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"Sicurezza, c'è la svolta benessere "

fonte Il Sole 24 ore, Aldo Monea / Sicurezza sul lavoro

13/09/2010 - Con il decreto legislativo 81/2008 il fine giuridico della sicurezza sul lavoro è cambiato in modo rilevante. Si tratta di modifiche importanti sulle quali vale la pena richiamare l'attenzione di datori e "addetti ai lavori". L'esperienza ci segnala che l'azione organizzativa e gestionale per la sicurezza considera, quasi esclusivamente, la prevenzione dei profili fisici sul lavoro (in pratica, dunque, sicurezza sul lavoro = prevenzione di infortuni), ma sono sempre più numerosi approcci diversi, che pongono l'attenzione anche ai profili psichici del lavoratore/trice (in questo caso, sicurezza sul lavoro = prevenzione, anche, di malattie psichiche). Il punto è che entrambe le condotte vanno valutate alla luce delle novità giunte nell'aprile del 2008, con il Dlgs n. 81. In questi casi, infatti, sembra essere privilegiata, infatti, un'interpretazione "datata" delle norme, che dà prevalenza all'articolo 2087 del codice civile, il quale impone, a carico dei datori di lavoro, l'obbligo di tutelare l'integrità del corpo e la personalità morale del lavoratore/lavoratrice. Ciò traspare, concretamente, da tanti "documenti aziendali di valutazione dei rischi", in cui si dichiara, esplicitamente, di voler indagare e affrontare solo parte dei potenziali fattori di rischio sul lavoro, rappresentati, prevalentemente, da quelli di natura fisica, chimica e biologica e di voler trascurare, invece, altri, quali, ad esempio, quelli di tipo organizzativo. In questa prospettiva interpretativa si collocano, peraltro, anche altri "addetti ai lavori", compresi tanti giudici e controlli delle Asl, che continuano ad approfondire solo infortuni e, in misura minore, malattie professionali. Queste prassi si realizzano, nonostante ci siano precise prese di posizione anche istituzionali: ad esempio, l'Organizzazione mondiale della sanità chiarisce da tanto tempo che la salute va intesa come benessere; i medici sottolineano una nozione avanzata di salute comprendente benessere fisico e psichico; studiosi di organizzazione (in specie, Bruno Maggi) parlano, già da tempo, di benessere e di «costrittività organizzativa» presente nelle aziende. E alcuni giuristi hanno già prima della vigente normativa, accreditato una nozione giuridica di salute, derivata da discipline tecniche, da intendersi come benessere pluridimensionale sul lavoro. Proprio in questo senso, va letto il cambiamento normativo avvenuto con il Dlgs 81. Questo testo ha, infatti, segnato, con l'articolo 2, comma 1, lettera o, una «svolta» giuridica, in quanto da allora dovrebbe essere chiaro a tutti che la salute del lavoratore/lavoratrice: - non può essere intesa, riduttivamente, solo come «assenza di malattia o d'infermità», - deve essere intesa come «stato di completo benessere fisco, mentale e sociale» sul lavoro. Una lettura aggiornata del quadro normativo vigente, di conseguenza, impone che le prassi aziendali di miglioramento della sicurezza sul lavoro: - pongano al centro del l'azione datoriale per la sicurezza, in modo più complessivo, la persona di chi lavora; - tendano a conseguire un altissimo livello salute del lavoratore (salute=completo star bene); - s'indirizzino, evidentemente nei limiti delle facoltà lecitamente esercitabili dal datore di lavoro, anche ai profili più "soft" (psiche e relazioni) della vita lavorativa di ciascuna persona; - più in particolare, mettano, in primo piano, anche la cura di un ottimo stato di relazioni lavorative (salute= benessere sociale). In ultima analisi, per il diritto non rileva più solo l'"infortunio" e la "malattia", ma anche il "malessere" psichico e relazionale sul lavoro e ciò significa che i datori devono garantire un alto livello di qualità della vita lavorativa.

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