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"La formazione non tollera lacune"

fonte Italia Oggi 7 , Daniele Cirioli / Formazione ed informazione

05/07/2010 - Stop all'apprendistato aziendale se manca la a regolamentazione regionale. L'attivazione di un percorso di apprendistato che preveda la formazione esclusivamente aziendale, infatti, non può prescindere da una legislazione di livello regionale frutto di un'intesa formale tra regioni e province autonome con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale. Il principio, stabilito dalla corte costituzionale nella sentenza n. 176/2010, è stato oggetto di chiarimenti operativi da parte del ministero del lavoro nell'interpello n. 25/2010. Le problematiche. Le precisazioni ministeriali (nell'interpello n. 25 del 10 giugno) sono arrivate in risposte a due richieste formulate da Federalberghi e Confcommercio, sulla corretta applicazione dell'articolo 49, comma 5-ter, del dlgs n. 276/2003, a seguito dell'intervento della corte costituzionale con sentenza n. 176 del 10-14 maggio 2010. In particolare, gli interpellanti hanno chiesto chiarimenti sulla possibilità, nell'ambito di un contratto di apprendistato professionalizzante, di continuare a svolgere formazione esclusivamente aziendale, perlomeno nelle regioni in cui non sia stata ancora adottata una compiuta regolamentazione dei profili formativi di tale tipologia contrattuale. In secondo luogo, gli interpellanti hanno chiesto di «confermare la validità delle indicazioni fornite con la circolare n. 27 del 2008, che ha riconosciuto la validità dei contratti collettivi che consentono l'assunzione di apprendisti da impiegare in cicli stagionali». Apprendistato aziendale. La vigente disciplina distingue tre contratti di apprendistato, i cui percorsi sono anche cumulabili tra di loro, con altrettante finalità. Il primo è il contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione; il secondo è l'apprendistato professionalizzante per il conseguimento di qualificazioni attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale; il terzo è il contratto di apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Per tutti, originariamente, l'operatività veniva subordinata a provvedimenti di attuazione da parte delle regioni e della contrattazione collettiva. Il contratto di apprendistato professionalizzante è stato quello ad avere maggior appeal presso le imprese. E rivolto a giovani d'età compresa tra i 18 e i 29 anni (anticipabile a 17 anni per i soggetti in possesso di una qualifica professionale). La regolamentazione è rimessa ai ccnl che, tra l'altro, in ragione del tipo di qualificazione da conseguire, fissano la durata del contratto di lavoro nell'intervallo tra 2 e 6 anni; dal 25 giugno 2008 (data di entrata in vigore del dl n. 112/2008) è scomparso il limite minimo (fissato a 2 anni) per cui l'apprendistato pu avere anche una durata inferiore, fermo restando la durata massima (a 6 anni). Dalla stessa data, inoltre, è stata semplificata anche la procedura relativa alla regolamentazione formativa, ammettendosi anche la possibilità di erogare soltanto la formazione a livello aziendale. Questa formazione, in un primo momento, era rimessa alle regioni e alle province autonome anche se i ceni, fino alla approvazione della regolamentazione regionale, avevano possibilità di dettare una disciplina sostitutiva (la semplificazione è stata introdotta nei 2005 per ovviare allo stallo degli enti territoriali che si ripercuoteva con sfavore sulle imprese, impossibilitate a utilizzare lo speciale contratto di lavoro). In merito, il ministero del lavoro (interpello n. 50/2008) ha già spiegato che la novità rappresenta un'ulteriore semplificazione, poiché ha introdotto un «canale parallelo» a quelli predetti (normativa regionale ovvero Ccnl) di praticabilità del contratto. In sostanza, il contratto collettivo di ogni livello (nazionale, territoriale, aziendale) può dettare la nozione di formazione interna. Formazione, ha precisato ancora il ministero, che pu risolversi anche in attività fisicamente esterne all'azienda, purché resti sempre quest'ultima a dirigerne lo svolgimento e sempreché non implichi finanziamenti pubblici. La nuova previsione, aggiungeva infine il mìnistero, è da considerarsi immediatamente operativa anche con riferimento a quei contratti collettivi che hanno introdotto una nozione di formazione aziendale sulla scorta del preesistente quadro normativo (come è il caso, specifico, del terziario).

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