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"La verità sull'inferno dell'Eureco, così uccise il gas killer."

fonte Cereda Gabriele - La Repubblica / Sicurezza sul lavoro

05/05/2011 - Il rapporto dei periti del Tribunale: tremila litri di gas killer stoccati nel posto sbagliato. La verità sull'inferno dell'Eureco a sei mesi esatti dalla tragedia dell'Eureco di Paderno Dugnano, costata la vita a quattro persone, è arrivata la verità sulle cause dell'incendio. Nell'azienda di smaltimento rifiuti è stata violata una norma di sicurezza sullo stoccaggio di sostanze pericolose: una scintilla di fuoco a tremilalitri di gpl che erano stati lasciati nel posto sbagliato. È quanto emerge dalla perizia depositata dagli esperti in Procura a Monza. II titolare dell'azienda, ancora chiusa dallo scorso 4 novembre, aveva sempre parlato di errore umano. La perizia: i tremila litri di gpl stoccati nel posto sbagliato. GABRIELE CEREDA a sei mesi esatti dalla tragedia dell'Eureco di Paderno Dugnano, è arrivata la verità sull'inferno che è costato la vita a quattro operai. A dare avvio alla sequenza di fuoco, alle 14.57 del 4 novembre scorso sono stati tremila litri di setacci, molecole combustibili inodori stoccate scorrettamente, che si sono incendiate a causa di una scintilla. A stabilirlo è la perizia dell'ingegnere Massimo Bardazza e del comandante dei vigili del fuoco di Milano Silvano Barberi, i due esperti nominati dalla Procura di Monza per fare chiarezza sulla vicenda. Per quattro famiglie il tempo si è fermato quel giorno: sono quelle di Sergio Scapolan, Harun Le-giri, Leonard Shehu e Salvatore Catalano, ma ora le lancette della giustizia potrebbero presentare il conto e inchiodare i colpevoli. Ancora oggi, l'unico iscritto nel registro degli indagati è Giovanni Merlino, il titolare dell'azienda di stoccaggio di rifiuti pericolosi affacciata sulla Milano-Meda. Per lui l'accusa è di omicidio colposo plurimo. Ma le perizie tecniche potrebbero aggravare la sua posizione. «Per noi siè trattato di un errore umano», è questa la linea difensiva, ripetuta come una litania da Giuseppe Fiorella, il difensore dell'imprenditore salito sul banco degli imputati già poche ore dopo il tragico rogo. Che dietro ai cancelli di via Mazzini 101 si lavorasse con i sistemi di sicurezza ridotti all'osso per aumentare i margini di guadagno era emerso già all'indomani dello scoppio. Dai primi sopralluoghi degli inquirenti erano state evidenziate gravi carenze nella dotazione dei sistemi di sicurezza. La perizia lo conferma. I setacci molecolari che servono a togliere l'odore dalle bombolette spray non possono essere raccolti in un unico contenitore. «È una procedura erronea», si legge nel La marmitta surriscaldata del muletto innescò il rogo nel capannone testo finito sulla scrivania di Manuela Massenz, il sostituto procuratore titolare delle indagini. Il pomeriggio dell'esplosione, all'interno di un enorme cassone blu erano stipati 3mila litri del composto killer, le cui esalazioni inodori e altamente infiammabili (si tratta di gpl) si erano diffuse e depositate in tutto l'ambiente in cui gli operai stavano lavorando. Poco distante era in azione un muletto che, secondo quanto ha spiegato il perito, aveva risucchiato il gpl nel motore e si alimentava proprio di quel gas. Impossibile riuscire a spegnere il mezzo, da qui il surriscaldamento della marmitta e lo scoppio della scintilla fatale. Il ritorno di fiamma investe prima i setacci e in una concatenazione micidiale i barili divernice e ogni composto chimico nel raggio di metri. Per chi è nelle vicinanze non c'è scampo, l'incendio supera i mille gradi. «Ora che è stato messo un punto fermo vogliamo qualcosa di più della giustizia: vendetta per quello che è accaduto», dice Antonella Ritirino, la promessa sposa di Catalano, dal quale 10 anni fa ha avuto una figlia. «È difficile andare avanti, ma dobbiamo farlo per i nostri ragazzi», dice la donna che parla anche a nome dei familiari delle altre vittime. Per aiutarli pochi giorni fa è nato un comitato composto dallaAiea (Associazione italiana esposti amianto) e dall'associazione Difesa della salute nei luoghi di lavoro. «Questa tragedia ci insegna che nel nostro Paese ci sono ancora gravi carenze sotto il profilo della prevenzione. Le istituzioni devono rivedere le loro posizioni», sottolinea Tiziana Scalco di Cgil Milano. Dentro al deposito dell'Eureco tutto è fermo a sei mesi fa. Il lavoro non è mai ripreso e i soci della Tnl, cooperativa gestita dal nipote di una delle vittime a cui era stato dato in appalto lo stoccaggio dei rifiuti, sono senza un impiego.

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