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"Società di capitali: l’individuazione del datore di lavoro e la delega"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
05/05/2014 -
Commento
Due i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione in questa sentenza riferiti uno alla
individuazione della posizione di garanzia
e delle responsabilità in materia di salute e di sicurezza sul lavoro in seno ad una
società di capitali e l’altro sui
limiti della validità della delega con
riferimento ai contenuti delle funzioni delegate. Il primo è quello che
la stessa Corte di Cassazione ha avuto modo di stabilire in diverse
precedenti sentenze e cioè quello secondo il quale nelle imprese
gestite da società di capitali gli
obblighi inerenti la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro,
posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano
indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione e
quello secondo il quale, anche di fronte alla presenza di una eventuale
delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, specifica e
comprensiva dei poteri di deliberazione e di spesa, tale situazione può
ridurre la portata della posizione di garanzia gravante sugli altri
componenti dl consiglio ma non escluderla integralmente perché
permangono comunque i doveri da parte di questi di controllo del
generale andamento della gestione dell’azienda e di intervento
sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega.
Il secondo principio riguarda invece la effettiva
validità della delega. In presenza di strutture aziendali complesse, ha infatti tenuto a rimarcare la suprema Corte, la delega di funzioni esclude
la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti se gli stessi sono
risultati legati ad occasionali disfunzioni mentre, se sono invece
determinate da difetti strutturali aziendali o da processi produttivi,
permane la responsabilità dei vertici aziendali e quindi di tutti i
componenti del consiglio di amministrazione. Se fosse vero il contrario,
ha infatti messo in evidenza la suprema Corte, si violerebbe il
principio del
divieto di totale derogabilità della posizione di garanzia il
quale prevede che pur sempre permangono a carico del delegante gli
obblighi di vigilanza e di intervento sostitutivo. Anche in presenza di
una delega di funzioni ad uno o più amministratori, ha aggiunto infatti
la suprema Corte, la posizione di garanzia degli altri componenti del
consiglio di amministrazione non viene meno, pur in presenza di una
struttura aziendale complessa, per quanto riguarda le scelte aziendali
sulla organizzazione delle lavorazioni di più alto livello che sono di
stretta competenza del datore di lavoro.
Il fatto
Il legale rappresentante di
una società per azioni è stato tratto a giudizio avanti il Tribunale per
rispondere del delitto p. e p. dagli artt. 40, comma secondo, e 590, comma
secondo, del codice penale perché, per colpa consistita nell'aver omesso di adottare
tutti gli accorgimenti necessari per la sicurezza dei lavoratori impegnati
nell'utilizzo delle attrezzature di sollevamento di carichi (fusti metallici)
ed in particolare nell'avere omesso di assicurarsi che tali operazioni
venissero correttamente progettate nonché adeguatamente controllate ed
eseguite, in violazione dell'art. 35 comma 4 ter del D. Lgs. n. 626/1994,
poneva in essere la causa delle lesioni subite da un lavoratore il quale,
mentre effettuava un'operazione di sollevamento di un fusto metallico del peso
di 830 Kg. senza utilizzare gli appositi accessori (denominati rane), veniva
colpito al volto da una trave di legno sospinta dal peso del fusto sganciatosi
improvvisamente dai sostegni e riportava lesioni personali dalle quali derivava
una malattia giudicata guarita in oltre quaranta giorni, con conseguente
incapacità di attendere alle normali occupazioni protrattasi per uguale periodo
di tempo.
Il
Tribunale ha riconosciuto quindi l'imputato colpevole del reato
ascritto e lo ha condannato alla pena di tre mesi di reclusione, sospesa ex
art. 163 del codice penale, ed al
risarcimento dei danni alla parte civile da liquidarsi in separata sede. Il
giudice di primo grado ha riconosciuto infatti il
legale rappresentante della società come soggetto investito della
qualifica di datore di lavoro, escludendo che la delega in materia di
prevenzione infortuni e di igiene del lavoro conferita con una delibera
assembleare ad altro componente del consiglio potesse considerarsi come vera e
propria delega di funzioni idonea a trasferire gli obblighi di prevenzione e
sorveglianza del datore di lavoro al delegato. Il Tribunale in merito ha
osservato infatti che:
- la delega difettava del requisito di
specificità in ordine ai compiti attribuiti, non preventivamente e
dettagliatamente indicati;
- in essa non vi era prova della capacità
tecnica del delegato;
- nella stessa non vi era alcun riferimento al potere di spesa del delegato ed alla sua piena autonomia
decisionale nonché alla disponibilità di mezzi adeguati in relazione alla
natura e complessità dell'incarico, disponibilità che persisteva invece in capo
al rappresentante legale;
- al datore di lavoro era in ogni caso
addebitabile la mancata valutazione del rischio e la negligente redazione del
documento di valutazione dei rischi, attività queste dallo stesso non
delegatali.
La
Corte di Appello ha successivamente confermata la decisione
impugnata ponendo in evidenza a sua volta che:
- la qualità di datore di lavoro, dunque non
solo di legale rappresentante della società, è stata spesa dallo stesso
imputato in diversi atti e documenti della società;
- in un verbale di riunione dell’assemblea dei
soci nella quale era stato specificato il contenuto delle deleghe attribuite ai
vari componenti del consiglio di amministrazione non è stata fatta nessuna
menzione ai poteri di gestione e di spesa attribuiti al delegato essendo
risultata invece l’attribuzione al delegato di un potere di generale direzione
dello stabilimento che lo ha visto assumere semmai la qualità di preposto,
essendo invece mantenuti dal presidente indiscussi poteri di gestione
dell'impresa comprensivi degli atti di straordinaria amministrazione e senza
limiti di spesa;
- non è risultato che il delegato avesse accettato la delega;
- la ridotta capacità tecnica del delegato è
stato il motivo per cui lo stesso non si
era avveduto del rischio insito nella movimentazione dei gusci dallo stesso
progettata;
- il ruolo di responsabile del servizio di
prevenzione e protezione attribuito al delegato non ha implicato comunque la sua assunzione della qualità di delegato
alla sicurezza;
- la società aveva un solo stabilimento,
quello presso il quale è accaduto l’infortunio dove operavano 27 dipendenti e
non 40 sicché anche le dimensioni dell'impresa non consentivano di attribuire rilevanza al principio di
affidamento al fine dell'esonero della responsabilità;
- la nomina del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione ed i compiti allo stesso affidati di effettuare la
valutazione dei rischi e di elaborare le misure preventive e protettive e le
procedure di sicurezza relative alle varie attività aziendali non hanno fatto
venir meno il dovere di vigilanza e di controllo del rappresentante legale
della società.
Il ricorso in
Cassazione e le motivazioni
Avverso la sentenza della Corte di
Appello ha proposto ricorso per cassazione il rappresentante legale della
società sulla base di due motivi. Come primo lo stesso ha contestato
l’attribuzione fattagli della qualifica di datore di lavoro ed il
conseguente riconoscimento, a suo carico, della posizione di garanzia in
relazione all'incidente occorso al dipendente. Ha messo in evidenza al riguardo
che la Corte di Appello non aveva tenuto conto della organizzazione effettiva
dell’azienda limitandosi invece a considerare solo quella formale in base alla
quale lo stesso era stato individuato come datore di lavoro della struttura. Ad
avvalorare in particolare quanto dallo stesso sostenuto, il legale
rappresentante ha messo in evidenza che, al di là della regolarità o meno della
delega presa in considerazione dal Tribunale, il direttore della struttura, che
tra l’altro ricopriva già tale mansione da diversi anni, era anche componente
del consiglio di amministrazione e che
lo stesso, con una delibera dell'assemblea dei soci, era stato incaricato a
sovraintendere all'attività dello stabilimento e ad accertare che i lavori
fossero stati predisposti e condotti nell'osservanza delle normative in materia
di infortuni e di igiene sul lavoro. Lo stesso direttore, ha sostenuto il
ricorrente, era dotato, altresì, di poteri di organizzazione dello stabilimento
e di poteri illimitati di spesa all'interno dell'azienda e non doveva essere
previamente autorizzato dal legale rappresentante per effettuare acquisti o prendere
iniziative in materia di sicurezza sul lavoro oltre ad essere stato colui che
ha progettato personalmente la procedura di sollevamento dei gusci mediante le
cosiddette "rane". L’imputato quindi ha aggiunto che la Corte di
Appello, non tenendo conto della organizzazione di fatto presente nella
gestione dell’azienda, aveva invece dato rilevanza nella sua decisione al mero
dato formale della firma apposta dallo stesso sul documento di valutazione
rischi.
Con il secondo motivo, l’imputato
ha posto in evidenza che, in conformità con il principio di diritto affermato
dalla Corte di Cassazione in proprie precedenti sentenze, la veste sostanziale di datore di lavoro doveva
essere attribuita al direttore dello stabilimento e consigliere di
amministrazione. L’imputato ha fatto presente infatti che, secondo quanto affermato dalla stessa Corte di
Cassazione (sentenza n. 12370 del 9/3/2005 Sez. III) “
nelle persone giuridiche e segnatamente nelle società di capitali il
datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari di poteri
decisionali e di spesa all'interno dell'azienda e quindi con i vertici
dell'azienda stessa, quali il presidente del consiglio d'amministrazione,
l'amministratore delegato o un componente del consiglio d'amministrazione al quale
siano state attribuite le relative funzioni o nel preposto ad un determinato
stabilimento. Nell'eventualità di una ripartizione di funzioni e di compiti
nell'ambito del consiglio d'amministrazione ai sensi dell'articolo 2381 c.c.,
dei fatti illeciti compiuti dall'amministratore delegato o dal preposto ad un
determinato stabilimento, risponde solo quest'ultimo, salvo che gli altri
amministratori abbiano dolosamente omesso di vigilare o, essendo a conoscenza
di atti pregiudizievoli per la società o dell'inidoneità del delegato, non
siano intervenuti”.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il
ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione e
quindi rigettato.
“
Questa Corte”, ha sostenuto la Sez. IV, “
in plurime sentenze, ha già avuto modo di statuire che nelle imprese
gestite da società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli
infortuni ed igiene sul lavoro, posti dalla legge a carico del datore di
lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione” ed ha aggiunto che infatti “
anche di fronte alla presenza di una
eventuale delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, specifica e
comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, tale situazione può ridurre la
portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del
consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere
trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di
intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega” e “
ciò in perfetta sintonia con quanto previsto
dall'art. 2392 c.c., in tema di s.p.a. e vigente all'epoca dei fatti. Tale
disposizione, nel prevedere che gli amministratori nella gestione della società
devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo,
stabilisce che anche se taluni compiti sono attribuiti ad uno o più
amministratori, gli altri componenti sono solidalmente responsabili se non
hanno vigilato sul generale andamento della gestione”.
In merito poi alla validità della delega in presenza
di difetti strutturali o di processo dell’azienda la suprema Corte ha inoltre
tenuto a precisare che “
in sostanza, in
presenza di strutture aziendali complesse, la delega di funzioni esclude la
riferibilità di eventi lesivi ai deleganti se sono il frutto di occasionali
disfunzioni; quando invece sono determinate da difetti strutturali aziendali e
del processo produttivo, permane la responsabilità dei vertici aziendali e
quindi di tutti i componenti del consiglio di amministrazione. Diversamente
opinando, si violerebbe il principio del divieto di totale derogabilità della
posizione di garanzia, il quale prevede che pur sempre a carico del delegante
permangano obblighi di vigilanza ed intervento sostitutivo”.
“
In definitiva”, ha quindi concluso la Sez. IV, “
anche in presenza di una
delega di funzioni
ad uno o più amministratori (con specifiche attribuzioni in materia di
igiene del lavoro), la posizione di garanzia degli altri componenti del
consiglio non viene meno, pur in presenza di una struttura aziendale complessa
ed organizzata, con riferimento a ciò che attiene alle scelte aziendali di
livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni che attingono
direttamente la sfera di responsabilità del datore di lavoro”. E ciò, ha
evidenziato la Corte di Cassazione, è quello che è accaduto nel caso in esame
nel quale è stato riscontrato che la violazione delle disposizioni a tutela
della sicurezza dei lavoratori hanno riguardato un aspetto strutturale e
permanente del processo produttivo interno allo stabilimento e in particolare un momento particolarmente
delicato, quale quello del sollevamento dei gusci, mai sottoposto ad adeguata
attenzione e anzi neppure considerato nel documento di valutazione dei rischi.
Tale violazione pertanto, in definitiva, non poteva imputarsi ad un fattore
contingente e occasionale o comunque non prevedibile, ma si è rivelata talmente
grave e "
strutturale", da
investire indubitabilmente compiti e decisioni di alto livello aziendale non
delegabili e proprie di tutto il consiglio di amministrazione ed, in ogni caso,
obblighi di sorveglianza e denuncia gravanti su ciascuno dei suoi componenti.
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