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"Sugli obblighi di vigilanza da parte del coordinatore per l’esecuzione"

fonte www.puntosicuro.it / Normativa

25/03/2013 -
Un’altra sentenza questa della Corte di Cassazione sugli obblighi di vigilanza da parte del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione nei cantieri temporanei o mobili nella quale viene posto in evidenza la necessità di un intervento da parte di quest’ultimo al fine di valutare eventuali provvedimenti da adottare, anche di sospensione dei lavori, nel caso che accerti il ricorso da parte dell’impresa esecutrice ad attrezzature di lavoro non previste nel piano di sicurezza e di coordinamento, specie se utilizzate in carenza di sicurezza sul lavoro.
 
L’evento infortunistico e l’iter giudiziario e il ricorso in Cassazione
Il Tribunale ha condannato il datore di lavoro di un’impresa ed il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione alle pene reputate di giustizia in relazione alle lesioni personali gravissime subite da un operaio alle dipendenze dell’impresa stessa il quale durante dei lavori di fornitura e montaggio di serramenti e rivestimenti delle facciate di un fabbricato, a seguito del ribaltamento della piattaforma sulla quale si trovava  per svolgere la propria attività, precipitava al suolo dall'altezza di circa 3 metri. La Corte d'Appello giudicando sulle impugnazioni proposte dagli imputati, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale che nel resto confermava, ha concesso le attenuanti riducendo la pena inflitta in primo grado.
 
Entrambi gli imputati hanno proposto separatamente ricorso per cassazione adducendo diverse motivazioni. Il coordinatore per l’esecuzione, in particolare, ha precisato che per i lavori in corso era prevista nel PSC ed era stata in effetti utilizzata in un primo momento una piattaforma/navicella a braccio poi sostituita su decisione del committente e per motivi di costi da un’altra attrezzatura per il sollevamento delle persone a pantografo di tipo verticale già utilizzata per lavori effettuati all’interno del fabbricato. Il coordinatore ha sostenuto di avere espressamente vietato l’uso di quella attrezzatura perché inidonea per i lavori all’esterno a cagione della sporgenza dei marciapiedi e perché il suo uso è consentito solo su superfici perfettamente piane e lisce così come non era quella di sistemazione dell’attrezzatura medesima. 
 
In definitiva quindi la Corte territoriale, secondo il coordinatore, aveva malamente interpretato i fatti reputando che la decisione di usare il sollevatore causa dell'incidente fosse stata presa da lui, che inoltre il POS non fosse stato modificato e che l'operaio infortunato non fosse stato formato ed informato, oltre che dotato dei presidi di sicurezza personali, dei quali tra l’altro non si era avvalso per sua scelta personale. Il coordinatore ha quindi ribadito nel suo ricorso che nel PSC era previsto l’uso di piattaforme aeree, indicando le relative prescrizioni e cautele d'uso, e che l’incidente era da addebitare ad un erroneo utilizzo dell’attrezzatura stessa. Questi ha posto altresì in evidenza che si recava in cantiere 3/4 volte alla settimana né poteva esigersi maggior presenza. che avrebbe potuto ordinare la sospensione dei lavori solo in caso di situazione di pericolo grave ed imminente e che nei sopralluoghi aveva accertato l’utilizzo in cantiere solo di cestelli su mezzi mobili ben diversi dall'elevatore di cui all’infortunio.
 
Il coordinatore ha escluso, altresì, che dovesse vigilare continuativamente sul cantiere, né poteva prevedere che l'elevatore di cui all’infortunio, che veniva utilizzato in condizione di piena sicurezza per lavori all’interno dell'edificio, venisse illogicamente adoperato sul marciapiedi esterno dove non vi era uno spazio utile sufficiente e corrispondente alle dimensioni della piattaforma, dotata di quattro ruote, delle quali le due anteriori sterzanti e motrici, ancor più in assenza di un operatore a terra addetto alle necessarie informazioni per gli spostamenti.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi e confermata la condanna degli imputati. La stessa ha in premessa sottolineata la carenza di sicurezza della navicella a pantografo utilizzata dal lavoratore al momento dell’infortunio e precipitata rovinosamente al suolo trattandosi di un macchinario mobile, dotato di ruote, incapace di mantenere la posizione in presenza di accidentalità o pendenze del terreno (e il marciapiedi era accidentato e in pendenza), al quale sarebbe comunque occorso spazio di manovra adeguato (invece risultava largo praticamente quanto il marciapiedi). La stessa ha inoltre posto in evidenza che non rispondeva al vero che la decisione di utilizzare l'elevatore a pantografo si dovesse attribuire come sostenuto ad autonoma decisione del lavoratore in quanto quello più sicuro a cestello già utilizzato era stato restituito al noleggiatore.

Per quanto riguarda la posizione del coordinatore e le sue dichiarazioni in merito alle modalità di vigilanza in cantiere la suprema Corte ha affermato che lo stesso aveva l'obbligo di vigilare sulla correttezza delle procedure al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori e non poteva, di certo, pretendere di andare esente da responsabilità assumendo di non aver preso visione del piano integrativo presentato dall’impresa né che l'infortunio fosse dipeso da un uso inadeguato dell'elevatore a pantografo dovuto a improvvisa scelta dell'operaio, il quale invece non aveva tenuto una condotta tale da potersi definire imprevedibile e tale da spezzare il nesso di causalità. “ Se egli, invece, avesse vigilato”, ha sostenuto la Sez. IV, “ si sarebbe dovuto accorgere (e si è visto che l'uso si protrasse per diversi giorni) che la macchina veniva utilizzata in assenza delle condizioni di bonifica minime dell'ambiente esterno per garantire la sicurezza del personale operante”.
 
Il coordinatore”, ha quindi concluso la suprema Corte, “ dotato delle necessarie competenze tecniche e assunta funzione allo scopo, omise, per restare alla fase esecutiva, di vigilare sul singolare metodo d'assicurare le protezioni individuali agli operai (i presidi, nella migliore delle ipotesi, venivano lasciati alla loro iniziativa non sindacata) e, qual che più è grave, lasciò che fosse impiegato nei lavori esterni l'elevatore in discorso, tipicamente impiegabile solo nei lavori al chiuso, senza prima essersi assicurato che l'area di lavoro fosse stata resa idonea ad un tal utilizzo. Da qui l'ineludibile conclusione che si ebbe a trattare di evento prevenibile e prevedibile, ove fossero state osservate le condotte doverose previste ed impedite quelle vietate”.
 
 
 

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