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"Cade in bici mentre va al lavoro. L'Inail: doveva usare il bus"

fonte Corriere della Sera / Sicurezza sul lavoro

16/05/2010 - BERGAMO - Gabriella Barcellini, a suo modo, sarebbe una cittadina modello: aderendo alle tante campagne anti inquinamento, che invitano a lasciare l'auto nel garage, da anni copre il percorso casa - lavoro in bicicletta. Ma questa abitudine virtuosa, anziché ottenere un riconoscimento, si è rivelata una penalità: vittima di una caduta e di un infortunio, la donna si è vista negare il risarcimento dall'Inail perché «avrebbe potuto usare l'autobus». Nulla di eretico nel comportamento dell'istituto infortunistico: la legge parla chiaro, ma la sua applicazione questa volta fa a pugni con un comportamento - l'uso della bici anziché l'auto - da tutti auspicato per garantire città più vivibili e più pulite. Succede che a marzo Gabriella Barcellini, impiegata residente a Loreto, rimane vittima di una caduta in bici mentre si reca da Loreto in centro a Bergamo, dove lavora. Da trent'anni Gabriella usa le due note per spostarsi, a maggior ragione da quando sul tratto tra casa sua e l'ufficio ha a disposizione una comoda pista ciclabile. Il referto del pronto soccorso parla per la donna di rottura di una rotula e 50 giorni di prognosi ergo di assenza dal lavoro. Nel linguaggio burocratico si tratta di un «infortunio in itinere», vale a dire accaduto mentre la vittima sta recandosi al lavoro e come tale dovrebbe essere considerato un infortunio sul lavoro tout court. Ed è per questo che l'episodio viene segnalato all'Inail perché provveda alla copertura assicurativa. Ma dalla sede di Bergamo arriva una risposta negativa: la caduta viene considerata un infortunio comune e dunque i due mesi di convalescenza verranno pagati come malattia (con conseguente anche se minima decurtazione per due mesi dello stipendio per la diretta interessata). Perché questa decisione? «Il mezzo usato non era necessitato» fanno sapere dall'Inail non rinunciando alle con- torsioni del burocratese. Tradotto in italiano: il percorso tra Loreto e il centro della città è garantito da autobus pubblici, gli orari di lavoro della signora Barcellini sono compatibili con quelli dei bus, dunque usando la bici la donna «si è esposta ad un rischio voluto». E meglio avrebbe fatto a servirsi dell'autobus.Come dicevamo, la legge è stata applicata in maniera ineccepibile: un lavoratore pu fare ricorso al mezzo privato (ed essere assicurato anche nel tragitto verso il luogo di lavoro) solo in determinate circostanze, ad esempio quando fa turni di notte o quando non esistono mezzi pubblici. Ma questo è uno di quei casi in cui il rispetto letterale della norma sembra scontrarsi col senso comune: «Non inquino, non affollo gli autobus già carichi di studenti, mi mantengo in forma e risparmio anche 300 euro l'anno - ha dichiarato alle stampa locale la donna - perché mai dovrei rinunciare alla bicicletta?». La questione potrebbe non essere chiusa: la vittima dell'infortunio ha la facoltà di presentare un ricorso ed è quanto si è detta intenzionata a fare.

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