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" Deposito incontrollato di rifiuti: responsabilità per omessa vigilanza 2 maggio 2013 "

fonte www.insic.it / Responsabilità sociale

03/05/2013 - Nella sentenza 1257/2012 il T.A.R. Piemonte ha dichiarato legittima l'ordinanza di un sindaco, con la quale era stato ingiunto ad una ditta che svolgeva attività di escavazione abusiva con presenza di materiali (terre e rocce da scavo) provenienti dall'esterno, di presentare un progetto di indagine ambientale (ex art. 242 D.Lgs. n. 152/2006) al fine di verificare l'eventuale soglia di contaminazione (CSC) nelle matrici ambientali impattate e di procedere alla rimozione, ed allo smaltimento dei rifiuti abbandonati sull'area, con ripristino dello stato dei luoghi, nell'eventualità che l'indagine ambientale evidenziasse il superamento della soglia di contaminazione(CSC).

Il TAR sottolinea che secondo l'attuale giurisprudenza, le esigenze di tutela ambientale disposte alla norma dall'art. 192 del D.lgs. n. 152/2006 includono tra i requisiti della colpa postulati da detta norma, anche l'omissione degli accorgimenti e delle cautele che l'ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un'efficace custodia e protezione dell'area, impedendo così che possano essere in essa indebitamente depositati rifiuti nocivi.
La ditta si era difesa richiamando, le norme del Codice Ambiente che addossano le conseguenze dell'inquinamento al soggetto che l'ha causato e non anche al proprietario delle aree solo perché tale. Inoltre, ha riferito che i materiali rinvenuti sarebbero stati ivi depositati da un'altra società (chiamata, quindi, contestualmente in causa quale contro-interessata) all'insaputa della proprietà.

Secondo la Corte, è vero che, ai fini del coinvolgimento del proprietario delle aree nell'opera di rimozione dei rifiuti e di ripristino dello stato dei luoghi, si richiede che la violazione sia a costui imputabile per dolo o per colpa (così come, del resto, già prevedeva l'art. 14 del D.lgs. n. 22/1997, che ne costituisce il precedente normativo): ma è anche vero che, nel caso di specie l'amministrazione ha, chiamato in causa la ditta ricorrente, pur solo proprietaria delle aree, "sotto il profilo del mancato controllo", ossia per l'omessa vigilanza (che senz'altro ad essa spettava in quanto avente la giuridica disponibilità dei luoghi) in ordine ai materiali che erano stati depositati presso la cava.

Secondo la Corte, anche se i materiali sarebbero stati depositati da un terzo in violazione degli obblighi contrattuali intercorrenti tra le parti, ai fini della corretta applicazione dell'art. 192 d.lgs. n. 152 del 2006, basta che l'amministrazione, in modo non manifestamente irragionevole, abbia rinvenuto un coinvolgimento colposo della ditta ricorrente nell'abbandono dei rifiuti: ciò, in particolare, in considerazione della qualifica di "operatore professionale" della ricorrente, qualifica che, in base al diritto comunitario(art. 2, par. n. 6, della direttiva n. 2004/35/CE) dell'ambiente, fa sorgere una particolare posizione di controllo ambientale sull'attività svolta.

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