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"La Tarsu pronta al passo indietro"

fonte Italia Oggi, Vincenzo Dragani / Ambiente

21/06/2010 - Dal prossimo 30 giugno 2010, in assenza dell'adozione da parte del Minambiente di un nuovo decreto in materia, i Comuni che ancora non vi hanno provveduto saranno liberi di passare dal vecchio regime di tassazione per la gestione dei rifiuti urbani (la c.d. «Tarsu») al nuovo sistema tariffario disegnato dal Codice ambientale (e meglio noto come «Pia»), con connessa applicazione dell'Iva e sottoposizione delle relative controversie al giudice ordinario, A fare chiarezza sull'intricato sistema normativo che disciplina il passaggio dalla storica Tarsu alla c.d. Tia (derivante dal combinato disposto del dlgs 152/2006, dei decreti di urgenza che hanno prorogato nel tempo l'entrata in vigore del sistema tariffario e della sentenza della Corte costituzionale 238/2009) è l'ultimissima interpretazione autentica offerta in materia dal dl 78/2010 (»Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica»), decreto che ha espressamente dichiarato la natura non tributaria della debuttante tariffa introdotta dall'articolo 238 del Codice ambientale, con le relative conseguenze di carattere fiscale e giurisdizionale sopra accennate. Per comprendere la portata di tale ultimo intervento legislativo è però necessario ripercorrere le tappe della normativa sulla ripartizione dei costi per la gestione dei rifiuti urbani, percorso che mette in luce anche come l'acronimo «Tia» sia stato utilizzato, dando adito a confusione, per indicare due diversi istituti. Tarsu/tariffa rifiuti. La Tarsu, acronimo di »tassa per la gestione dei rifiuti urbani», è stata istituita con dlgs 507/1993 e poi sostituita dalla «tariffa di igiene ambientale» introdotta dal dlgs 22/1997 (c.d. «Decreto Ronchi») e disciplinata nel dettaglio dal dpr 158/1999. A tale tariffa diversi Comuni italiani avevano iniziato ad adeguarsi mediante propri regolamenti. Tale adeguamento è stato però bloccato dalla riformulazione della stessa tariffa ad opera del dlgs 152/2006. L'articolo 238 del Codice ambientale, oltre ad aver mutato la definizione dell'istituto da «tariffa di igiene ambientale» a «tariffa per la gestione dei rifiuti urbani» e rivisitatone il meccanismo, ha infatti affidato ad un emanando decreto del Minambiente la determinazione dei relativi componenti e costi. La mancata adozione di tale decreto ministeriale ha provocato l'emanazione da parte del Legislatore di diversi provvedimenti d'urgenza (primo di tutti, il dl 208/2008, che ha ridenominato l'istituto in parola come «tariffa integrata ambientale», dando adito alll'ambiguo utilizzo dell'acronimo «Tia», già utilizzato per la precedente «tariffa di igiene ambientale»), provvedimenti d'urgenza mediante i quali è stata congelata la possibilità, da parte dei Comuni che ancora non vi avessero provveduto, di passare dal sistema della tassa a quello della tariffa. E ciò fino alla data del 30 giugno 2010. Il dl 194/2009 (c.d. «milleproroghe», ultimo della serie di provvedimenti d'urgenza in materia) ha infatti seccameate stabiilito che a partire dal 30 giugno 2010, se il Dicastero dell'ambiente ancora non avrà emanato il proprio e citato regolamento (in attuazione dell'articolo 238, Codice ambientale), i Comuni avranno la facoltà di adottare di propria iniziativa il sistema tariffano in questione a i sensi delle disposizioni vigenti. La«tariffa» tra Corte costituzionale e interpretazione autentica. Prima anicora del suo decollo, il sistema «tariffario» è stato investito, sia nella sua originaria formulazione ex dlgs 22/1997 sia sotto ila sua riformulazi'one ex dlgs 1152/2006, da interventi di carattere giurisdizionale e legislativo). Sotto il primo profilo, si ricorda che la Corte costituzionale, sottolineando le analogie tra la «tariffa di igiene ambientale>» ex dlgs 22/1997 e la Tarsu (obbligatorietà della prestazione, mancanza del nesso sinallagmatico e del collegamento con la spesa pubblica) ha con sentenza 24 luglio 2009, a 238 dichiarato ha natura tributaria della tariffa ex dlgs 22/1997, riconducendo di conseguenza le relative controversie sotto la competenza del giudice tributario ed escludemdo il suo assoggettamento (così come la «Tarsu») alla disciplina dell'Iva. Sotto il secondo profilo invece, è da rimarcare quanto stabilito dal citato dl 31 maggio 2010, n. 78 (S.o. n, 114 alla G.U. 31 maggio 2010 n. 125). Tale decreto legge ha, mediante una interpretazione autentica, sancito che la tariffa ex articolo 238 del dlgs 152/2006 (ossia la «tariffa per la gestione dei rifiuti urbani», oggi meglio nota come «tariffa intograta ambientale») non è (al contrario della tariffa ex dlgs 22/1997) di natura tributaria, aggiungendo che le relative controversie sorte successivamente alla data di entrata in vigore di esso decreto legge (coincidente con 1131 maggio 2010), rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria. La portata di tale interpretazione autentica oltremodo cina- rita dalla relazione di accompagnamento allo schema di legge di conversione del dl 78/2010 in parola (il ddl n. 2228, attualmente all'esame del Senato), relazione che sottolinea come la citata sentenza 238/2009 del Giudice delle leggi ha riconosciuto natura tributaria alla sola tariffa di igiene ambientale ex dlgs 22/1997, senza peri' toccare la nuova tariffa ex dlgs 152/2006, la quale ha natura (appunto) «tariffaria» e potrà essere adottata dai Comuni a partire dai 30 giugno 2010 in mancanza dell'adozione da parte del Dicastero dell'ambiente del citato regolamento. Cosa cambia per i contribuenti. Oltre alle questioni relative all'applicazione del regime dell'imposta sul valore aggiunto (cd. «Iva») e alla competenza giurisdizionale in caso di controversie, le differenze tra il regime di tassazione e quello tariffario, così come disegnati dalla nonna- riva in vigore, riguardano anche e soprattutto il sistema di calcolo delle somme di denaro dovuto da parte dei contribuenti al Comune di competenza. Il criterio base del calcolo dell'ammontare della Tarsu è infatti fondato sull'estensione della superficie degli immobili e sul loro uso specifico da parte dei relativi detentori (ossia dei soggetti obbligati al pagamento), ed è determinato in relazione alla quantità dei rifiuti che si ritiene siano producibili in dette aree combinatamente al costo dello smaltimento da parte del soggetto pubblico. Ancora, la Tarsu può essere coperta dal Comune anche tramite altre entrate pubbliche. Più flessibile invece il calcolo della tariffa, fondata su due componenti: una «fissa» (di carattere simile a quella della Tarsu, calcolata dunque in base a superficie delle aree, numero di occupanti, costi di smaltimento); una «variabile», fondata su criteri oggettivi che consentano di individuare quantità e qualità di rifiuti prodotti dai singoli soggetti obbligati a pagare il corrispettivo per lo smaltimento, con la possibilità di ricorrere a metodi presuntivi (comunque agganciati a parametri reali, come produzione media pro capite nazionale e tipo di attività esercitata) solo in caso di impossibilità cli ricorrere ai suddetti criteri oggettivi. Infine, la tariffa deve coprire tutti i costi di gestione dei rifiuti, senza possibilità per l'Ente comunale di integrare tali costi ricorrendo a fondi provenienti da altre entrate pubbliche.

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