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"Sul concorso di responsabilità fra datore di lavoro e lavoratore"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
29/04/2013 -
La Corte di Cassazione ha confermata la condanna già inflitta dal
Tribunale e dalla Corte di Appello al datore di lavoro di una azienda ed
all’operatore di un apparecchio di sollevamento ritenuti
responsabili delle lesioni subite da un dipendente dell’azienda
investito dalla benna dell’apparecchio stesso durante le operazioni di
movimentazione dei carichi perché venutosi a trovare nella zona di
operazione dell’attrezzatura. Denunciata da parte degli imputati
l’imprudenza del lavoratore infortunato per essersi venuto a trovare in
tale zona di operazione, la suprema Corte ha ribadito quello che più
volte ha già affermato in passato e cioè che non è da considerarsi abnorme il comportamento del lavoratore,
per quanto imprudente e disattento, se lo stesso abbia comunque
compiuto delle mansioni che gli sono state attribuite ed abbia comunque
eseguito delle disposizioni che gli sono state impartite se un evento
infortunistico sia comunque da attribuire alla insufficienza di quelle
cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare il rischio
derivante dal comportamento imprudente medesimo.
Il caso e l’iter giudiziario
Il Tribunale ha affermata la penale responsabilità del
legale rappresentante di una ditta e di un lavoratore della stessa in ordine al
reato di cui all'articolo 590 cod. pen., per avere contribuito a cagionare
delle lesioni personali gravi ad un dipendente della ditta medesima. Al datore
di lavoro è stato contestato di non aver valutato i rischi derivanti dall'uso
di un apparecchio di sollevamento, con specifico riferimento ai rischi di
investimento durante le operazioni di movimentazione dei carichi sospesi, di non
avere altresì predisposto una idonea segnalazione e di non avere adottato
misure organizzative atte ad evitare possibili investimenti dei lavoratori.
All’operatore dell’apparecchio di sollevamento è stato invece contestato di
avere manovrato l'impianto di sollevamento senza essersi garantito dell'assenza
di persone nel raggio di azione dell'impianto stesso. Ad entrambi gli imputati pertanto
è stato contestato di avere provocato, a causa delle descritte condotte,
l'investimento del dipendente ad opera della benna manovrata dall’operatore
mediante radiocomando a seguito del quale il lavoratore subiva gravi lesioni
personali.
La Corte di Appello ha confermata la sentenza di condanna
del Tribunale ponendo in evidenza che l'infortunio si era verificato a seguito
della inosservanza di disposizioni di legge che prevedono espressamente misure
contro tale tipo di rischio, in relazione alla situazione di fatto in cui il
dipendente si trovava ad operare, ed inoltre che il comportamento dell'operaio
infortunato non poteva ritenersi né imprevedibile né abnorme, giacché il
dipendente aveva agito per eseguire una prestazione di lavoro allo stesso richiesta.
Il ricorso in
Cassazione e le decisioni della suprema Corte
Avverso la sentenza della Corte di Appello hanno proposto
ricorso per cassazione entrambi gli imputati sostenendo che l'infortunio si era
verificato a causa del comportamento imprevedibile e scriteriato posto in
essere dall’infortunato, il quale, per spostare un tubo flessibile, anche se
richiestogli, si era posizionato in prossimità dell' apparecchio di
sollevamento. Facevano altresì osservare gli stessi che
nella circostanza le modalità di lavorazione della benna non consentivano l'uso
di transenne, per delimitare l'area di operatività dell'apparecchio di
sollevamento e che l'adozione delle prescrizioni indicate dalla ASL non
avrebbero comunque impedito il verificarsi dell'infortunio, a fronte del
comportamento sventato del lavoratore infortunato.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso degli
imputati perché ritenuto infondato. La stessa ha ribadito che “
nessuna efficacia causale, per escludere la
responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento
negligente del medesimo lavoratore infortunato, che abbia dato occasione
all'evento, quando questo sia da ricondurre comunque alla insufficienza di
quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il
rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente”. Il
comportamento dell'operaio infortunato, ha fatto altresì notare la Sez. IV, non
poteva ritenersi né imprevedibile né abnorme, giacché il dipendente aveva agito
per eseguire una prestazione di lavoro su richiesta di uno dei ricorrenti.
“
La valutazione
effettuata dalla Corte territoriale”, ha quindi proseguito la suprema
Corte, “
si colloca nell'alveo
dell'orientamento espresso ripetutamente dalla Corte regolatrice, in
riferimento alla valenza esimente da assegnare alla condotta colposa posta in
essere dal lavoratore, rispetto al soggetto che versa in posizione di garanzia.
“
La Suprema Corte di Cassazione”, ha
così proseguito la Sez. IV, “
ha
ripetutamente affermato che le norme antinfortunistiche sono destinate a
garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione
della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le
prestazioni. Segnatamente, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che,
nel campo della sicurezza del lavoro, gli
obblighi di vigilanza
che gravano sul
datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il
lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che
può escludersi resistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui
sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia
provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento; che, nella
materia che occupa, deve considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua
stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di
controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di
prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e che l'eventuale colpa
concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i
soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili
della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica”.
“
La Suprema Corte”,
ha così concluso la Sez. IV, “
ha chiarito
che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del
lavoratore - come certamente è avvenuto nel caso di specie - che abbia compiuto
un'operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel
segmento di lavoro attribuitogli”.
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