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"Rischi emergenti: l’epatite E come malattia occupazionale"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
27/03/2015 -
Riportiamo il testo di un recente factsheet prodotto dal Dipartimento di Medicina del Lavoro dell’ Inail che riporta utili indicazioni per affrontare e prevenire una malattia professionale emergente: l’
epatite E.
L’epatite E è una malattia virale
acuta, generalmente autolimitante e molto raramente soggetta a cronicizzazione,
con caratteristiche cliniche simili a quelle dell’epatite A.
Decorsi severi con mortalità che
può arrivare fino al 30% e alta frequenza di forme fulminanti possono
manifestarsi nelle donne in gravidanza. L’infezione è presente in tutto il
mondo anche se prevale, sottoforma di epidemie e casi sporadici, nei Paesi in
via di sviluppo con basso livello socio-economico, in particolare in Asia,
Medio Oriente, Africa e America Centrale. Di recente casi sporadici sono stati
rilevati nei Paesi industrializzati, Italia compresa, anche in soggetti che non
avevano soggiornato in aree endemiche per la patologia.
Il virus dell’epatite E
L’agente responsabile della
malattia è un virus a RNA a singola elica, identificato nell’uomo all’inizio
degli anni ’80, denominato virus dell’epatite E (HEV) e attualmente
classificato nella famiglia Hepeviridae, genere Hepevirus.
Come si trasmette
Nei casi epidemici il virus si
trasmette principalmente per via oro-fecale (consumo di acque contaminate da
feci) e la fascia di età più colpita è compresa tra i 15 e i 44 anni. I casi di
trasmissione interumana sono rari.
Nei casi sporadici riscontrati nei
Paesi industrializzati la trasmissione
dell’infezione pare avvenire per ingestione di prodotti alimentari (carni
di suino e/o selvaggina) se consumati crudi o poco cotti. Tra le possibili vie
di trasmissione vanno anche considerate la pratica trasfusionale e quella
relativa agli xenotrapianti.
Come viene diagnosticata
Il sospetto che un individuo
affetto da epatite possa aver contratto l’HEV può insorgere indagando su viaggi
effettuati in zone endemiche per l’infezione. La diagnosi viene pertanto posta
in base alle caratteristiche cliniche e al contesto epidemiologico, dopo aver
escluso epatiti causate da altri virus (soprattutto epatite A) mediante test
sierologici. La ricerca di anticorpi nel siero si avvale di tecniche
immunoenzimatiche da confermare con saggi molecolari che consentono il
rilevamento del genoma virale.
Perché occuparsi di epatite e in
ambito lavorativo
Anticorpi contro l’HEV sono stati
trovati nei suini (in Europa prevalenza del 22-55%; in Italia del 50% in
allevamenti suinicoli del Nord) e in altri animali (bovini, ovini, pollame,
cani, gatti e roditori). Studi siero-epidemiologici condotti nell’uomo hanno
evidenziato correlazioni filogenetiche tra ceppi di HEV di tipo umano e suino,
suggerendo che l’epatite E possa ritenersi una zoonosi emergente e che i suini
rappresentino il principale serbatoio del virus. In ambito occupazionale
(Tabella 1) possono essere considerati a rischio di esposizione coloro che
lavorano a stretto contatto con i suini, in particolare allevatori, personale
addetto agli animali, veterinari,
macellatori. Dal momento che il virus è eliminato attraverso le feci, è stato
ipotizzato (ma non ancora comprovato da dati scientifici) che anche coloro che
vengono in contatto con reflui provenienti da allevamenti potrebbero risultare
a rischio di infezione.

Le misure di prevenzione
Le differenti modalità di
trasmissione dell’HEV indirizzano le misure di prevenzione. Nei Paesi dove
l’infezione è endemica e la trasmissione del virus avviene fondamentalmente attraverso
il circuito oro-fecale il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e
la fornitura di acqua potabile (o la bollitura della medesima) risultano essere
i principali mezzi per prevenire
l’infezione. Il consumo di carni ben cotte (suini e selvaggina) evita
l’acquisizione del virus per via alimentare in quanto il virus è inattivato
tramite cottura.
In ambito occupazionale
l’esposizione all’HEV potrebbe avvenire per contatto
con animali infetti (suini in fase viremica o in fase di escrezione fecale
del virus) o con strumenti/utensili contaminati: il
monitoraggio dello stato di salute degli animali e il
rispetto delle misure di biosicurezza negli
allevamenti risultano pertanto di estrema importanza per ridurre il rischio. Le
diverse categorie di lavoratori potenzialmente esposte al virus devono adottare
tutte le misure di protezione (misure tecniche e organizzative, adozione di
idonei DPI, ecc.) disponibili, tenuto conto delle specifiche attività lavorative
e sulla base della valutazione dei rischi effettuata ai sensi del D.Lgs 81/08 e
s.m.i. Tra le misure comportamentali è molto importante il
lavaggio delle mani. È inoltre fondamentale una corretta
informazione, formazione e addestramento delle figure professionali a contatto
con animali e/o parti di animali potenzialmente infette. Nell’ambito della
sorveglianza sanitaria il medico competente, in situazioni di esposizione
accidentale di un lavoratore a materiale infetto (ad esempio in un allevamento
ove siano stati accertati casi di infezione da HEV nei suini) valuterà la
necessità di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e di sottoporlo a
indagini sierologiche specifiche.
Non esiste una specifica terapia
antivirale per curare la malattia; sono in corso studi per la preparazione di
un vaccino. L’efficacia della somministrazione di immunoglobuline non è stata
dimostrata.
L’allegato XLVI del D.Lgs 81/08 e s.m.i. considera il virus dell’epatite
E come appartenente alla famiglia Caliciviridae (nella quale era stato
provvisoriamente inserito in attesa di uno studio del genoma più
approfondito) e lo classifica nella classe 3** (comportante un rischio di
infezione limitato perché normalmente non veicolato dall’aria). |
COSA SONO LE ZOONOSI
Da tempo è nota l’esistenza di
malattie trasmissibili tra animali ed esseri umani, le cosiddette zoonosi,
definite nel 1959 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come
“malattie e infezioni naturalmente trasmesse tra animali vertebrati e
l’uomo”.
A seguito della crescente
diffusione di queste patologie per cause naturali (mutamenti climatici) e
antropiche (intensificazione degli scambi commerciali di animali e prodotti
d’origine animale tra i vari Paesi) è stato proposto di definire zoonosi un
“danno alla salute e/o qualità della vita umana causato da relazione con (altri)
animali vertebrati, o invertebrati commestibili o tossici”. |
INAIL
- Epatite E: una zoonosi occupazionale emergente (formato pdf, 1 MB).
Fonte: INAIL
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