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"Storie di infortunio: una storia che si ripete"
fonte www.puntosicuro.it / RISCHIO ELETTRICO
03/03/2015 -
l Centro regionale di
Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ( Dors)
raccoglie storie d'infortunio rielaborate dagli
operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di
infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una
condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione.
In questa storia, dal titolo “Una storia che si ripete” (a cura Roberto
Nicola Servizio Pre.S.A.L. della Asl TO4), due lavoratori sono rimasti
folgorati a distanza di alcuni anni l’uno dall’altro.
RPS
Cosa è successo
Due operai sono rimasti folgorati
a distanza di alcuni anni l’uno dall’altro, a causa del avvicinamento
accidentale del braccio di un’ autobetonpompa
ai cavi in tensione degli elettrodotti che sovrastavano l’area di lavoro.
Entrambi sono sopravvissuti.
Chi è stato coinvolto
Prima è stato coinvolto Diego, un
operatore addetto alla manovra del braccio di un’autobetonpompa con 11 anni di
esperienza come pompista e poi, 19 anni dopo, Marco, un autista, che stava
seguendo le operazioni di travaso tra una autobetoniera e l’autobetonpompa che
Diego stava manovrando.
Nel primo infortunio, il
passaggio di corrente aveva procurato a Diego ustioni diffuse a chiazze di
primo, secondo e terzo grado con marchi elettrici di entrata nel palmo delle
mani e uscita nei piedi; la prognosi iniziale fu di 40 giorni.
Nel secondo infortunio, Diego è
rimasto illeso ma Marco ha subito ustioni di secondo e terzo grado su circa il
60% della superficie corporea, in particolare volto, tronco e gamba sinistra; è
guarito dopo numerosi interventi di chirurgia plastica e alcuni mesi di assenza
dal lavoro.
Dove e quando
Diego si è infortunato nel 1992,
a inizio ottobre alle 16 in aperta campagna ai confini di una periferia urbana
al termine di lavori di getto di calcestruzzo nel cantiere di posa di un
metanodotto. Marco nel 2011 a fine luglio intorno alle 17, in un cantiere di
un’area industriale dove era in costruzione un fabbricato.
Come
L’infortunio del 1992 è avvenuto
al termine delle operazioni di getto sul fondo di uno scavo quando Diego ha
deciso di pulire i tubi del braccio dell’autobetonpompa. Infatti, era
necessario evitare che il calcestruzzo contenuto nei tubi si compattasse
durante il viaggio di ritorno verso l’impianto di betonaggio, rendendo la
pulizia ancora più problematica. Diego ha quindi dispiegato verso l’alto il
braccio dell’autobetonpompa, portandolo in posizione verticale in modo da
facilitare il deflusso del materiale che si trovava all’interno dei condotti.
La movimentazione del braccio era comandata da una pulsantiera che Diego teneva
tra le mani.
Mentre osservava il defluire del
calcestruzzo verso la vasca di pompaggio, Diego ha comandato un ulteriore
movimento del braccio che, avvicinatosi ai cavi dell’alta tensione (130 kV) situati
a circa 22 m di altezza, ha generato un arco elettrico
accompagnato da una fiammata e un forte boato. Il rapido passaggio di corrente
verso terra attraverso la struttura metallica dell’autobetonpompa, ha
scaraventato Diego ad alcuni metri di distanza e gli ha procurato ustioni
diffuse di primo, secondo e terzo grado.
“Avevamo terminato la gettata;
quando mi stavo allontanando con il mio camion ho sentito uno scoppio e ho
visto il mio collega che veniva scaraventato a 5 metri di distanza dal suo
camion. Ricordo che il braccio della pompa era allungato al massimo ma non in
verticale. Ricordo altresì che la parte più alta del braccio era circa a mezzo
metro dal cavo di alta tensione.
Quando sono sceso dal mio camion per soccorrere il collega si è verificato un
secondo scoppio e ricordo di aver visto la fiammata.”
Dopo quell’infortunio Diego ha
continuato a lavorare come addetto all’autobetonpompa fino a quando, nel 2011,
durante le operazioni di getto di colonne in calcestruzzo poste al primo piano
fuori terra di una struttura in via di realizzazione, si è verificato un secondo
infortunio.
Diego aveva condotto in cantiere
un’autobetonpompa e Marco un’autobetoniera. Quest’ultima era stata accostata
all’autobetonpompa in cui scaricava il calcestruzzo
che era pompato in alto per gettare i pilastri del fabbricato in costruzione.
Diego si trovava sulla soletta
del primo piano e comandava il braccio della autobetonpompa con la pulsantiera
dotata di radiocomando.
Marco era in piedi tra i due
mezzi appoggiato alle strutture in metallo delle betoniere e controllava lo
scarico dell’autobetoniera nell’autobetonpompa.
Si doveva gettare l’ultimo
pilastro e Diego stava controllando la posizione del tubo di getto; la manovra
richiedeva particolare attenzione per la presenza di parti di ponteggio che
ostacolavano i movimenti del tubo.
“Le operazioni di posizionamento
e getto dei pilastri del primo piano erano rese difficili dalla presenza dei
tubi del ponteggio che si innalzavano per diversi metri dalla soletta; ciò
obbligava a sollevare il braccio della pompa in modo da scavalcarli.”
L’area di lavoro era sovrastata
da una linea elettrica ad alta tensione (130 kV) e quando Diego si è avvicinato
con il braccio della pompa ai conduttori della linea è scoccato un arco tra
conduttore elettrico e parte metallica del braccio dell’autobetonpompa, seguito
da un lampo e un boato. La corrente si è propagata verso terra fino al punto
dove si trovava Marco provocandogli ustioni di secondo e terzo grado sul 60%
della superficie corporea. Diego invece non ha avuto alcun danno.
Perché?
In entrambe le circostanze Diego
era intervenuto in cantiere come addetto al getto di calcestruzzo, con la
mansione di manovratore dell’autobetonpompa.
Nel primo caso quando si è
verificato il passaggio di corrente Diego stava controllando il fluire del
calcestruzzo alla base delle condutture e nel secondo stava controllando gli
spostamenti del tubo di getto in una zona dove erano presenti ostacoli fissi.
In entrambi i casi non si è accorto che manovrando il braccio della pompa si
avvicinava ai conduttori delle linee ad alta tensione che sovrastavano l’area
di lavoro.
Nell’evento del 1992, il
lavoratore ha riportato gravi danni perché la pulsantiera che teneva in mano
era collegata con un cavo alla struttura metallica del mezzo. Nel secondo
evento del 2011, Diego non ha subito lesioni perché la pulsantiera che teneva
tra le mani non era collegata elettricamente alla struttura
dell’autobetonpompa.
Cosa si è appreso dall’inchiesta?
Il coinvolgimento diretto in un
primo evento infortunistico non è stato, in questo caso, sufficiente a indurre comportamenti
adeguati in una situazione di pericolo analoga. Ciò è avvenuto a un
lavoratore esperto già all’epoca del primo evento (11 anni di lavoro nella
mansione nel 1992 e 30 nel 2011) che godeva della fiducia dei datori di lavoro
i quali altrimenti non gli avrebbero affidato un’attrezzatura costosa e la
responsabilità di eseguire le gettate in calcestruzzo.
Indicazione per la prevenzione
Le operazioni di getto di
calcestruzzo sono lavori edili che rientrano nel campo di applicazione del
titolo IV D.Lgs 81/08 - cantieri temporanei o mobili. In questo contesto, per
individuare correttamente le funzioni dei diversi soggetti coinvolti
nell’esecuzione delle operazioni, occorre chiarire quale tipologia di contratto
li lega.
A questo fine è utile fare
riferimento a quanto riportato nel capitolo 2 del documento INAIL “PLE nei
cantieri”, pubblicato da INAIL Marche nel febbraio 2012, dove sono illustrati i
concetti di “mera fornitura”, “ nolo a caldo
e nolo a freddo” e la differenza che tra questi intercorre con i contratti
di appalto e subappalto.
Il primo riferimento utile si
trova nell’articolo 96 comma 1-bis del D.Lgs 81/08 che dispone: “La previsione
di cui al comma 1, lettera g (obbligo di redazione del piano operativo di
sicurezza), non si applica alle mere forniture di materiali o attrezzature. In
tali casi trovano comunque applicazione le disposizioni di cui all’articolo
26”.
Nel documento INAIL si richiama
il concetto di “mera fornitura”:
Concetto di “mera fornitura” di
attrezzature. Sulla questione delle “mere forniture di
materiali e attrezzature” in
cantiere è intervenuto in passato il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali con la circolare n. 4/2007. In essa si identificano i soggetti che
effettuano mere forniture di materiali e attrezzature nei cantieri con le
imprese che non partecipano in maniera diretta all’esecuzione dei lavori.
Nel testo della Circolare
4/2007 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale è riportato
infatti che non partecipano in maniera diretta all’esecuzione dei lavori “le
aziende che svolgono le attività di mera fornitura a piè d’opera dei materiali
e/o attrezzature occorrenti”. Il documento
INAIL prosegue affermando: Nel gergo comune sono più utilizzati, riferendosi ai
cantieri, i termini di “nolo a caldo” e “nolo a freddo” di attrezzature di
lavoro. Specificatamente, si ha:
- nolo a freddo, quando il
noleggiante mette a disposizione dell’utilizzatore la sola attrezzatura di
lavoro;
- nolo a caldo,
quando il noleggiante mette a disposizione dell’utilizzatore l’attrezzatura di
lavoro insieme ad un proprio lavoratore con specifiche conoscenze e competenze
per il suo utilizzo nei luoghi in cui opera lo stesso utilizzatore in regime di
appalto o subappalto.
Il nolo a freddo, quando non
prevede l’installazione, è, pertanto, equivalente alla mera
fornitura di un’attrezzatura.
In ultimo si riporta la sezione
riguardante la “distinzione tra contratto d’appalto, subappalto e nolo”:
L’appalto è il contratto con il
quale una parte (appaltatore) assume il compimento di un’opera o di un servizio
su affidamento da parte di un committente e verso un corrispettivo in danaro,
con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio (art.
1655 c.c.). Riguardo al subappalto, il codice civile non riporta una specifica
definizione. L’art. 1656 del c.c. si limita a disporre il divieto di subappalto
in mancanza dell’autorizzazione del committente. È però pacifico in dottrina e
giurisprudenza che si tratti di un contratto derivato. Cioè di un subcontratto
con il quale l’appaltatore, se autorizzato dal committente, affida al
subappaltatore l’esecuzione in toto o in parte i lavori oggetto del contratto
d’appalto, verso un corrispettivo in denaro e con organizzazione dei mezzi
necessari e con gestione a proprio rischio, limitatamente ai lavori affidati.
Nel nolo, come è stato detto in precedenza, il noleggiante in genere mette a
disposizione la sola attrezzatura di lavoro ed, eventualmente, nel nolo a
caldo, l’addetto al suo utilizzo Nel primo caso, cioè nella mera fornitura di
attrezzature (per esempio, di una piattaforma di lavoro elevabile), è pacifico
che il noleggiante non partecipa in maniera diretta all’esecuzione dei lavori.
Pertanto non potrà mai identificarsi il contratto di nolo a freddo con quello
di subappalto.
Nel caso di nolo a caldo, invece,
è necessario analizzare più approfonditamente la prestazione del lavoratore
incaricato dell’utilizzo dell’attrezzatura nel cantiere, al fine di stabilire
se il contratto è legittimamente di nolo a caldo ovvero è da considerarsi di
subappalto. Allo scopo, fino a quando la prestazione lavorativa è accessoria
rispetto alla messa a disposizione dell’attrezzatura, nel senso che l’operatore
si limita a far funzionare la macchina e soggiace agli ordini dell’impresa
noleggiatrice, il contratto di noleggio non può essere assimilato al contratto
di subappalto. Viceversa, se l’operatore dell’attrezzatura non entra a far
parte dell’organizzazione dell’impresa esecutrice e non agisce in posizione subordinata,
ma è libero di eseguire la lavorazione di fatto a lui affidata, il contratto di
nolo a caldo è da considerarsi un vero e proprio contratto
di subappalto.
L’operazione eseguita con
l’autobetonpompa comporta la presenza di un operatore, dipendente dell’azienda
fornitrice del calcestruzzo e proprietaria dell’autobetonpompa, che manovrando
l’autobetonpompa fa sì che il calcestruzzo venga colato direttamente
all’interno dei casseri, realizzando così la fase di getto oltre che la
fornitura del materiale e delle attrezzature.
Vista la definizione di mera
fornitura, intesa come fornitura a piè d’opera di materiali e viste le
considerazioni qui riportate riepetto al nolo a caldo, si ritiene che
l’operazione di getto, eseguita con autobetonpompa, sia da considerarsi fase di
getto del calcestruzzo eseguita in ragione di un appalto e l’impresa che la
esegue sia da ritenersi impresa esecutrice secondo la definizione del D.Lgs
81/08. Come tale è tenuta a redigere il Piano Operativo di Sicurezza (POS) e
attenersi alle indicazioni contenute nel Piano di Sicurezza e Coordinamento
(PSC). Entrando nel merito delle indicazioni per la prevenzione è utile fare
riferimento a quanto riportato nell’allegato XV D.Lgs. 81/08 sui contenuti
minimi del PSC evidenziando alcuni punti:
- l’analisi degli elementi
essenziali dell’area di cantiere deve porre particolare attenzione alla
presenza di linee aeree (punto 2.2.2 dell’allegato XV D.Lgs. 81/08);
- il PSC deve contenere
indicazioni circa (punto 2.2.1 dell’allegato XV D.Lgs 81/08):
- modalità da
seguire per la recinzione del cantiere, gli accessi e le segnalazioni;
- la viabilità
principale di cantiere;
- le eventuali
modalità di accesso dei mezzi di fornitura dei materiali;
- la
dislocazione delle zone di carico e scarico.
- in riferimento alle lavorazioni,
il coordinatore per la progettazione suddivide le singole lavorazioni in fasi
di lavoro e, quando la complessità dell’opera lo richiede, in sottofasi di
lavoro, ed effettua l’analisi dei rischi presenti, con riferimento all’area e
all’organizzazione del cantiere, alle lavorazioni e alle loro interferenze, ad
esclusione di quelli specifici propri dell’attività dell’impresa, facendo in
particolare attenzione ai seguenti: … i) al rischio
di elettrocuzione (punto 2.2.3 dell’allegato XV D.Lgs 81/08).
Inoltre il PSC deve essere
corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli aspetti della
sicurezza, in questo caso relativi a rischio di contatto con linee aeree in
tensione (punto 2.1.4 dell’allegato XV D.Lgs 81/08). Il Piano Operativo di Sicurezza
(POS) dell’impresa esecutrice, incaricata del getto di calcestruzzo con
autobetonpompa, deve contenere almeno i seguenti elementi (punto 3.2.1
dell’allegato XV D.Lgs 81/08):
- elenco di macchine e degli
impianti utilizzati nel cantiere;
- misure preventive e protettive,
integrative rispetto a quelle contenute nel PSC quando previsto, adottate in
relazione ai rischi connessi alle proprie lavorazioni in cantiere;
- procedure complementari e di
dettaglio, richieste dal PSC quando previsto.
L’integrazione tra PSC e POS deve
garantire la disponibilità di informazioni circa la presenza e la posizione di
linee elettriche aeree, la loro altezza da terra e la tensione di esercizio (in
funzione di questo valore, cambiano le distanze di sicurezza da rispettare
previste dalla tab. 1 allegato IX D.Lgs 81/08). Devono essere previste
indicazioni sui percorsi all’interno del cantiere e dislocazione delle zone di
scarico e, in questo caso particolare, delle zone di posizionamento
dell’autobetonpompa in relazione ai punti di getto che devono essere raggiunti.
Inoltre, devono essere disponibili informazioni circa l’altezza che il braccio
dell’autobetonpompa può raggiungere alla massima estensione possibile.
Quest’ultimo elemento è determinante ai fini della sicurezza in quanto la
formazione, le capacità acquisite in anni di lavoro e l’esperienza negativa
vissuta direttamente non sono state sufficienti a evitare un errore di manovra
come dimostra il secondo infortunio.
A questo proposito è opportuno
evidenziare come il controllo che l’operatore deve esercitare sull’operazione
lo porti a concentrare la sua attenzione sul punto di getto con il rischio di
perdere di vista i movimenti che il braccio dell’autobetonpompa compie molto
più in alto della sua testa e dove esiste il rischio di avvicinarsi
pericolosamente a linee in tensione. Inoltre, osservando dal basso, sono
possibili anche errori di valutazione sulla distanza del braccio dai
conduttori.
Nella tabella 1 dell’allegato IX
al D.Lgs 81/08 si citano le “Distanze di sicurezza da parti attive di linee
elettriche e di impianti elettrici non protette o non sufficientemente protette
da osservarsi, nell’esecuzione di lavori non elettrici, al netto degli ingombri
derivanti dal tipo di lavoro, delle attrezzature utilizzate e dei materiali
movimentati, nonché degli sbandamenti laterali dei conduttori dovuti all’azione
del vento e degli abbassamenti di quota dovuti alle condizioni termiche”.
Dove non è possibile provvedere a
togliere tensione (misura prioritaria secondo l’art. 117 D.Lgs 81/08) o
proteggere le linee dal contatto accidentale, al fine di prevenire i rischi di
elettrocuzione e gli eventuali rischi che il contatto con linee elettriche in
tensione può comportare per l’area circostante, è quindi opportuno scegliere l’autobetonpompa
in base all’altezza massima raggiungibile e adottare misure organizzative,
essenzialmente indirizzate all’individuazione delle zone di sosta, in modo che
non sia possibile, durante la fase di getto, superare le distanze di sicurezza
dagli elementi in tensione.
RPS
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