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"Reportage dal futuro: energia pulita e senza emissioni "

fonte www.lavoripubblici.it / Ambiente

30/05/2012 - Nel panorama delle fonti di energia rinnovabili, sempre più spazio stanno acquistando le biomasse, termine con il quale si indicano tutti quei materiali organici che possono essere utilizzati direttamente come combustibili, o che possono essere trasformati in combustibili solidi, liquidi o gassosi e dalla cui combustione è possibile produrre energia nelle varie forme. Le caldaie a biomassa sono alimentate comunemente da biomasse ligneo cellulosiche (pellet, cippato, prodotti di scarto ottenuti dal taglio dei boschi come i semplici ciocchi di legna), con piante espressamente coltivate per scopi energetici o con residui delle coltivazioni destinate all’alimentazione umana o animale.

La combustione di biomasse solide tuttavia costituisce una fonte di emissione in atmosfera nient’affatto trascurabile rispetto a combustibili tradizionali liquidi e gassosi, con particolare riferimento a particelle classificate come PM10 (polveri, fumo, microgocce di sostanze che vanno in sospensione nell'atmosfera, il cui diametro è uguale o inferiore a 10 µm, ovvero 10 millesimi di millimetro) e PM 2.5 (polveri fini: 2.5 millesimo di millimetro), nonché di altri composti inquinanti come, ad esempio, idrocarburi policiclici aromatici, composti organici volatili, monossido di carbonio, ossidi di azoto e di zolfo.

Per rendere dunque ancora più pulita quest’energia che ha la grande attrattiva di presentare un bilancio di CO2 neutro, il Ciri Energia e Ambiente dell’Università di Bologna si è messo al lavoro per progettare,  prototipare – e quindi sperimentare in collaborazione con un’azienda del settore - un sistema di filtraggio innovativo che abbatta le emissioni di particolato delle caldaie a biomassa in modo drastico.


Il prodotto in questione si chiama “Filtro a particolato zero” ed è in fase di sperimentazione all’interno del laboratorio del gruppo “Impianti” coordinato dal Prof. Cesare Saccani: applicato alle caldaie ha un’efficienza molto elevata, tale da rendere possibile l’emissione di fumi con contenuto di PM10 uguale o inferiore a quello dell’aria atmosferica (il termine “particolato zero” si riferisce, quindi al differenziale fra particolato entrante e uscente e risulta essere, in questi termini, un obiettivo tanto ambizioso quanto concretamente realizzabile). nel caso di filtraggio in riduzione del particolato entrante, il filtro diventa un sistema di depurazione per l’intero ambiente: la caldaia diventa, cioè, un filtro “proattivo”.

I dati di partenza

Se si considera, ad esempio, che una caldaia da 300 kW alimentata a cippato con una portata di aria comburente pari a  476 m3/h  elabora una portata di circa 952000 m3 di aria nell’arco di un anno (considerando circa 2000 ore annue di funzionamento di un impianto di riscaldamento, in zona ad esempio tra Firenze e Roma), un filtro dotato di alta efficienza (99,99%) collegato ad essa in un anno riuscirebbe a ripulire completamente dal PM10 una zona di 317.300 m2 (un’area pari alla somma di quasi 50 campi da calcio) per un’altezza di 3 m dal livello del terreno.

Immaginando poi, ad esempio, di sopperire ai 428 GWh annui di fabbisogno energetico per il riscaldamento del Comune di Forlì solamente tramite combustione di cippato e di filtrare con un efficienza del 99,99%  i 151 milioni di m3 di aria richiesti, nell’arco di 4 anni e mezzo si ripulirebbe dal particolato un volume di aria pari all’intera superficie comunale (228 km2) per 3 m di altezza.

Il problema

Con particolare riferimento al PM10 le caldaie a biomassa presentano una la variabilità elevata dei dati che ne misurano le emissioni. Questi dati infatti risultano correlati principalmente alle caratteristiche del combustibile: in molti casi cioè la singola caldaia è ottimizzata per un certo tipo di combustibile e l’utilizzo di biomasse diverse da quelle previste ne modifica notevolmente le prestazioni. La variabilità è anche legata alle diverse condizioni di combustione nonché alla manutenzione non sempre ottimale per quanto riguarda impianti di grandi dimensioni.

Si tratta perciò di individuare un filtro che sia efficiente per concentrazioni molto variabili: il filtraggio con varie tipologie di tessuto o feltri è apparso il più idoneo in numerose applicazioni industriali fra le quali quella in questione. Semplificando, il filtraggio avviene tramite la separazione delle particelle sospese nei fumi sulla superficie del materiale filtrante, il quale perciò non è influenzato dalle variazioni della concentrazione di particolato nei fumi se non per il fenomeno dello sporcamento: a fronte di un aumento sensibile del carico, diminuisce solo il tempo di lavaggio del filtro senza ripercussioni sull’efficienza di filtraggio, la quale peraltro aumenta all’aumentare del grado di sporcamento del filtro.

Il prototipo

Su queste considerazioni il laboratorio del Dipartimento di Ingegneria Meccanica ha prodotto un primo prototipo di filtro a particolato zero, una struttura per ora esterna che non rappresenta ancora la configurazione dell’impianto finale, il quale andrà integrato nell’impianto realizzando le possibili sinergie con le funzioni impiantistiche della caldaia. Il prototipo tuttavia ne realizza tutti i principi di funzionamento ed è  stato sviluppato in modo da compiere una campagna sperimentale volta alla determinazione delle proprietà termodinamiche del sistema e  per evidenziare i parametri sperimentali ed operativi.

La prima parte della campagna sperimentale è già stata portata a termine: si è trattato di una serie di prove in bianco, volte cioè a filtrare l’aria dell’ambiente così come si trova nel luogo dove è ubicato il filtro. I risultati ottenuti hanno portato alla determinazione di un’efficienza di filtraggio, rispetto all’aria in ingresso, variabile tra il 35% e il 78%. Altre campagne sperimentali sono state programmate per determinare l’efficienza del sistema nel caso di filtraggio di fumi di combustione a secco e a umido, a valle cioè dell’attività di una caldaia a biomasse. Il successivo passaggio sperimentale sarà svolto in collaborazione con l’azienda TE S.r.l., con l’obiettivo di portare a completa ingegnerizzazione il sistema di filtraggio ‘a particolato zero’ con una caldaia a biomasse.

Il CIRI Energia e Ambiente

Il CIRI Energia e Ambiente fa parte della "Rete ad alta tecnologia della Regione Emilia Romagna". La sua mission è sviluppare e trasferire tecnologie e metodi innovativi per il controllo della qualità ambientale e per la gestione delle risorse naturali.

L'obiettivo primario del CIRI Energia e Ambiente è quello di fornire una risposta articolata alla domanda di integrazione tra le istanze del mondo dell’impresa e della produzione e quello della ricerca, fornendo il supporto scientifico e tecnico per promuovere l’innovazione nel settore dell'energia, della filiera dei combustibili e dei carburanti, dell'ottimizzazione dei processi produttivi e delle attività antropiche.

Caratteristica peculiare del CIRI Energia e Ambiente, che lo differenzia profondamente dalle altre strutture universitarie, è che esso è dotato di personale altamente qualificato dedicato a tempo pieno alle attività di ricerca industriale e trasferimento tecnologico, stabilmente collocato nelle diverse sedi del CIRI. Il CIRI Energia e Ambiente afferisce alla Rete ad Alta Tecnologia della Regione Emilia Romagna, costituita da strutture universitarie, centri di ricerca e poli per l'innovazione dislocati sul territorio regionale.

Bioenergie

L'Unità Operativa Bioenergie si occupa di attività di ricerca industriale e di sviluppo di progetto, operando prevalentemente nel settore dei servizi energetici, di processo e di trasformazione. Tra i temi al centro dell’interesse ci sono le colture energetiche dedicate e biomasse residue in agricoltura e le tecnologie per l’ambiente e le energie rinnovabili: processi catalitici per la produzione di biocarburanti, idrogeno, gas di sintesi e l’utilizzo di gas climalteranti; celle a combustibile a bassa temperature.

Gli obiettivi dell’Unità Operativa prevedono il miglioramento dell’efficienza complessiva delle filiere energetiche e bio-energetiche, l’analisi delle potenzialità delle filiere energetiche in relazione al territorio e degli impatti ambientali e del consumo di risorse rinnovabili nelle fasi di coltivazione, raccolta e conversione. E ancora l’unità operativa analizza la sostenibilità ambientale ed economica delle filiere, lavora per la riduzione dell’impatto ambientale a livello territoriale rispetto al quadro esistente, l contenimento dell’effetto serra, la trasformazione efficiente dell’energia chimica e l’utilizzo del legame chimico come vettore di energia. Si adopera infine per l’implementazione del livello tecnico/tecnologico dell’impiantistica di conversione di biocombustibili in energia e upgrading delle BAT relativamente all’impiantistica del settore.

Le competenze e i settori di attività del CIRI Bioenergie, mutuati prevalentemente dal vastissimo campo di attività e competenze delle istituzioni accademiche che vi afferiscono (Facoltà di Ingegneria di Bologna e Facoltà di Chimica Industriale di Bologna), si sviluppano trasversalmente a numerosi settori chiave, tutti afferenti al più vasto campo dei servizi energetici, di ricerca, di processo, nell’ambito di un’offerta destinata sia a partner industriali operanti nel settore dei combustibili e della filiera dell’idrogeno, che ad aziende di servizi (rifiuti ed energia), che ad Amministrazioni Locali.


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