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"Quando la validazione di una buona prassi è in conflitto con la legge"

fonte www.puntosicuro.it / Normativa

28/11/2013 - La problematica in oggetto prende le mosse dalla richiesta di un'azienda metallurgica bresciana di richiedere la collaborazione del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale - Università degli Studi di Brescia, allo scopo di predisporre “un sistema di video monitoraggio nell'incrementare il livello di sicurezza aziendale”.
 
Tale progetto si proponeva di individuare sia le “condizioni a rischio”, sia “i comportamenti a rischio o sicuri”, così da poter “conseguentemente intraprendere mirate azioni correttive e migliorative attraverso un continuo processo di feedback”.
Rispetto all'obiettivo, si riteneva perciò che “di primaria importanza è la predisposizione e l'erogazione di interventi formativi che sfruttino sia le videoriprese per evidenziare rischiose modalità di svolgimento delle attività lavorative ( comportamenti a rischio) da analizzare e correggere, che videoriprese delle migliori modalità lavorative ( comportamenti sicuri) da selezionare e diffondere come prassi aziendale”. (1)
 
L'implementazione del sistema ha poi fatto sì che  “grazie all'analisi delle videoriprese è stato possibile definire un elenco di priorità di interventi da attuare per il miglioramento del livello di sicurezza in azienda. Per ciascuna delle criticità evidenziate si è anche suggerita la modalità di intervento da intraprendere: tecnico, organizzativo e/o formativo.
Inoltre, per ciascuno dei comportamenti a rischio individuati, si sono resi disponibili numerosi spezzoni di videoriprese utilizzabili per massimizzare l'incisività e l'efficacia degli interventi formativi correttivi. ….

Un altro beneficio connesso con l'utilizzo del sistema, riguarda il monitoraggio della performance di sicurezza. Infatti, i dati raccolti tramite l'analisi delle videoriprese hanno permesso di introdurre in azienda un sistema di misura e monitoraggio che non si basasse solo sulla valutazione di indicatori di tipo reattivo, sostanzialmente connessi con accadimenti infortunistici, ma che contenesse prevalentemente indicatori di tipo proattivo, ovvero indicatori che misurano ciò che precede il verificarsi dell'evento incidentale, cioè gli eventi che sono precursori di un potenziale danno e consentono quindi un approccio alla gestione della sicurezza di tipo preventivo e non solo correttivo (…)”. (1)

Il progetto, a titolo “ Utilizzo della videosorveglianza per incrementare il livello di sicurezza sul lavoro”, veniva infine proposto alla Commissione consultiva permanente per la validazione come “buona prassi”, ex art. 6, comma 8, lett. d), del D.Lgs. 81/08:
 
Articolo 6 - Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
(...)
8. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha il compito di:
(...)
d) validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
(...)
 
In data 29 maggio 2013, il progetto veniva validato come “ buona prassi” dalla Commissione consultiva, con voto contrario della CGIL.
Preoccupazione dell'organizzazione sindacale era quella di salvaguardare il diritto generale dei lavoratori garantito dall'art. 4, commi 1 e 2, della legge 300/70 (cd. Statuto dei lavoratori)
 
Legge 20 maggio 1970, n. 300 - Norme sulla tutela della libertà e dignità del lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nel luoghi di lavoro e norme sul collocamento
 
Art. 4 - Impianti audiovisivi.
 
1. È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
2. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti
 
e la protezione dei dati personali di cui al D.Lgs. 196/03, specie l'art. 114.
 
Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 - Codice in materia di protezione dei dati personali
 
Art. 114. Controllo a distanza
 
1. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
 
Sulla base di questo assunto, l'organizzazione sindacale poneva ricorso al giudice del lavoro, chiedendo di dichiarare “la illegittimità e illiceità e comunque l'inefficacia dell'atto [validativo] nonché di “inibire la diffusione in quanto validata della supposta “buona prassi”...”.
Le parti costituite in giudizio, Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed INAIL, eccepivano (INAIL) il difetto assoluto di giurisdizione.
Il giudice adito, con sentenza del 13 novembre 2013, accoglieva l'eccezione di difetto assoluto di giurisdizione - cioè la non applicabilità della tutela giurisdizionale alla materia. E, nel motivarla, illuminando la gerarchia delle fonti giuridiche, introduceva un importante principio.
Non può esserci tutela giurisdizionale - argomenta il giudice - perché l'atto validativo della “buona prassi” “non ha valenza autoritativa e, come tale, non è in grado di incidere sui diritti dei lavoratori .”
Conseguenza sarà che “il comportamento adottato poi da ogni singola impresa potrà sempre essere sindacabile dinanzi al giudice” se considerato in violazione delle norme vigenti.
 
A rafforzamento di tale conclusione, ed accogliendo quanto sostenuto dalla difesa dell'INAIL, il giudice rileva che “la validazione assume la medesima valenza di una circolare amministrativa la quale non è sindacabile dinanzi all'autorità giudiziaria, ... rimanendo priva di effetti se contra legem.”
 
In questa sorta di eterogenesi dei fini, viene dunque affermato quanto veramente stava a cuore all'organizzazione sindacale ricorrente: la validazione di una (qualsiasi) “buona prassi” decade nel caso venga a porsi in conflitto col dettato di legge.
 
Ciò naturalmente non vuole avere incidenza (né lo voleva il ricorso CGIL) sulla specifica “buona prassi” posta in essere dall'azienda bresciana. La quale, peraltro ha provveduto al “preventivo accordo sindacale stipulato tra azienda e le Rappresentanze Sindacali Unitarie”, garantendo che “inoltre il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è stato costantemente coinvolto, sia a livello decisionale e di controllo, come membro del Comitato di Indirizzo del progetto, sia a livello operativo all'interno del gruppo di lavoro che ha progettato, implementato ed utilizzato il sistema di videomonitoraggio e di misura delle prestazioni.”
 
Resta probabilmente aperto - per es. ad avviso del Prof. V. Angiolini, che per la CGIL ha presentato il ricorso - il problema se davvero ci si trovi in presenza di un “difetto assoluto di giurisdizione”.
 
Ma così ha deciso il giudice e dunque il giudizio può venir messo in discussione soltanto da eventuali pronunce contrarie.
Evidenzio soltanto come, seguendo l'argomentazione del giudice, parrebbe venir messa in discussione, invece, la valenza autoritativa delle “ Indicazioni della Commissione consultiva per la valutazione dello stress lavoro-correlato”.
 
Tali indicazioni - nella creatività che contraddistingue il normatore nostrano - hanno infatti visto la luce sotto forma di lettera circolare.
Ma, scrive il giudice, “Le circolari amministrative sono atti meramente interni della pubblica amministrazione e, come tali, non possono spiegare effetti nei confronti dei soggetti estranei all'amministrazione e non costituiscono fonte di diritti a favore di terzi...”.
 
Buon lavoro.
 
 
Pietro Ferrari
Dipartimento Salute Sicurezza Ambiente Camera del Lavoro di Brescia
 
 
 
(1) I corsivi sono tratti dal “Modello di presentazione per la validazione ai sensi dell'art. 6, comma 8, lettera d) del D.Lgs, 81/08 e s.m.i.” proposto dal Dipartimento di Ingegneria di Brescia.
 

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