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"Formazione con il trucco"

fonte Italia Oggi, Antonio G. Paladino / Formazione ed informazione

13/07/2010 - Una società che organizza corsi di formazione professionale, avvalendosi del contributo comunitario, se utilizza fatture per operazioni inesistenti al fine di documentare le spese sostenute, è tenuta al risarcimento del relativo danno erariale. Ciò, in quanto non si dimostra di aver perseguito e raggiunto la causa della spesa e si priva l'autorità vigilante della possibilità di poter congruamente documentare alla Commissione europea l'effettivo utilizzo delle somme del fondo sociale europeo. E quanto ha messo nero su bianco la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per il Lazio, nel testo della recente sentenza n.1404/2010, con la quale ha condannato i legali rappresentanti di una società cooperativa del frusinate al risarcimento di una somma di poco superiore ai 57 mila euro, per aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti allo scopo di dimostrare spese (in realtà mai sostenute) così soddisfacendo, sulla carta, l'utilizzazione dei fondi della Comunità Europea erogati per la realizzazione di corsi di formazione professionale. Nei fatti oggetto della decisione, a seguito di un controllo fiscale operato dalla Guardia di Finanza nei confronti della società convenuta, è emerso che la stessa ha indebitamente utilizzato contributi del Fondo sociale Ue afronte di conti gonfi ati europeo per lo svolgimento di corsi professionali. Pur se è incontrovertibile che la società in esame abbia effettivamente svolto i corsi, si legge nella sentenza, è altrettanto indubbio che la società ha ottenuto indebite contribuzioni comunitarie, rendicontando spese mai sostenute ovvero affrontate solo sulla base di documentazione contabile fittizia. In pratica, la Guardia di finanza aveva scoperto che le società che avevano emesso le fatture fittizie erano riconducibili agli stessi amministratori della società oggi condannata dai magistrati contabili. Pertanto, nel solco di un indirizzo giurisprudenziale ormai stabile (cfr. Cass n.5019/2010), la Corte dei conti è il giudice naturale ad operare nei confronti non solo della società beneficiaria del contributo pubblico ma anche verso gli amministratori della stessa «che ne abbiano distratto le somme destinate al perseguimento di fini pubblici, con ci frustrando lo scopo della erogazione». In dettaglio, per il collegio è dimostrato che non sia stata perseguita e raggiunta la causa della spesa, né che essa «abbia trovato adeguato riscontro mediante l'esibizione di idonea documentazione amministrativa, con ci privando l'autorità vigilante della possibilità di poter congruamente documentare alla Commissione Europea l'effettivo utilizzo delle somme».

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