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"Idoneità dei modelli 231 e sentenza Thyssen"
fonte puntosicuro.it / Responsabilità sociale
22/11/2011 - Ai sensi dell'art. 6, comma
2 D.Lgs. 231/2001 il Modello di organizzazione, gestione e controllo è
idoneo, efficace ed adeguato se una
valutazione
ex ante da compiersi
rispetto ai
reati della stessa specie di
quelli eventualmente oggetto di procedimento penale dimostra che:
1 - è fondato sulla
analisi/mappatura
dei rischi potenziali di commissione dei reati pertinenti l'attività aziendale
2 -
individua
ex ante, come reato potenziale, quello che poi, in concreto, si è
realizzato tramite l’
aggiramento del Modello, Modello che deve essere
conformato in modo da rendere il più difficile possibile l'aggiramento dello
stesso
3 - individua
specifiche
misure e
protocolli
di controllo, che riguardino tanto lo svolgimento delle attività
aziendali, quanto le modalità di controllo da parte dell’OdV, eventualmente
dell'internal audit o di alte figure analoghe, che potrebbero collaborare con
l'OdV
4 - individua
modalità di
gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei
reati (come ad esempio le disponibilità finanziarie dell' OdV per richiedere un consulente specialista in
grado di effettuare audit e controlli)
5 - prevede
puntuali
registrazioni
[va
verbalizzata tutta l'attività che dimostra il rispetto delle procedure e
l'effettuazione di controlli e audit]
e
obblighi di informazione
[trasmissione
all'OdV di copia dei verbali di contestazione da parte di organismi di
vigilanza pubblici e istituzionali, e di verifiche di conformità volontaria
effettuate da enti certificatori]
6 - stabilisce un
sistema
disciplinare per
la violazione di misure, protocolli, obblighi di informazione e registrazione
7 - è conforme alle
Linee Guida adottate dalle
Associazioni di Categoria (presunzione di idoneità).
8 - prevede «
misure idonee a
garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed
eliminare tempestivamente situazioni di rischio»
9 - prevede
«a) una verifica
periodica e l'eventuale modifica dello stesso [Modello]
quando
sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando
intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività»
10 - applica il
Sistema
disciplinare [non basta adottare codice etico, regolamento aziendale, occorre
concretamente adottare misure disciplinari: ad esempio un'azienda con 15
infortuni all'anno superiori a 3 giorni e non in itinere che non ha mai
adottato misure disciplinari nei confronti dei lavoratori, non ha neanche
adottato alcun sistema disciplinare,anche se esiste sulla carta, perché secondo
la giurisprudenza i comportamenti in violazione delle regole devono essere
effettivamente sanzionati invia disciplinare e non solo minacciati sulla
carta).
Il Modello ha carattere esimente quando:
11 - disciplina la
formazione dei soggetti
apicali e dei dipendenti (e la svolge effettivamente ed efficacemente in modo
da renderli consapevoli dei loro obblighi e responsabili dell'adozione delle
misure 231) in merito alle attività a rischio di commissione reato ad essi
attribuite, sul Modello stesso e sul codice etico
12 - prevede
l’effettuazione di
controlli
a campione e/o a sorpresa sulle attività sensibili
13 - istituisce un
OdV dell’Ente
indipendente
e dotato di
autonomi poteri ispettivi (Regolamento), composto da persone professionalmente
competenti e qualificate (curriculum vitae), autonome rispetto alle figure
controllate (organigramma/contratto), non soggette a condizionamenti e/o a
conflitti di interesse (rinnovo della carica/altri rapporti di consulenza/rapporti
di parentela), dotate di adeguati requisiti di onorabilità (incensurate in
relazione a reati presupposto 231), si veda al riguardo la decisione GIP
Tribunale di Milano 20/9/04.
L'organismo di
vigilanza deve avere dunque le caratteristiche essenziali previste dal D.Lgs.
n. 231/2001,
ovvero deve avere autonomi poteri di iniziativa e controllo, e la presenza al
suo interno di un componente che non sia autonomo rispetto ai processi
operativi e decisionali che possono dar luogo ai reati vanifica l'intero
modello organizzativo, come sostenuto efficacemente nella sentenza c.d.
Thyssen della Corte d'Assise del
Tribunale di Torino del 14 novembre 2011: “la Corte ritiene che non si possa
applicare il terzo comma dell'art. 12, che prevede la riduzione della sanzione
pecuniaria nel caso concorra, oltre al sopra ritenuto risarcimento del danno,
anche la circostanza che, prima dell'apertura del dibattimento, sia stato
adottato e reso operativo "un modello organizzativo idoneo a prevenire
reati della stessa specie di quello verificatosi". Sotto questo profilo -
sanzionatorio - la Corte deve quindi accertare, in questo caso temporalmente
sino all'apertura del presente dibattimento (febbraio 2009), se il " modello
organizzativo" fosse stato adottato, fosse stato reso operativo e
fosse idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi. Ebbene, anche sotto questo
profilo non appare necessario che la Corte esamini ex professo il modello
organizzativo adottato con la citata delibera del Consiglio di Amministrazione
del 21/12/2007, verificandone l'idoneità a prevenire reati di cui all'art. 589
2° comma c.p.; perché la Corte ritiene che, in ogni caso, tale
"modello" non fosse stato, nell'arco temporale dall'evento
all'apertura del presente dibattimento, efficacemente attuato.
Il motivo emerge dalle
dichiarazioni del già citato ing. CAM. e testimonia come, purtroppo,
nonostante la tragedia avvenuta il 6
dicembre 2007, i vertici di ThyssenKrupp AST s.p.a. continuassero ad occuparsi
con superficialità e scarsa attenzione della sicurezza sul lavoro. Quanto
affermato emerge proprio dalla nomina, quale membro dell'organismo di vigilanza
di cui all'art. 6 lettera b), organismo
di vigilanza che, secondo la legge, deve essere "dotato di autonomi
poteri di vigilanza e di controllo", allo scopo di implementare tale
organismo con un membro "competente" in materia antinfortunistica,
dello stesso ing. CAM.: senza neppure preoccuparsi - per questo la Corte si
permette di indicare tale scelta come "superficiale e poco attenta" -
del fatto, evidente, che il membro deputato ad efficacemente vigilare
sull'adozione del "modello" in materia antinfortunistica era lo
stesso dirigente del settore ecologia, ambiente e sicurezza; in sostanza,
l'ing. CAM., come
membro dell'organo di
vigilanza, doveva controllare il suo stesso operato.
La circostanza emerge senza
possibilità di equivoco dalla testimonianza dell'ing. F. CAM. (v. udienza
26/3/2010): "Io sono attualmente (e dal 2003, n.d.e.) responsabile
dell'ente denominato Ecologia, Ambiente e Sicurezza ... il mio ufficio ha due
settori. Una parte si occupa di ambiente e una parte di sicurezza ... per
quanto riguarda la parte sicurezza, c'è la RSTP alle mie dipendenze con i tecnici ASTP che si occupano di
sicurezza ... "; a precisa domanda del Pubblico Ministero, sul fatto che
egli dovesse "vigilare anche su se stesso" l'ing. CAM. risponde:
" ... io ... le confesso ... che ho avuto qualche dubbio su questo ...
visto che siamo in Italia. Conflitto di interessi è una locuzione che va di moda.
Però ecco ne ho parlato con il nostro legale ... ne parlai con l'avv. DE.VO.
... Lui mi ha detto che la mia presenza all'interno dell'organismo di vigilanza
aveva un po' il compito di fluidificare, di fare un po' diciamo da tramite ...
io faccio ancora parte, sì (dell'organismo di vigilanza, n.d.e.)".
Quindi
l'ing. CAM., dirigente responsabile del settore sicurezza sul lavoro, entra a
far parte dell'organismo di vigilanza di cui all'art. 6 lettera b) nel dicembre
2007, proprio per la sua competenza in materia di sicurezza e, nonostante i
fondati dubbi, da lui stesso sollevati, sulla sua contraddittoria funzione di
controllore e di controllato, vi permane certamente oltre la dichiarazione di
apertura del presente dibattimento (febbraio 2009), quantomeno sino alla data
in cui ha reso la sua testimonianza (26/3/2010).
La Corte ritiene che
questa circostanza, di per sé sola, induca a ritenere che il modello adottato,
nel periodo preso in considerazione, non poteva essere stato reso operativo,
tanto meno in modo efficace, sottolineando che tale organismo deve essere
dotato, secondo il citato art. 6, di "autonomi poteri di iniziativa e di
controllo": non è necessario spendere ulteriori parole sulla
"autonomia" del controllore quando è la stessa persona fisica del
controllato”.
Le linee
Guida Confindustria del 2008 hanno specificato alcuni aspetti specifici
dell’Organismo di Vigilanza relativi a poteri e requisiti, autonomia ed
indipendenza e professionalità.
Per poter svolgere in modo efficace i propri compiti l’organismo
di controllo deve essere dotato delle caratteristiche essenziali di autonomia
ed indipendenza, professionalità e continuità di azione, mancando le quali,
come afferma la sentenza
Thyssen, l'intero modello 231 viene vanificato nei fatti.
Quanto all’
autonomia
dell’organismo di controllo rispetto ai soggetti controllati, essa può
essere conseguita sottraendo chi effettua i controlli alla gerarchia aziendale
e ponendolo in una posizione di riporto diretto rispetto al vertice aziendale,
il quale è, in ultima analisi, responsabile nei confronti del C.d.A. Che lo ha
nominato e dei soci per l’adozione, l’efficace attuazione ed il funzionamento
del modello.
Il requisito della
professionalità
comporta la presenza in capo ai soggetti responsabili dei controlli delle
competenza e tecniche professionali necessarie per l’efficace svolgimento delle
attività richieste (es. tecniche di campionamento statistico, di analisi e
valutazione dei rischi, metodologie per l’individuazione di frodi, ecc.).
Infine, la
continuità
di azione, cioè il fatto che l’organismo di controllo debba dedicarsi a
tempo pieno allo svolgimento dei controlli, è necessaria per assicurare che non
si verifichino falle nel sistema, determinate da controlli carenti,
suscettibili di inficiare il modello.
L’articolazione e la
composizione
dell’organismo di vigilanza (monosoggettivo o plurisoggettivo) è
direttamente correlata alla complessità strutturale dell’impresa (dimensioni,
articolazione interna, dislocazione sul territorio, presenza su determinati
mercati particolarmente a rischio, ecc.). In effetti non è possibile fissare
limiti quantitativi, né in termini di fatturato, né di numero di dipendenti
dell’impresa interessata, la complessità dell’organismo di controllo va infatti
valutata caso per caso a seconda dei risultati dell’analisi dei rischi, dalla
quale emergano quante aree, processi, funzioni devono essere assoggettate a
controllo.
In linea generale, anche sulla base dell'esperienza
applicativa finora maturata, è stato rilevato che le società di medio-grandi
dimensioni si orientano generalmente verso organismi plurisoggettivi, mentre
realtà di più piccole dimensioni tendono ad optare per organismi
monosoggettivi.
Quanto ai compiti, requisiti e poteri dell'organismo di
vigilanza, Confindustria si limita a sottolineare che "L’estensione
dell’applicazione del decreto 231 ai delitti colposi pone un problema di
rapporti tra il piano della sicurezza e quello del modello
organizzativo, nonché tra le attività dei soggetti responsabili dei controlli
in materia di salute e sicurezza sul lavoro e l’organismo di vigilanza.
L’autonomia di funzioni proprie di questi organi non consente di ravvisare una
sovrapposizione dei compiti di controllo, che sarebbe quindi tanto inutile
quanto inefficace. Deve essere chiaro pertanto, così come specificato nella
apposita parte del Case Study, che i diversi soggetti deputati al controllo
svolgono i propri compiti su piani differenti".
Con riferimento all'autonomia ed indipendenza, si ribadisce
che "conformemente alle prime indicazioni giurisprudenziali,
i
componenti interni dell’Odv non dovrebbero svolgere [...] funzioni operative".
La sentenza Thyssen citata conferma questa corretta impostazione.
Per quanto concerne le professionalità necessarie per la
gestione delle tematiche di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, l’Odv
dovrà avvalersi di tutte le risorse attivate per la gestione dei relativi
aspetti (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, Addetti al
Servizio di Prevenzione e Protezione, Rappresentante dei Lavoratori per la
Sicurezza, Medico Competente, addetti primo soccorso, addetto emergenze in caso
d’incendio), comprese quelle previste dalle normative di settore quali, ad
esempio, " quelle relative alla sicurezza nei cantieri.
Quanto alla scelta tra "utilizzo di strutture aziendali
di controllo esistenti o costituzione di un organismo (di vigilanza) ad
hoc", non ci sono particolari novità da segnalare, se non il fatto che
Confindustria ritiene "da escludere, relativamente alla prevenzione dei
reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose commessi con violazione
delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la conferibilità del
ruolo di Organismo di controllo al responsabile del servizio di prevenzione e
protezione di cui al D. Lgs. n. 626/1994 (ora D.Lgs 81/2008 ndr)".
Gli "obblighi di informazione dell’organismo di
vigilanza" sono estesi prevedendo che "l’organismo di vigilanza
dovrebbe altresì ricevere copia della reportistica periodica in materia di
salute e sicurezza sul lavoro".
Con riferimento, infine, all’eventuale insorgere di una
responsabilità penale in capo all’Organismo in caso di commissione di illeciti
da parte dell’ente a seguito del mancato esercizio del potere di vigilanza
sull’attuazione e sul funzionamento del Modello, Confindustria si esprime
nuovamente in senso negativo: "tale situazione non muta con riferimento ai
delitti colposi realizzati con violazione delle norme in materia di salute e
sicurezza sul lavoro. Anche in questo caso l’Organismo di vigilanza non ha
obblighi di controllo dell’attività, ma doveri di verifica della idoneità e
sufficienza dei modelli organizzativi a prevenire i reati."
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