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"Asma e allergopatia del panificatore: indagini e prevenzione"

fonte puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro

22/11/2011 - PuntoSicuro ha presentato nei giorni scorsi gli atti del convegnoAsma occupazionale. Luci ed ombre - L’asma del panificatore quale modello applicabile”, atti pubblicati nel numero di gennaio/marzo 2011 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia.
Questo convegno ci ha permesso di soffermarci su una delle patologie più sottostimate nel mondo delle malattie professionali: l’ asma occupazionale.
In particolare i relatori hanno messo in luce le problematiche relative alla cosiddetta asma del panificatore, una delle prime malattie professionali storicamente accertate che coinvolge panificatori, mugnai, pasticceri, alimentaristi, pizzaioli, cuochi, sia in ambito artigianale che industriale.
 
In “ Asma e allergopatie del panificatore: dalle esperienze alla programmazione sanitaria”, a cura di A.M. Cirla (Centro Italiano Medicina Ambiente Lavoro - GruppoCIMAL, Divisione Malattie Allergiche - DIMAC), si sottolinea che nelle condizioni produttive attuali, “caratterizzate da ambienti di lavoro particolari e diversificati, appare certamente riduttiva la identificazione della patologia solo con il termine anglosassone di baker’s asthma.  Infatti, l’ allergopatia da farina di frumento comprende vari quadri clinici di malattia professionale: rinite cronica, asma intermittente o persistente, congiuntivite, orticaria, dermatite da contatto”.
Riguardo a questa patologia gli allergeni del macinato di frumento sono stati identificati, “la patogenesi prevalente è IgE (immunoglobuline, ndr) mediata”: si tratta quindi di un meccanismo immunoallergico in senso proprio.
 
Il relatore sottolinea poi che il problema dell’apparato respiratorio, “un tempo circoscritto all’asma in quanto malattia invalidante, appare oggi più complesso per quanto attiene le conseguenze, per almeno due ragioni”:
- le più recenti conoscenze sull’ allergia “ne propongono l’interpretazione come processo flogistico globale nell’organismo, con una progressione peggiorativa del decorso naturale in una parte consistente dei casi, in funzione delle variabili individuali e ambientali”. In questo senso e tenuto conto della mutevole esposizione continuata lavorativa, “l’ allergopatia da farina può essere un buon esempio della cosiddetta ‘ marcia allergica’: dalla sensibilizzazione priva di sintomi alla rinite, quindi all’asma e successivamente alla broncopatia cronica ostruttiva”;
- la visione attuale del fenomeno allergopatia professionale in una società che considera come danno alla salute “non solo l’aspetto funzionale o il danno biologico globale, ma anche l’alterazione della qualità di vita e la motivazione lavorativa.  In tal senso una rinite persistente o un asma intermittente possono avere maggior rilievo negativo di un tempo nell’espletamento di una vita familiare e di lavoro”.
 
In riferimento alle conoscenze acquisite, il relatore giunge alla conclusione che l’allergopatia da farina di frumento “può essere configurata come un modello completo di prevenzione. Essa, infatti, può essere controllata sotto l’aspetto del rischio classificando i fattori nocivi e valutando l’esposizione, utilizzando le regole ed i metodi relativi al rischio chimico ambientale, esplicitati come obblighi nel D.Lgs 81/2008. Può inoltre essere diagnosticata precocemente, trattata, indirizzata, recuperata secondo le regole della medicina preventiva secondaria e terziaria”.
Riguardo alla diffusione di questa patologia nello studio si riferiscono diversi dati anche in relazione ad una indagine trasversale condotta nel 1997 dove vennero coinvolti “100 adulti panificatori e pasticceri artigiani attivi in Cremona, mai esaminati in precedenza perché non era mai stato effettuato alcun controllo sanitario”. In questo caso la “prevalenza di sensibilizzati professionali sintomatici, risultò del 32%. Fra gli allergici 23 soffrivano di rinite, 8 di rinite ed asma, 1 di BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva, ndr), nessuno soltanto di asma”.
 
Nell’intervento si sottolinea che “la completezza e tempestività della diagnosi sono essenziali per gestire i casi, in vista di un recupero lavorativo degli allergici” e che una “ immunoterapia con vaccino allergenico è stata studiata ed è possibile”.
In particolare vengono riportati dei dati riguardo ad un trattamento su 43 casi che ha consentito “la prosecuzione del lavoro nell’83% e la soddisfacente riduzione o eliminazione dei sintomi sul lavoro nel 70%. Vi sono quindi le basi per svolgere interventi integrati ‘ambiente-uomo’, evitando la scelta estrema dell’abbandono del lavoro”.
 
Dunque, conclude il relatore riguardo alle prospettive per il futuro, “la patologia allergica nel comparto considerato non va gestita isolatamente dall’allergologo, ma va affrontata in modo integrato”. In questo senso la Regione Lombardia, sulla base di proprie Linee Guida “emesse e poco attuate” (di queste linee guida abbiamo parlato nel primo articolo di presentazione del convegno)  ha predisposto un progetto specifico dal titolo “ allergopatie professionali nel settore della panificazione artigianale” e lo ha “proposto alle ASL provinciali nell’ambito degli interventi regionali per la salute e la sicurezza durante il lavoro nel triennio 2008-2010, con piena libertà di scelta e attuazione secondo le istanze e necessità locali”.
 
Concludiamo riprendendo alcuni punti dell’intervento “ Asma del panificatore. Studi sperimentali”, a cura di P. Marraccini (Centro di Allergologia Ambientale. Dipartimento di Medicina del Lavoro. Ospedale Maggiore Policlinico – Milano).
Si sottolinea che ancora oggi “l’asma e la rinite del panificatore sono tra le più frequenti patologie respiratorie di natura occupazionale”: se le riniti, “accompagnate da disturbi congiuntivali, interessano approssimativamente il 5 - 21% degli addetti alla produzione di pane, tra lo 0,5 ed il 7% si registrano quadri di asma bronchiale da farina di frumento”.
 
Si ricorda inoltre che in particolare per la farina di grano “si è studiata la relazione tra dimensioni del particolato, concentrazioni ambientali delle polveri e contenuto allergenico, proponendo un limite ambientale di 0,5 mg/m3 per le polveri inalabili di farina di frumento.
A queste indagini di carattere clinico - epidemiologico ed ambientale si sono aggiunti studi che hanno evidenziato sia il ruolo delle endotossine batteriche presenti nel macinato di grano, sia l’azione allergenica delle stesse farine di frumento, oltre ad un possibile effetto irritativo”.
 
Nell’intervento si sono poi analizzati gli aspetti salienti di un modello murino (cioè con riferimento ai topi di laboratorio il cui studio consente di chiarire i meccanismi patogenetici alla base di malattie umane, ndr)  volto ad indagare la possibile genesi dell’asma bronchiale da farina di frumento.
 
Nelle indagini “rivolte a valutare il ruolo preminente nell’infiammazione delle endotossine si è evidenziato nel modello sperimentale come la risposta flogistica sia legata principalmente alle farina, persistente anche dopo 24 ore. Dunque, la farina di frumento a concentrazioni ambientali mediamente riscontrate nei panifici, innesca meccanismi infiammatori a carico delle vie respiratorie nei lavoratori esposti, indipendentemente dall’avvenuta sensibilizzazione”.
E questo pone maggiormente il problema del contenimento dei livelli di esposizione.
 
In conclusione la farina di frumento, “che stimola di per sé una risposta flogistica, può determinare un incremento dell’asma bronchiale in soggetti atopici e/o affetti da allergopatia. Il ruolo nella genesi dell’asma del panificatore va quindi valutata ben più complessivamente nei termine di sensibilizzazione e sviluppo di allergia verso la componente proteica, non escludendo altri fattori, presumibilmente non proteici, che possono avere un ruolo nello sviluppo della patologia”.
 
 
 
Atti del Convegno di Bergamo ‘Asma occupazionale. Luci ed ombre - L’asma del panificatore quale modello applicabile’ Presentazione delle linee guida regionali nel settore della panificazione artigianale”, a cura di P. Marraccini, P. Leghissa , documenti pubblicati in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXIII n°1 , gennaio/marzo 2011 (formato PDF, 1.35 MB).
 

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