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"Il piano sicurezza di Terni avrebbe salvato gli operai"

fonte La Stampa, A.Gaino / Sicurezza sul lavoro

29/05/2009 - Thyssen Krupp di Terni, «il paradiso della sicurezza» descritto con orgoglio da tre quadri dell'azienda al processo. Si presenta Dimitri Menecali. Un anno fa, in procura, gli chiesero: «Quali sono le istruzioni fornite agli addetti della linea nel caso in cui si trovino di fronte a un incendio?». Rispose: «La procedura prevede che si chiami la squadra antincendio, l'unica deputata allo spegnimento del fuoco. Il lavoratore ha il solo compito di rivolgersi, con la linea telefonica interna, a chi di dovere. Sono istruzioni contenute nel nostro piano di emergenza». E aggiunse: «Già dopo Krefeld era stato previsto che sulle linee di ricottura e decapaggio fossero presenti estintori a lunga gittata, a polvere e schiuma. Servono ad impedire che i lavoratori si avvicinino alla linea del fuoco». Torino, TK di corso Regina, 6 dicembre 2007, linea 5, anch'essa di ricottura e decapaggio: sono gli operai a prendere estintori (semivuoti) e manichetta dell'acqua per spegnere un fuoco ancora sotto controllo. In prima fila c'è il capoturno Rocco Marzo, investito dal fire flash provocato dalla rottura di un flessibile che trasporta olio minerale alla pressione ili 70 atmosfere. Dettagli noti che vale la pena ricordare perché l'accusa di dolo si gioca sui pericoli d'incendio trascurati (malafede) o non conosciuti (buonafede). In quest'ultimo caso l'omicidio dei 7 lavoratori, da volontario diventerebbe colposo. Primo riscontro: se a Torino, quella notte, fosse stato in vigore il «piano di emergenza» di Terni, né Marzo né altri addetti alla linea si sarebbero avvicinati al focolaio e tutti e sette si sarebbero messi in salvo limitandosi ad avvertire la squadra di soccorso. Menecali ieri ha confermato che a Terni nessuno, salvo i vigili del fuoco interni, può intervenire su un incendio. Secondo riscontro: dopo la decisione ufficiale di chiudere (ad agosto 2008) la TK di Torino, Leonardo Lisi, altro quadro in servizio a Terni, riceve l'ordine di «spostare» dal budget per la sicurezza di corso Regina 1,5 milioni di euro sul bilancio 2007/2008, quando gli impianti fossero stati trasferiti a Terni. «From Turin», scrive lui sull'apposito prospetto, su disposizione dell' «ingegner Moroni», suo diretto superiore e uno degli imputati, ieri presente in aula. Lisi ci mette un pò a fare quel cognome, tanto che un avvocato della difesa protesta: «Qui si vuole torturare». A chi far risalire, lungo la catena di comando, la decisione è più dura. Terzo riscontro: a Terni, dopo l'incendio di Torino si decide una modifica di sicurezza: agganciare in automatico al sistema di rilevazione del fuoco lo stop al flusso dell' olio nei flessibili ancora in pressione. Ed evitare un altro fire flash a causa dei circuiti oleodinamici non protetti. Il puzzle si compone udienza dopo udienza, ciascuno ritienepro domo sua. Resta un «dettaglio» fuori discussione: la priorità di adeguamento agli standard di sicurezza è stata data, anche a Terni, alle linee più produttive, non necessariamentele più a rischio.

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