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"Sul ruolo del direttore dei lavori e del CSE in materia di SSL"

fonte www.puntosicuro.it / Sentenze

27/04/2015 -

Prende l’occasione la Corte di Cassazione con questa sentenza emanata a seguito di un ricorso avanzato dall’amministrazione unico nonché direttore dei lavori di una società committente di alcuni lavori relativi alla costruzione di un edificio da destinare alla produzione di componenti ed arredi, condannato per un infortunio occorso ad un lavoratore di una ditta appaltatrice, per fornire degli utili chiarimenti sia sul ruolo e sulle responsabilità del direttore dei lavori che sulle mansioni assegnate al coordinatore per la sicurezza nei cantieri temporanei o mobili.
 
Per quanto riguarda in particolare la figura del direttore dei lavori la suprema Corte, come già dalla stessa sostenuto in passato, ha affermato che la qualifica di direttore dei lavori non comporta automaticamente la responsabilità per la sicurezza sul lavoro, ben potendo l'incarico di direttore limitarsi alla sorveglianza tecnica attinente alla esecuzione del progetto. La stessa Corte ha inoltre chiarito che destinatari delle norme antinfortunistiche sono i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, mentre il direttore dei lavori per conto del committente è tenuto alla vigilanza dell'esecuzione fedele del capitolato di appalto nell'interesse del committente e non può essere chiamato a rispondere dell'osservanza di norme antinfortunistiche ove non sia accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere. Ne consegue, quindi, ha proseguito la suprema Corte, che una diversa e più ampia estensione dei compiti del direttore dei lavori, comprensiva anche degli obblighi di prevenzione degli infortuni, deve essere rigorosamente provata, attraverso l'individuazione di comportamenti che possano testimoniare in modo inequivoco l'ingerenza nell'organizzazione del cantiere o l'esercizio di tali funzioni.
 

Il fatto e l’iter giudiziario
Il Tribunale ha condannato il dirigente e gestore di fatto  di una società e il titolare di una ditta appaltatrice alla pena, rispettivamente, di mesi uno e mesi tre di reclusione nonché, in solido con il responsabile civile della società, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili da liquidarsi in sede civile. Secondo l'imputazione, il dirigente e gestore di fatto della società nonché committente di alcuni lavori relativi alla costruzione di un edificio da destinare alla produzione di componenti ed arredi, aveva cagionato per colpa lesioni personali ad un lavoratore della ditta appaltatrice consistite nella “frattura del bacino con diastasi sinfisi pubica, frattura femore sinistro, frattura condilo femorale destra e lesioni ai legamenti del ginocchio sinistro” in quanto, mentre si trovava nella zona sottostante la struttura realizzata per costruire l'edificio, a seguito di un cedimento della stessa, è stato travolto da travi e detriti di grosse dimensioni.
 
La Corte d'Appello ha successivamente riformata parzialmente la sentenza emessa dal Tribunale dichiarando estinto per prescrizione il reato di lesioni colpose ascritto ai due imputati e confermando le statuizioni civili. Al committente era ascritto il fatto di non aver designato il coordinatore in materia di sicurezza e di non aver redatto il piano di sicurezza e coordinamento necessario per effettuare l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi e le conseguenti procedure atte a garantire la tutela dei lavoratori ed il rispetto delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, mentre all'appaltatore era ascritto il fatto di non aver redatto il piano operativo di sicurezza relativo alla esecuzione dei lavori oggetto del contratto di appalto e di non aver predisposto un sistema di sostegno dell'impalcatura idoneo a sopportare con sicurezza, oltre al peso delle strutture, anche quello delle persone e dei sovraccarichi eventuali nonché le sollecitazioni dinamiche che, nel corso dei lavori, avrebbero potuto dare luogo a vibrazioni.
 
 
Avverso la sentenza della Corte d'Appello ha proposto ricorso per cassazione il dirigente della società adducendo due motivazioni. Come primo motivo ha lamentato che la corte territoriale aveva omesso di chiarire sulla base di quali elementi si dovesse ritenere che egli fosse l'amministratore di fatto della società committente, considerato che, secondo la documentazione prodotta in giudizio e le deposizioni dei testi, egli rivestiva la carica di mero progettista mentre il direttore dei lavori era altra persona. Con il secondo motivo di ricorso ha dedotto un vizio di motivazione per non aver la corte territoriale riconosciuta l’insussistenza di un nesso di causalità tra la condotta contestata e l'evento, tenuto conto che lo stesso si era verificato per l'errore tecnico commesso dalla ditta appaltatrice nella predisposizione dell'impalcatura e che anche la presenza di un coordinatore in materia di sicurezza non avrebbe potuto evitare che il sinistro accadesse.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
In ordine al primo motivo di ricorso secondo il quale la Corte di Appello non avrebbe specificato sulla base di quali elementi si dovesse ritenere che egli fosse l'amministratore di fatto della società committente, la Corte di Cassazione ha messo in evidenza che la Corte di Appello aveva desunto la qualifica di amministratore di fatto in capo all’imputato dall'aver egli sottoscritto il contratto di appalto con il quale era stato affidato alla ditta appaltatrice l'incarico di realizzare il capannone ove è avvenuto l'infortunio, dall'avere inoltre assunto, secondo quanto è emerso dal contratto stesso, la carica di direttore dei lavori e dall'aver ordinato, in nome e per conto della società, la fornitura del cemento che era stato trasportato sul luogo dell'incidente.
 
Con riferimento alla qualifica di direttore dei lavori, che l'imputato ha assunto sulla base del contratto di appalto la Sez. IV ha fatto osservare che “ la qualifica di direttore dei lavori non comporta automaticamente la responsabilità per la sicurezza sul lavoro, ben potendo l'incarico di direttore limitarsi alla sorveglianza tecnica attinente alla esecuzione del progetto (Sez. 4^, n. 49462 del 26/03/2003, Viscovo, Rv. 227070; Sez. 4^, n. 12993 del 25/06/1999, Galeotti, Rv. 215165; Sez. 3^, n. 11593 del 01/10/1993, Telesca, Rv.196929)”. E’ stato, infatti, chiarito, ha così proseguito la suprema Corte, sia pure con riferimento agli artt. 4 e 5 del D.P.R. n. 547 del 1955 (essendo analogo il disposto degli attuali artt. 17, 18 e 19 del D. Lgs. n. 81 del 2008), che “ destinatari delle norme antinfortunistiche sono i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, mentre il direttore dei lavori per conto del committente è tenuto alla vigilanza dell'esecuzione fedele del capitolato di appalto nell'interesse di quello e non può essere chiamato a rispondere dell'osservanza di norme antinfortunistiche ove non sia accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere”.
 
Ne consegue”, ha quindi proseguito la Sez. IV, “ che una diversa e più ampia estensione dei compiti del direttore dei lavori, comprensiva anche degli obblighi di prevenzione degli infortuni, deve essere rigorosamente provata, attraverso l'individuazione di comportamenti che possano testimoniare in modo inequivoco l'ingerenza nell'organizzazione del cantiere o l'esercizio di tali funzioni
 
Ciò posto, la corte territoriale, ha fatto osservare la Corte di Cassazione, non ha adeguatamente motivato in ordine alla ritenuta sussistenza della qualifica di amministratore di fatto in capo al ricorrente ed alla conseguente responsabilità derivante dalla violazione di norme antinfortunistiche in quanto, posto che non può assumere rilievo la sola circostanza che, secondo il contratto di appalto, l'imputato apparisse essere direttore dei lavori, occorrendo accertare, al fine di farne conseguire la responsabilità per quanto accaduto, che egli si fosse ingerito nell'organizzazione del cantiere, gli elementi consistiti nell'aver egli sottoscritto il contratto di appalto per conto della società e nell'aver ordinato la fornitura del cemento non sono apparsi indicativi di un'apprezzabile attività gestoria svolta in modo non episodico od occasionale. La Corte di Appello, inoltre, secondo la Sez. IV,  non ha esaminato il motivo di doglianza, riproposto con il ricorso per cassazione, fondato sulla circostanza che non ci sarebbe stata una ingerenza nell'organizzazione del cantiere.
 
Con riferimento alla seconda motivazione in base alla quale la presenza di un coordinatore non avrebbe potuto impedire l’accaduto la Corte di Cassazione ha fatto osservare come, secondo un consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di prevenzione antinfortunistica, al coordinatore per l'esecuzione dei lavori non è assegnato esclusivamente il compito di organizzare il lavoro tra le diverse imprese operanti nello stesso cantiere, bensì anche quello di vigilare sulla corretta osservanza da parte delle stesse delle prescrizioni del piano di sicurezza e sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori, spettando allo stesso la titolarità di un'autonoma posizione di garanzia che, nei limiti degli obblighi specificamente individuati dalla legge, si affianca a quelle degli altri soggetti destinatari delle norme antinfortunistiche e comprende, non solo l'istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle attività lavorative svolte e la necessità di adottare tutte le opportune misure di sicurezza, ma anche la loro effettiva predisposizione, nonché il controllo continuo ed effettivo sulla concreta osservanza delle misure predisposte al fine di evitare che esse siano trascurate o disapplicate, nonché, infine, il controllo sul corretto utilizzo, in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul processo stesso di lavorazione. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ha fatto quindi osservare la suprema Corte, è dunque tenuto a verificare, attraverso un'attenta e costante opera di vigilanza, l'eventuale sussistenza di obiettive situazioni di pericolo nel cantiere, e tanto, in relazione a ciascuna fase dello sviluppo dei lavori in corso di esecuzione.
 
Alla luce di quanto sopra detto quindi la Corte di Cassazione ha deciso di annullare la sentenza impugnata con rinvio affinché il giudice civile competente per valore in grado di appello valutasse, attenendosi ai principi esposti, ulteriori elementi rivelatori dell'attività gestoria, qualora ritenuti sussistenti sulla base dell’attività istruttoria svolta.
 
 
Corte di Cassazione - Penale Sezione IV - Sentenza n. 4611 del 30 gennaio 2015 (u. p. del 15 gennaio 2015)  -  Pres. Brusco – Est. Zoso – P.M. Cedrangolo - Ric. A. M. C.. - Il direttore dei lavori non assume automaticamente la responsabilità per la sicurezza sul lavoro e non può essere chiamato a rispondere dell'osservanza di norme antinfortunistiche se non è accertata una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere.
 
 
Gerardo Porreca

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