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"Mobbing e stress: correlazioni pericolose"

fonte Redazione Ambiente & Sicurezza sul Lavoro / Sicurezza sul lavoro

04/10/2011 - Nella sentenza n. 17089 dell’agosto scorso la Corte di Cassazione torna a parlare di mobbing e lo fa stabilendo dei collegamenti con il rischio stress.
Partendo dalla definizione di mobbing così come prevista dalla sentenza n. 359 del 2003 dalla Corte Costituzionale, che lo vede come “complesso fenomeno consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all'obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo”, la Corte di Cassazione civile si concentra sulle conseguenze di tali atti persecutori sul lavoratore.
Le condotte con cui si concretizza il mobbing possono determinare l’insorgenza “di disturbi di vario tipo e, a volte, di patologie psicotiche, complessivamente indicati come sindrome da stress postraumatico”.
Se le condotte portano poi al licenziamento o alle dimissioni è necessario, per la parte lesa fornire precisa allegazione e prova in ordine agli specifici fatti asseritamente lesivi (come già in Cass. 29 settembre 2005, n. 19053).
Nel caso analizzato, la Corte afferma che “la domanda di risarcimento del danno proposta dal lavoratore per mobbing in relazione a comportamenti datoriali che si assumono influenti sul licenziamento subito è soggetta a circostanziata e precisa allegazione e prova in ordine agli specifici fatti asseritamente lesivi”; in questo caso la ricorrente che denunci un difetto di motivazione su una richiesta di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento presentato o di risultanze probatorie o processuali, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione.
Solo così la Corte di Cassazione potrà effettuare il controllo della decisività dei fatti da provare sulla base delle deduzioni contenute negli atti presentati, non potendo essa svolgere proprie indagini integrative (come indicato in Cassazione del 30 luglio 2010, n. 17915).

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Roma 28 ottobre 2011

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