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"Sugli obblighi di sicurezza sul lavoro nel caso di lavoratori distaccati"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
15/10/2012 -
Commento a cura di G. Porreca.
E’ breve questa sentenza della Corte di Cassazione penale ma
estremamente importante perché affronta un problema molto sentito quale è
quello della salute e della sicurezza dei lavoratori
distaccati. Nella stessa viene ribadito dalla Corte suprema quanto già
dalla essa affermato in una precedente sentenza emessa nel 2008 dalla Sez. IV penale
della stessa Corte e cioè che in caso di distacco dei lavoratori gli obblighi
in materia di salute e di sicurezza sul lavoro possono incombere sia sul datore
di lavoro che ha disposto il distacco che sul beneficiario della prestazione. Sul
primo, in particolare, incombe la responsabilità se non ha provveduto a fornire
al lavoratore distaccato dettagliate informazioni sui rischi specifici che può
correre nell’ambito della nuova organizzazione di lavoro, specie se tale lavoro
da fare è del tutto estraneo alle mansioni abitualmente svolte, e per quanto
riguarda il secondo la responsabilità si individua in quanto ai sensi dell’art.
2087 del codice civile questi assume in ogni caso una posizione di garanzia nei
confronti sia dei propri lavoratori dipendenti o di quelli ad essi equiparati
che di tutti quegli altri lavoratori che comunque dovranno prestare la loro
attività lavorativa per suo conto.
Il caso,
il ricorso e le decisioni della Corte di Cassazione
Il Tribunale ha condannato il titolare di
un impresa edile e stradale alla pena di
euro 1.800 d'ammenda in quanto colpevole dei reati di cui all’articolo 96,
comma 1, lettera a) e g) del D. Lgs. n. 81 del 2008 per avere omesso di
allestire nei luoghi di lavoro i servizi igienici assistenziali e di redigere altresì
il piano
operativo di sicurezza. Il Tribunale ha rilevato che l'imputato aveva
distaccato due suoi dipendenti presso il cantiere di un’altra ditta senza
effettuare i suddetti adempimenti gravanti su entrambi i titolari delle due ditte.
Il titolare dell’impresa ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione chiedendo
l’annullamento della sentenza e denunciando violazione di legge e vizio di
motivazione sull'affermazione di responsabilità avendo lo stesso provveduto
alla redazione del POS ed allestito inoltre i servizi igienici con locali
spogliatoio.
Il ricorso è stato dichiarato però dalla
suprema Corte inammissibile. La III Sezione penale ha fatto notare infatti che
con il ricorso era stata chiesta una nuova e diversa valutazione delle
risultanze processuali cosa che è invece riservata al giudice di merito e non è
consentita in sede di legittimità e che inoltre il ricorrente si era limitato nello
stesso ricorso ad adottare soltanto generici rilievi di carattere fattuale.
“
Il
ricorso, comunque, è manifestamente infondato”, ha quindi concluso la
suprema Corte, “
avendo la sentenza
fornito congrua, specifica e adeguata motivazione delle ragioni per le quali è
stato ritenuto colpevole delle riscontrate violazioni delle norme poste a
tutela della sicurezza dei lavoratori dipendenti stante che, in caso di
distacco, i relativi obblighi incombono sia sul datore di lavoro che ha
disposto il distacco sia sul beneficiario della prestazione, come affermato da questa
Corte nella sentenza n. 37079/2008.
La sentenza n. 37079/2008 del
30/9/2008 richiamata nella sentenza in esame era stata emessa dalla Sez. IV
della Corte di Cassazione penale a seguito di un infortunio mortale occorso ad
un lavoratore caduto da un ponteggio privo di parapetto durante alcuni lavori
di tinteggiatura. Per tale infortunio erano stati ritenuti responsabili due
fratelli uno in qualità di rappresentante legale di una ditta individuale e
datore di lavoro dell’infortunato e l’altro quale direttore dei lavori di
intonacatura di un immobile di sua proprietà per eseguire i quali il lavoratore
infortunato era stato inviato dal fratello coimputato. Entrambi i fratelli avevano
fatto ricorso alla Corte di Cassazione contestando l’applicazione nella circostanza
della normativa in tema di comando o distacco mancando i requisiti essenziali
per la configurabilità di tale istituto (la temporaneità e l’interesse del
distaccante) e sostenendo che alla vittima dell’infortunio era stato dato il
comando di recarsi a comprare dei pezzi di ricambio per un trattore utilizzato nella
ditta e che lo stesso era salito sul ponteggio dal quale era poi caduto di sua
iniziativa. Lo stesso, hanno sostenuto inoltre i coimputati, non assumeva la
veste di lavoratore in quanto con esso non era stato stipulato alcun rapporto
di lavoro.
In quella circostanza la Sez. IV
della Corte di Cassazione aveva ritenuto però entrambi i ricorsi infondati
ponendo in evidenza che, da quanto emerso dagli accertamenti, l’infortunato era
indiscutibilmente deceduto a seguito della caduta
da un ponteggio realizzato con modalità approssimative ed in violazione
delle norme di sicurezza previste dal D.P.R. n. 164/1956 e che era stato inoltre
escluso dalla Corte di Appello che il lavoratore fosse salito sul ponteggio di
sua iniziativa in quanto si era invece recato sullo stesso per svolgere la
propria attività lavorativa.
Per quanto riguarda l’asserita
mancanza di un rapporto di lavoro la Corte suprema aveva fatto rilevare che “
in materia di normativa antinfortunistica,
l'obbligo del datore di lavoro di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro si
estende anche ai soggetti che nell'impresa hanno prestato la loro opera, quale
che sia stata la forma utilizzata per lo svolgimento della prestazione. Ciò
vale, addirittura, quando si tratti di un lavoratore autonomo, ma ciò deve a
fortiori ritenersi allorquando si versi nell'ipotesi del distacco,
caratterizzata pur sempre da un rapporto di subordinazione ‘funzionale’ del
lavoratore rispetto a chi della sua opera si avvale, senza finanche quei
profili di autonomia organizzativa che caratterizzano l'attività del
collaboratore ‘autonomo’”.
“
È
di decisivo rilievo in proposito”, aveva quindi proseguito la Sez. IV, “
il disposto dell'articolo 2087 c.c., in
forza del quale, il datore di lavoro, anche al di là delle disposizioni
specifiche, è comunque costituito garante dell'incolumità fisica e della
salvaguardia della personalità morale di quanti prestano la loro opera
nell'impresa, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi all'obbligo
di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del
meccanismo previsto dall'articolo 40 c.p., comma 2”. “
Tale obbligo”, ha ribadito la Sez. IV
, “è di così ampia portata che non può distinguersi, al riguardo, che
si tratti di un lavoratore subordinato, di un soggetto a questi equiparato
(cfr. Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, articolo
3, comma 2) o, anche, di persona estranea all'ambito imprenditoriale, purché
sia ravvisabile il nesso causale tra l'infortunio e la violazione della
disciplina sugli obblighi di sicurezza”.
“
Le
norme antinfortunistiche”, aveva ancora sostenuto la Sez. IV in quella sentenza
del 30/9/2008, “
non sono dettate soltanto
per la tutela dei lavoratori, ossia per eliminare il rischio che i lavoratori
possano subire danni nell'esercizio della loro attività, ma sono dettate
finanche a tutela dei terzi, cioè di tutti coloro che, per una qualsiasi
legittima ragione, accedono là dove vi sono macchine che, se non munite dei
presidi antinfortunistici voluti dalla legge, possono essere causa di eventi
dannosi”. Le disposizioni prevenzionali, infatti, aveva ancora sostenuto la
Corte di Cassazione, “
sono da considerare
emanate nell'interesse di tutti, anche degli estranei al rapporto di lavoro,
occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere,
quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell'impresa” ciò
discendendo tra l’altro dalle disposizioni di legge in materia di sicurezza sul
lavoro in forza delle quali “
il datore di
lavoro prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche
adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare
l'ambiente esterno".
Comunque, aveva quindi concluso la
Sez. IV nella sentenza n. 37079 del 30/9/2008, indipendentemente dalla
responsabilità di chi ha usufruito della prestazione del lavoratore “comandato”
non è da escludere in ogni caso anche la responsabilità del datore di lavoro
che, consapevolmente, abbia autorizzato il distacco presso terzi di un proprio
dipendente ciò perché anche costui, quali che siano stati i rapporti interni
con chi ha prestato la propria attività lavorativa, è tenuto a rispettare le
disposizioni prevenzionali “
appartenendo
le norme antinfortunistiche al diritto pubblico ed essendo le stesse
inderogabili in forza di atti privati”. La responsabilità del distaccante,
in particolare, era stata individuata nell’occasione per aver inviato un
proprio lavoratore presso la ditta del fratello al fine di far svolgere allo
stesso un lavoro del tutto estraneo alle mansioni da questi svolte abitualmente
senza aver fornito al medesimo dettagliate informazioni
sui rischi specifici e senza collaborare all'attuazione delle misure di
prevenzione e protezione del lavoratore dal rischio di incidenti connessi alla
esecuzione della nuova e diversa prestazione.
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