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"P.a., sanzioni senza Statuto"

fonte Italia Oggi, Carla De Lellis / Responsabilità sociale

09/09/2010 - Lo Statuto dei lavoratori non si applica alle controversie sul pubblico impiego.La riforma Brunetta (dlgs n. 150/2009), in particolare, eliminando la possibilità. di adire collegi arbitrali per le decisioni sulle sanzioni disciplinari, non ha inteso rinviare ai medesimi organismi costituiti presso le direzioni provinciali del lavoro, come previsto dall'articolo 7 della legge n. 300/1970. Lo precisa il ministero del lavoro nella circolare n. 28/2010. La riforma Brunetta. La riforma del pubblico impiego operata dal dlgs n. 150/2009 ha introdotto alcune novità in torna di controversie. Due quelle principali, come spiega il ministero del lavoro: la prima relativamente alla disciplina delle procedure conciliative precontenziose, la seconda riguardo all'impugnazione delle sanzioni. In merito al primo aspetto, la riforma ha sostituito la vecchia disciplina cosiddetta del patteggiamento con la possibilità, per la contrattazione collettiva, di regolamentare procedure di conciliazione non obbligatoria, a eccezione dell'ipotesi della sanzione del licenziamento. In merito alle impugnazioni, la riforma ha praticamente eliminato il ricorso a collegi arbitrali, rimettendo di fatto ogni decisione al giudice del lavoro.Inapplicabile lo Statuto. Tutto ci , spiega il ministero, appare delineare un disegno di razionalizzazione delle pugnazione ispirato dalla volontà di evitare il rischio di collusione che potrebbe derivare dallo svolgimento di procedure, regolate dalla contrattazione o dalla legge, di carattere arbitrale o svincolate dai presupposti sostanziali fissati dalla legge. Considerazioni, queste, secondo il ministero, che inducono a pensare che dopo la riforma non sia possibile ritenere vigente l'articolo 7 della legge n. 300/1970 (lo statuto dei lavoratori), nonostante questo fosse richiamato dalla precedente normativa. Infatti, nell'ambito delle nuove norme, il citato artico lo 7 non è stato mai richiamato. Quando invece nel nuovo contesto normativo la volontà di applicare al settore pubblico la disciplina prevista per il settore privato (il predetto articolo 7) avrebbe dovuto essere espressa in maniera esplicita, mediante (appunto) richiamo o ndisciplina. Peraltro, conclude il ministero, questa conclusione sembra confermata pure dalla circostanza che, in attuazione del criterio di delega (abolire i collegi arbitrali di disciplina vietando espressamente di istituirli in sede di contrattazione collettiva), la riforma ha definitivamente eliminato la possibilità di ricorrere a collegi arbitrali di disciplina. Tale previsione, che in senso stretto si riferisce ai collegi, pare indice della volontà del Legislatore di escludere decisioni arbitrali in materia di impugnazioni disciplinari, con la conseguenza che anche l'impugnazione prevista e disciplinata dall'articolo 7 dello Statuto, in quanto svolta di fronte a un collegio di conciliazione e di arbitrato, deve ritenersi preclusa.

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