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"Omicidio colposo per i rischi nascosti"

fonte Il Sole 24 ore / Sicurezza sul lavoro

11/10/2010 - Commette un omicidio colposo il datore di lavoro che non informa il dipendente, in modo dettagliato, sui rischi connessi ai prodotti che usa. La Cassazione rende ancora più stringenti i doveri degli imprenditori e lo fa condannando per omicidio colposo il legale rappresentante di una società specializzata nel lavaggio di autocisterne, considerato colpevole dell'incidente accaduto a un operaio mentre toglieva dei residui di resina dalla cisterna di un tir. Il lavoratore era morto inseguito a un'esplosione, la cui responsabilità era stata attribuita non alla sua negligenza ma alla scarsa informazione sulle norme di sicurezza. Il collegio ricorda i tre fattori che determinano un'esplosione: combustibile, ossigeno e innesco. Una reazione a catena che poteva essere evitata se l'interno della cisterna fosse stato privo di ossigeno, grazie all'utilizzo della tecnica di "inertizzazione" con azoto, se il solvente utilizzato fosse stato in grado di raffreddare le parti gassose e, per finire, se fosse stata utilizzata acqua fredda anziché calda. Secondo la difesa del ricorrente, il lavoratore era stato informato sulle operazioni da evitare. La stessa scheda di sicurezza del solvente avvertiva sull'infiammabilità del prodotto e sul rischio di accumulo di cariche elettrostatiche. Nelle istruzioni ai dipendenti si indicava l'utilizzo dell'acqua fredda come metodo di lavaggio e inoltre c'erano stati alcuni colloqui tra l'operaio e i rappresentati della ditta produttrice del prodotto chimico. Accortezze insufficienti, secondo i giudici della cassazione. Non ci si doveva, infatti, limitare a indicare l'uso dell'acqua fredda ma rendere edotti i dipendenti sulle conseguenze dell'impiego di acqua calda. Operazione che l'operaio aveva compiuto solo dopo aver provato, senza successo, a togliere la resina con l'acqua fredda. Nello stesso documento aziendale di valutazione dei rischi non era presa in considerazione l'eventualità di esplosione per l'utilizzo del solvente. Inoltre i colloqui informali con le ditte produttrici non potevano essere considerati dei corsi di formazione. Per finire, i giudici escludono che l'azione dell'operaio, di ricorrere all'acqua calda, avesse quel carattere di «abnormità ed eccezionalità», rispetto al processo lavorativo e alle direttive ricevute, tale da esonerare l'imprenditore dalle sue responsabilità e da interrompere il nesso causale tra la condotta del datore e l'evento mortale.

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