemento «organizzazione» è suscettibile di concretarsi, in presenza di «esigenze dèll'opera e del servizio dedotti in contratto», nell'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori impiegati; ciò in particolare quando si versi in situazioni in cui l'apporto di lavoro è comparativamente più rilevante tenuto altresì conto, come nelle ipotesi prospèttate, dell'apporto dell'appaltatore in termini di specializzazione e conseguente know how organizzativo e professionale. In tale indagine potranno dunque rilevare, tenuto conto delle specificità dell'incarico conferito contrattualmente, le particolari modalità di coordinamento tra le imprese interessate per escludere commistione/sovrapposizione tra le due realtà organizzative, la specifica e rigorosa attenzione alla disciplina in tema di interferenze, il pieno rispetto degli standard di sicurezza previsti per attrezzature e dotazione, la previsione (nel caso in cui l'appaltatore operi in cantieri già esistenti del committente) di adeguati strumenti per rendere del tutto evidente, anche sul piano logistico, la separazione tra le due imprese e le rispettive fasi della produzione. Il fenomeno dell'interposizione illecita di manodopera sussiste, infatti, tutte le volte in cui l'appaltatore metta a disposizione del committente una mera prestazione lavorativa, rimanendo eventualmente in capo all'appaltatore/ datore di lavoro meri compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, oneri contributivi ecc.), ma senza che da parte sua vi sia effettivo esercizio dei poteri direttivi nei confronti dei lavoratori e una reale organizzazione della intera prestazione o del servizio, finalizzata a un risultato produttivo autonomo. In conclusione, il ministero afferma che il solo utilizzo di strumenti di proprietà del committente ovvero dell'appaltatore da parte dei dipendenti del subappaltatore non costituisce di per sé elemento decisivo per la qua-lificazione del rapporto in termini di appalto non genuino, attesa la necessità di verificare tutte le circostanze concrete dell'appalto e segnatamente la natura e le caratteristiche dell'opera o del servizio dedotti nel contratto di modo che, nel caso concreto, potrà ritenersi compatibile con un appalto genuino anche un'ipotesi in cui i mezzi materiali siano forniti dal soggetto che riceve il servizio, purché la responsabilità del loro utilizzo rimanga totalmente in capo all'appaltatore e purché attraverso la fornitura di tali mezzi non sia invertito il rischio di impresa, che deve in ogni caso gravare sull'appaltatore stesso.

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