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"Le aziende fanno i conti con lo stress"

fonte Il Sole 24 Ore, Francesca Barbieri / Sicurezza sul lavoro

18/04/2011 - Imparare a riconoscere i campanelli di allarme, gli eventi sentinella, valutarne i rischi per la salute e poi, se necessario, individuare i rimedi. L'obiettivo è unico: dare la caccia allo stress dei dipendenti. Un obbligo, da inizio anno, per tutti i datori di lavoro: imprese grandi, medie e piccole, amministrazioni pubbliche e liberi professionisti. A che punto siamo nella messa in pratica dell'adempimento? Il Sole 24 Ore insieme a Ipr Marketing ha acceso i riflettori sulle Pmi, con un sondaggio condotto la settimana scorsa su un campione rappresentativo di aziende. Ecco i risultati. L'81% dichiara di conoscere l'esistenza dell'obbligo di valutare lo stress, ma solo il 45% ha già attivato le procedure di "misurazione" necessarie, mentre il 19% ne ignora l'esistenza. Una parte dei consapevoli, pari al 54% del campione, trova la nuova norma del tutto inutile: un mero adempimento burocratico, l'ennesimo. «Le imprese si stanno adeguando- rassicurano da Confartigianato - ma le piccole fanno più fatica perché la normativa è sbagliata, impone l'obbligo a tutti senza distinzione di settore e di dimensione». Secondo l'associazione andrebbe circoscritto il circolo dei "forzati" a misurare lo stress «solo ad alcuni comparti realmente esposti a fattori dannosi per i dipendenti e sui quali si dovrebbero porre gli adeguati rimedi». Per ora insomma la maggior parte delle imprese piccole che ruotano intorno alla galassia di Confartigianato vive il nuovo adempimento come un onere burocratico. «Una montagna di carta da produrre che comporta anche dei costi» registrano gli artigiani La conferma arriva dai risultati del sondaggio di Ipr Marketing che evidenziano come 1'83% delle aziende che hanno attivato l'iter di valutazione dello stress abbia affidato a consulenti esterni l'incarico di decifrare la "metodologia" che le imprese sono tenute a seguire per non risultare fuorilegge. Due le fasi previste: la prima, obbligatoria, di analisi preliminare; la seconda, eventuale, che entra in gioco solo quando siano emersi fattori di rischio da stress lavoro-correlato e le misure adottate non siano state idonee a ridurre o eliminare le condizioni di disagio. Per ora le imprese sono ferme alla prima fase: per attivare 1'iter oltre la metà del campione (i155%) ha speso fino a 2mila euro, il 10% tra i 2mila e i 4mila euro, mentre i15% oltre i 4mila e tutti gli altri (il 30%) non indicano un importo. «Lo stress lavoro-correlato - spiegano da Confindustria - non è una malattia ma una condizione ,per la quale non esiste uno strumento di misurazione puntuale, come accade, ad esempio, per il rumore. Da qui nasce la difficoltà, soprattutto per le piccole imprese, su come affrontare un tema dai contorni ancora sfocati». Oggi, però, il datore di lavoro può valutare lo stress con l'ausilio dei rappresentanti aziendali della sicurezza e seguendo le previsioni di legge (accordo europeo del 2004 e indicazioni della Commissione consultiva permanente costituita presso il ministero del Lavoro). «Si tratta di una valutazione complessiva - commentano da Confindustria - dei diversi fattori e indicatori di possibile stress lavoro-correlato, riferita non ai singoli ma a gruppi omogenei di lavoratori». Per questo le associazioni di categoria da mesi si impegnano a diffondere informazioni sul tema, in primis le indicazioni della Commissione consultiva permanente che, per le imprese fino a cinque dipendenti, ha previsto regole più semplici. La valutazione per le micro aziende si realizza in molteplici modi, ad esempio tramite la compilazione di una check list relativa agli indicatori aziendali: una griglia da compilare indicando punteggi diversi a seconda che siano aumentati o diminuiti alcuni indicatori sentinella, come gli infortuni, le assenze per malattia, la percentuale di ferie non godute, il numero di procedimenti disciplinari. La presenza di un solo sintomo non è sufficiente ad accendere la spia rossa di allarme: «Se c'è solamente un alto tasso di assenteismo - spiegano da Confindustria - ma tutti gli altri indicatori risultano nella norma, questo non è sicuro indice di una situazione di stress dei dipendenti». «Aver ottenuto una procedura semplificata per le piccole e medie imprese - osservano da Confcommercio - è stato un risultato importante perché permette di monitorare con maggiore agilità lo stato di salute dei dipendenti, anche per quanto riguarda lo stress». I risultati del sondaggio di Ipr Marketing evidenziano però che a conti fatti perle Pmi la valutazione dello stress lavoro-correlato non è utile all'azienda nel 54% dei casi, è utile nel 38%, mentre è senza opinione 1'8% degli intervistati. «Serve un cambio di mentalità - concludono da Confcommercio - per applicare con efficacia la nuova norma, perché avere dipendenti liberi da stress, soprattutto per chi lavora a contatto con il pubblico, come la stragrande maggioranza dei nostri associati, è un gran vantaggio competitivo per le imprese».

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