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"Latte contaminato, condannate Nestlè e Tetrapack"

fonte agi / Sicurezza alimentare

03/11/2009 - Il Giudice di Pace Giuseppe Conselmo, di Acireale, ha condannato la Nestlè Italiana spa, la Tetra Pack International sa e la Tetra Pack Hispania sa al risarcimento di un consumatore, stabilendo che, oltre al danno patrimoniale, siano da risarcire il "danno non patrimoniale" e le spese del procedimento. Una madre si era rivolta al Codacons Sicilia - il coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori - per ottenere un risarcimento, avendo scoperto di avere nutrito il figlio per sei mesi con latte Nestlè che, a seguito dei risultati di analisi condotte dall'Arpa, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale, era risultato alterato da un componente chimico utilizzato come fotoiniziatore di inchiostri nella fabbricazione di imballaggi nelle confezioni in TetraPak a stampa off-set. "È da rilevare - afferma in un comunicato il Codacons - che all'epoca dei fatti era stato disposto il ritiro dai banchi di vendita delle confezioni di latte che avevano subito l'alterazione, ma tale situazione di allarme e di incertezza, secondo quanto disposto dal giudice, causò un danno ingiusto, anche di natura non patrimoniale, alla madre, pregiudicandone le funzioni naturali nella dimensione biologica, psicologica e sociale. La mamma del piccolo, infatti, si preoccupò enormemente per la salute del bambino, che quasi fin dalla nascita aveva assunto il latte contaminato. Il diritto alla salute e alla sicurezza alimentare ha carattere fondamentale e riguarda l'uomo nella sua totalità, corpo e psiche". Il giudice, dopo avere respinto ogni eccezione riguardante la competenza territoriale del procedimento (la Nestlè chiedeva fosse spostato a Roma), ha sancito la competenza territoriale facendo riferimento al “foro del consumatore” e ha condannato al risarcimento del danno patrimoniale (latte comprato) valutato in via equitativa. Infine, ha condannato al risarcimento del danno non patrimoniale, sulla base della nuova impostazione data dalla sentenza 26972/08 della Cassazione. "È ancora una volta una sentenza importantissima - ha detto Francesco Tanasi, segretario nazionale del Codacons - perché afferma che la commercializzazione del “prodotto inquinato” comporta una responsabilità di natura contrattuale, in quanto si profila non solo un'ipotesi di inadempimento contrattuale, ma anche un'ipotesi di danno non patrimoniale consistente nella lesione o, più correttamente, della messa in pericolo dei diritti inviolabili della famiglia".

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