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"La responsabilità per l’infortunio di lavoratore in stato di ebbrezza"

fonte www.puntosicuro.it / Normativa

07/01/2013 -
Commento a cura di G. Porreca.
 
La Corte di Cassazione affronta in questa sentenza il tema riguardante la individuazione della responsabilità nel caso in cui vittima di un infortunio sia un lavoratore in stato di ebbrezza alcoolica. Sono interessanti le conclusioni alle quali è pervenuta la suprema Corte in riferimento all’obbligo che il legislatore, con il D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., ha posto a carico del datore di lavoro di verificare mediante una apposita visita medica l’assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti (art. 41 comma 4 secondo periodo). Secondo la stessa Corte di Cassazione una condotta maldestra, inavvertita, scoordinata e confusionale da parte del lavoratore dovuta ad uno stato di ebbrezza alcolica equivale, ai fini dell’individuazione delle responsabilità nel caso di infortunio sul lavoro,  ad un comportamento imprudente del lavoratore stesso per fronteggiare il quale l’obbligo prevenzionistico è posto comunque a carico del datore di lavoro.

L’evento infortunistico e le sentenze di primo e secondo grado
La Corte di appello ha confermata la condanna già inflitta dal Tribunale di un datore di lavoro ritenuto responsabile del decesso di un lavoratore che, mentre svolgeva la sua attività quale suo dipendente, precipitava da un vano finestra posto a cinque metri di altezza dal suolo, riportando lesioni personali che ne cagionavano la morte. Il lavoratore era impegnato nei lavori di sigillatura del vano finestra di un locale sito al primo piano di un edificio presso il quale la ditta del datore di lavoro stava eseguendo dei lavori edili ed era stato accertato che per eseguire tale lavoro all'esterno del vano sul lato prospiciente il vuoto non erano state apprestate delle opere provvisionali.
 
Durante gi accertamenti non era stato possibile stabilire con assoluta certezza quale specifica operazione il lavoratore stesse eseguendo al momento della caduta e quindi per quale ragione egli avesse perso l'equilibrio, anche in considerazione dell'accertato stato di ebbrezza alcolica del lavoratore stesso al momento dell'incidente in quanto dopo il decesso era stato accertato che lo stesso presentava un tasso alcolemico pari a 2,40 grammi al litro, quindi un valore implicante una marcata alterazione delle performance psicofisiche con disturbi di equilibrio, atassia, sensazione di instabilità ed ebbrezza. L'incertezza sulle caratteristiche dell'operazione che il lavoratore stesse eseguendo prima di precipitare tuttavia non era stata ritenuta preclusiva del giudizio di responsabilità del datore di lavoro perché decisivo era risultato il fatto che il lavoratore fosse precipitato nel vuoto mentre si trovava in una posizione sopraelevata rispetto al pavimento senza che fossero state allestite le necessarie opere provvisionali antinfortunistiche.
 
Quanto allo stato di ebbrezza del lavoratore al momento dell’infortunio la Corte territoriale ha rilevato che era probabile che tale condizione avesse reso il lavoratore imprudente ma ciò rappresentava causa concorrente con il fatto ascrivibile al datore di lavoro e quindi non un fatto interruttivo del rapporto causale tra questo e l'evento medesimo, ciò in quanto l'osservanza della normativa antinfortunistica è prescritta anche allo scopo di evitare che al lavoratore derivino danni da propri comportamenti imprudenti, negligenti o imperiti, con l'esclusione del solo comportamento assolutamente abnorme.
 
Il ricorso in Cassazione e le decisioni della suprema Corte
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte di Appello. Secondo lo stesso la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare che proprio in ragione dello stato di ebbrezza del lavoratore questi non era in grado di apprezzare la presenza di presidi regolarmente posti secondo quanto prescrive la normativa e di utilizzare gli eventuali dispositivi in dotazione. Secondo lo stesso imputato inoltre il comportamento del lavoratore non poteva dirsi semplicemente negligente, imprudente, imperito, essendo sostanzialmente lo stesso all'inverso in condizione di incapacità di intendere e comunque non in grado di utilizzare correttamente le misure di prevenzione adottate.
 
Il ricorso non è stato però raccolto dalla Corte di Cassazione perché ritenuto infondato. Il vano finestra entro il quale doveva operare il lavoratore infortunato, ha sostenuto la Sez. IV, doveva in ogni caso essere provvisto di protezioni sul vuoto e quindi “ correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che l'essersi posto all'opera in stato di ebbrezza rappresenta una condotta colposa del lavoratore avente valore di concausa dell'evento prodottosi; come tale non idoneo ad escludere l'efficienza causale dell'inosservanza ascritta al datore di lavoro”. “ La condotta maldestra, inavvertita, scoordinata, confusionale per effetto dell'ebbrezza alcolica”, ha quindi proseguito la Corte suprema, “ null'altro è che un comportamento imprudente, anche a fronteggiare il quale è posto l'obbligo prevenzionistico facente capo al datore di lavoro” ed ha concluso che “è immune da censure, quindi, la Corte di appello quando ha ritenuto che non ricorre nel caso di specie alcun comportamento anomalo del lavoratore e che quindi non è rinvenibile un esso una causa da sola sufficiente a produrre l'evento”.
 
 
 
 
 

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