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"Percorso casa-lavoro: Cassazione divisa sul danno da incidente"

fonte Il Sole 24 ore / Sicurezza sul lavoro

11/10/2010 - Sull'indennizzo per infortunio in itinere cala l'incognita della scelta del percorso. La Cassazione, infatti, con due sentenze depositate a distanza df tre giorni l'una dall'altra ha espresso principi opposti sull'argomento facendo diventare più aleatorio il riconoscimento dell'indennità. Nella prima decisione, la n. 19937 del 21 settembre, un medico convenzionato con il Ssn si è rivolto al tribunale per chiedere i danni derivatigli dall'incidente stradale mentre si recava al lavoro. I giudici di merito hanno accolto la tesi della Asl, secondo la quale l'infortunio non era indennizzabile,,in quanto il luogo del sinistro si trovava «fuori rotta» rispetto all'itinerario che il sanitario avrebbe dovuto seguire per raggiungere la sede di lavoro. Il sanitario, infatti, avrebbe seguito un percorso spostato verso il mare piuttosto che la strada interna, più breve ma con maggiore volume di traffico. La Cassazione, investita della questione dal dipendente infortunato, ha affermato che bene avevano fatto i giudici di merito ad «attenersi in primo luogo all'elemento topografico» e cioè a quello che'era «il percorso più breve dall'abitazione alla sede di lavoro». Infatti, ha aggiunto la Cassazione in questa circostanza, la strada preferita, anche se con minore presenza di centri urbani, non era certo, immune da intoppi Di segno opposto la detisione n. 20221 del 24 settembre. In questa circostanza, una signora, nella qualità di erede di un lavoratore, ha chiesto la condanna dell'Inail al riconoscimento in favore del defunto della rendita vitalizia per inabilità permanente, conseguente all'infortunio mortale sul lavoro. Il tribunale ha respinto la domanda e la Corte d'appello ha confermato la decisione rilevando che la ricostruzione del sinistro conduceva a escludere la presenza del requisito dell'occasione di lavoro dal momento che la strada scelta per recarsi al lavoro non era la più breve. Anche in questo caso la questione è stata portata di fronte ai giudici di legittimità i quali, però, hanno risposto in maniera diversa rispetto al collegio precedente. In particolare, hanno affermato che la questione principale su cui si incentra la domanda della ricorrente concerne il concetto di normalità del percorso. Il collegio di merito, ha proseguito la Suprema corte, ha rilevato che la strada prescelta per raggiungere il posto di lavoro «non risultava essere la più breve rispetto al percorso» tra l'abitazione dell'infortunato e il luogo in cui prendere servizio. Questa affermazione non è sembrata però immune da vizi. Infatti, ha spiegato la Corte, in tema di infortunio in itinere, per rischio elettivo, che esclude la cosiddetta occasione di lavoro, si intende «una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e a motivazioni del tutto personali», idonea a interrompere il nesso tra prestazione e attività assicurata. I giudici di merito, però, hanno omesso di effettuare una valutazione completa sulla auestione limitandosi a osservare che il tragitto scelto dal dipendente non risultava essere il più breve, mentre avrebbero dovuto procedere «alla verifica della sussistenza del diverso criterio della normalità della percorrenza dell'indicato itinerario tra casa e lavoro», tenendo presente che va riconosciuta la copertura assicurativa qualora il comportamento del lavoratore non sia motivato «in base a ragioni del tutto personali». In questa circostanza l'errore del collegio di merito è quello di non aver effettuato alcun raffronto tra la strada più breve e quella percorsa dall'infortunato che è stata da tutti descritta come «più comoda e converliente» anche se più lunga. Non resta che attendere la soluzione del rebus.

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