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"Dispositivi di sicurezza: i «paletti» dei giudici "

fonte Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi / Sicurezza sul lavoro

01/08/2011 - Illegittimo il licenziamento dell'operaio che non può indossare le calzature antinfortunistiche fornite dal datore di lavoro per una malformazione al piede.
Spetta al datore, infatti, dimostrare che in commercio non esistono scarpe compatibili con la patologia del dipendente il quale, pertanto, non può svolgere in completa sicurezza le mansioni affidate.
A chiarirlo la sezione lavoro della Cassazione con la sentenza 16195/2011 che ha respinto il ricorso di un'impresa che svolge attività di gestione del servizio di trasporto ferroviario nei confronti di un proprio dipendente. Quest'ultimo era stato licenziato a causa dell'accertata inidoneità a indossare le scarpe antinfortunistiche ritenute indispensabili per lo svolgimento dell'attività.
In primo grado i giudici hanno respinto il ricorso del lavoratore ma la Corte d'appello ha riformato la pronuncia fondando la decisione sul rilievo che la società non aveva provato in giudizio la mancanza sul mercato di calzature antinfortunistiche compatibili con la malformazione del ricorrente.
Di qui il ricorso in Cassazione.
Per l'impresa, infatti, sarebbe perfettamente legittima la dispensa dal servizio per inidoneità del lavoratore laddove sia stata osservata la specifica procedura prevista dalla legge.
In pratica, secondo la concessionaria, il giudice, una volta verificato il regolare svolgimento della procedura e la mancata impugnazione da parte dell'interessato, non potrebbe disporre d'ufficio nuovi accertamenti sanitari per verificare l'idoneità del dipendente.
In questa ipotesi si finirebbe per addossare all'imprenditore la prova del giustificato motivo oggettivo di licenziamento richiesta dall'articolo 1 della legge n. 604 del 1966, anziché ritenere che l'impossibilità di proseguire il rapporto sia legata solo all'osservanza della procedura prevista dall'articolo 29 del Rd 148/1931 per le imprese di trasporto.
Senza contare poi, hanno aggiunto i legali della ricorrente, che la mancata contestazione da parte del lavoratore delle conclusioni raggiunte dalla commissione medica interpellata si deve considerare come acquiescenza agli accertamenti.
La Cassazione non ha avallato nessuna delle tesi sostenute dalla concessionaria. In particolare i giudici di legittimità hanno stabilito che ai fini dell'accertamento dell'idoneità al servizio dei dipendenti da aziende concessionarie di servizi di trasporto il parere della commissione medica previsto dall'articolo 29 del sopra indicato decreto non è vincolante per il giudice di merito ai fini dell'accertamento della illegittimità o meno del licenziamento disposto a seguito del giudizio di inidoneità. Il magistrato – ha proseguito il collegio – anche in riferimento ai principi di tutela processuale, ha il «potere-dovere di controllare l'attendibilità degli accertamenti sanitari effettuati dalla predetta Commissione».
Quindi la sola regolarità della procedura non basta per decretare la legittimità del recesso, gravando al contrario sull'impresa che intende procedere al licenziamento, l'onere di dimostrare che, all'interno dei vari modelli di calzature antinfortunistiche reperibili sul mercato, non possono essere trovate quelle adatte a consentire al lavoratore di espletare in sicurezza le mansioni assegnate.

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