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"«Così li ho visti morire»"

fonte La Gazzetta del mezzogiorno, L. D'Ambrosio / Sicurezza sul lavoro

02/06/2009 - MOLFETTA (BARI) – «Non ho mai visto nell’azienda maschere con autorespiratore, ma solo mascherine con un normale boccale o filtro. Così come non ho mai visto l'addetto alle pulizie delle cisterne indossare qualsiasi tipo di mascherina». Lo ha detto, deponendo al processo, Cosimo Ventrella, l’unico operaio sopravvissuto alla strage della Truck Center, la società di Molfetta (Bari) nella quale il 3 marzo 2008 morirono in un incidente sul lavoro quattro operai e il loro datore di lavoro. Secondo il pm Giuseppe Maralfa, fu un’intossicazione acuta da acido solfidrico ad uccidere i lavoratori che si calarono nella cisterna l’uno per salvare l’altro. Così morirono il titolare dell’autolavaggio, Vincenzo Altomare, di 64 anni, e quattro operai, Luigi Farinola, di 37, Biagio Sciancalepore, di 24, Guglielmo Mangano, di 44, e Michele Tasca, di 19. Nel processo sono a giudizio quattro persone fisiche e tre società a cui vengono contestati, a vario titolo, i reati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro. Ventrella, di 57 anni, rispondendo alle domande delle parti, ha ripercorso le fasi dell’incidente. «Ad un tratto – ha detto - dall’azienda erano spariti tutti, non c'era più nessuno, c'era un grande silenzio, non c'era più Farinola nè Tasca nè Guglielmo che avevo visto l’ultima volta in cima alla cisterna, in piedi». L’uomo, oggi responsabile della sicurezza, ha riferito di essere arrivato alle tre del pomeriggio, e di essere addetto al lavaggio di automobili, insieme a Tasca e Farinola. «Con Farinola e Tasca avevamo appena finito di lavare una Fiat Tipo, a quel punto non li ho più visti – ha raccontato – pensavo si fossero fermati per fumare, ma non c'era nessuno». Ventrella, allora, ha riferito di avere guardato verso la cisterna, che era alle sue spalle. Ha gridato, chiamato, è salito in cima alla cisterna, ha guardato dentro e ha scoperto quanto era accaduto. «C'era Mangano – ha detto – che giaceva supino e Farinola e Tasca bocconi; manovrando la scala che fuoriusciva dalla cisterna li ho toccati, non si muovevano, la puzza di uova marce che fuoriusciva era insopportabile, mi sono sentito male». A quel punto è arrivato Sciancalepore. «E' salito sulla cisterna, non mi ha dato neppure il tempo di parlare – ha aggiunto – si è calato e dopo pochi secondi non rispondeva più neppure lui». Quindi è sopraggiunto Altomare: «Non è successo niente, stai tranquillo – mi ha detto – ed è sceso pure lui».Diversi i «non so» e «non ricordo» del testimone sulle procedure di sicurezza utilizzate dai suoi colleghi per pulire le cisterne. L’uomo ha anche riferito di essere ora responsabile della sicurezza della società ma di non aver mai seguito corsi sulla sicurezza sul lavoro e di non sapere se gli altri li avessero seguiti. Sul mancato uso delle maschere da parte dell’addetto al lavaggio delle cisterne, ha deposto anche Felice Tridente, autotrasportatore cliente dell’autolavaggio. Tridente ha detto di essere andato via dalla Truck Center poco prima dell’incidente e di aver visto Mangano che, anche quel giorno come sempre, indossava tuta da lavoro e stivali, «non altro». Nel processo sono a giudizio quattro persone fisiche: Mario Castaldo e Alessandro Buonopane, dirigenti di Fs Logistica Cargo Chemical, che aveva in locazione finanziaria e provvedeva al trasporto della cisterna in rimessaggio alla Truck center; Pasquale Campanile, dirigente della società. La 5 Biotrans, incaricata della bonifica del tank container, e il suo autista Filippo Abbinante, che trasportò la cisterna fino a Molfetta; e tre società, Truck Center, Fs Logistica Cargo Chemical e La 5 Biotrans.

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