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"Sicurezza: l'amministratore di condominio può anche considerarsi committente nei lavori appaltati, ma il giudice deve accertare i poteri in concreto attribuitigli dall'assemblea"

fonte Nicola Pignatelli, avvocato in Barletta / Sicurezza sul lavoro

07/01/2014 -

Un amministratore di condominio era stato condannato in primo grado alla pena dell’ammenda, per i reati:


a) di cui al D.Lgs. n. 81/2008, art. 26, comma 1, lett. a) e b), art. 55, comma 4, lett. d), per avere affidato i lavori di abbattimento di una pianta di rilevanti dimensioni, ubicata all’interno del giardino condominiale, senza verificare l’idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice ed, in particolare, per non avere verificato detta idoneità, anche mediante l'acquisizione di autocertificazione, in relazione alla pregressa esperienza lavorativa acquisita ed in relazione alla disponibilità dei dipendenti e di idonee attrezzature da lavoro e per non aver fornito ai soggetti incaricati dell’esecuzione dell’intervento dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui erano chiamati ad operare e sulle misure di prevenzione ed emergenza adottate dal condominio;


b) di cui al D.Lgs. n. 81/2008, art. 26, comma 2, lett. a) e b) e art. 55, comma 4, lett. d), per avere, in collaborazione con i datori di lavoro delle ditte e con i lavoratori autonomi presenti nel giardino condominiale, omesso di provvedere a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e a coordinare, attraverso la reciproca informazione, gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera.


L’amministratore aveva proposto ricorso per cassazione, sostenendo di non aver mai preso parte all’esecuzione delle opere, né di essersi in alcun modo ingerito nell’organizzazione, nella direzione e nell’esecuzione delle stesse, agendo dunque quale mero committente, concedendo l’appalto alla società che poi aveva materialmente provveduto, avvalendosi di terzi, all’abbattimento della pianta e senza pertanto assumere la posizione di “datore di lavoro” erroneamente attribuitagli nella sentenza del Tribunale.


Lamentava, poi, che il Tribunale gli aveva attribuito l’inosservanza di obblighi antinfortunistici, nonostante il suo ruolo di mero committente.


La Cassazione, con una pronuncia depositata nell’ottobre del 2013, annullando la condanna in primo grado, ha puntualizzato alcuni principi, per la corretta applicazione dei quali ha rinviato “nuovamente” al Tribunale, per un nuovo (e più “completo”) giudizio nel quale accertare se e in che termini possa muoversi un rimprovero penale all’amministratore.


In primis, ha affermato come – per procedere correttamente alla valutazione del comportamento dell’amministratore – il Tribunale avrebbe dovuto verificare se il ricorrente potesse o meno considerarsi quale titolare di una posizione di garanzia che gli imponesse di assicurare la sicurezza del lavoro, anche alla luce della ratio sottesa all’art. 26 del T.U. Sicurezza (ratio individuata nel garantire una rafforzata tutela della sicurezza sul lavoro, coinvolgendo anche il committente attraverso la previsione di specifici obblighi sullo stesso gravanti).


In virtù di questa ratio – afferma la Corte di cassazione – può ritenersi come, “nell'affidare i lavori all’appaltatore, il committente non sia automaticamente esonerato dall’osservare le norme di sicurezza che avrebbe necessariamente dovuto applicare in caso di diretta esecuzione dell’intervento, continuando a gravare anche sulla sua persona, seppure entro certi limiti, il debito di sicurezza verso i lavoratori impegnati nell’esecuzione delle opere appaltate”.


Sulla base di quanto evidenziato, continua la Corte, se è pacifico che, in base alla richiamata disciplina, l’amministratore di un condominio possa assumere la posizione di garanzia propria del datore di lavoro nel caso in cui proceda direttamente (ciò che nel caso concreto non è avvenuto) all’organizzazione e direzione di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio stesso, ciò non esclude che, in caso di affidamento in appalto di dette opere, tale evenienza non lo esoneri completamente da qualsivoglia obbligo, ben potendo egli assumere, in determinate circostanze, la posizione di committente ed essere, come tale, tenuto quanto meno all’osservanza di ciò che è stabilito dall’art. 26 del D.Lgs. n. 81 del 2008.


Fermo quanto fin qui evidenziato, la Cassazione, avverte, però, come, nel caso concreto, vi fosse un’altra circostanza di cui doverosamente il Tribunale avrebbe dovuto tener conto.


In sostanza, in base al concreto svolgersi dei fatti, la Cassazione arriva anche a ritenere che all’amministratore ben si sarebbe potuta attribuire la qualifica di committente e, quindi, “addossargli” la responsabilità per non aver ottemperato a quanto richiesto dall’art. 26 del T.U., ma tutto questo “a patto che” il Tribunale avesse tenuto conto di una circostanza di “decisivo rilievo”, ossia del fatto che “l’appalto dei lavori era stato deciso ed assegnato mediante delibera dell’assemblea condominiale alla quale l’amministratore, ad essa vincolato, era tenuto a dare concreta attuazione”.


In questo caso, dunque, il giudice del merito, avrebbe dovuto considerare che l’imputato aveva agito nella peculiare qualità di amministratore di un condominio (e, quindi, non avrebbe dovuto prescindere dall’effettuare un “pieno accertamento” circa il ruolo effettivamente svolto dall’amministratore medesimo nella stipulazione del contratto e nella sua successiva attuazione, considerando anche l’ambito di autonomia di azione di cui egli eventualmente disponeva ed i poteri decisionali concretamente attribuitigli dall’assemblea).


Soltanto dopo tale necessaria verifica fattuale il Tribunale avrebbe dovuto, poi, accertare la effettiva riconducibilità dell’attività espletata alle fattispecie contemplate dalle disposizioni precedentemente richiamate.


Di qui “la restituzione delle carte” nuovamente al Tribunale, affinché questo potesse compiere con maggiore compiutezza la valutazione del ruolo dell’imputato e della sua eventuale sottoposizione a sanzione penale.


Cass. pen. Sez. III, Sent., 15-10-2013, n. 42347


[a cura di Nicola Pignatelli, avvocato in Barletta - avvocatonicolapignatelli@gmail.com]

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