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"Arsenico in acqua potabile, ministeri sotto accusa"

fonte Codacons www.codacons.it / Responsabilità sociale

24/01/2012 - Clamorosa sentenza del TAR del Lazio condanna i ministeri a risarcire gli utenti dell'acqua di varie regioni (Lazio, Toscana, Trentino Alto Adige, Lombardia, Umbria) con almeno 100 euro a cittadino.
La sentenza apre una strada di incredibile valore, affermando che fornire servizi insufficienti o difettosi o inquinati determina la responsabilità della pubblica amministrazione per danno alla vita di relazione, stress, rischio di danno alla salute.
Ora questa strada sarà percorsa anche per chiedere i danni da inquinamento dell'aria e da degrado sia a Napoli che a Roma e nelle altre grandi città in cui la vivibilità è fortemente pregiudicata dal degrado ambientale.
Oltre 2000 i cittadini che avranno diritto al rimborso del danno di 100 euro a testa ma saranno decine di migliaia quelli che nel prossimo ricorso che partirà tra poche settimane chiederanno almeno 1.500 euro a testa.
Nel prossimo ricorso al quale si può già aderire seguendo le istruzioni sul sito www.codacons.it , si agirà - come indica il TAR nella clamorosa sentenza - anche contro gli ATO di appartenenza per chiedere un ribasso immediato delle tariffe a la restituzione di quelle versate per avere in cambio acqua avvelenata.
Il TAR ha riaffermato che l'acqua fornita ai cittadini deve essere salubre e la tariffa legata proprio alla qualità di essa, da cui l'indicazione di agire contro le ATO che non potevano non tenere conto di questo dato nel determinare la tariffa.
Ma non solo. Il TAR ha anche affermato l'importantissimo principio - che porterà ora a decine di querele penali e denunce alle Procure della Repubblica - che nella vicenda sollevata dal Codacons e dall'Associazione Utenti dei Servizi Pubblici (la cui legittimazione viene sancita dal TAR sia per la tutela ambientale che consumerista ) sussiste un preciso: "fatto illecito costituito dall'esposizione degli utenti del servizio idrico ricorrenti ad un fattore di rischio (l'arsenico disciolto in acqua oltre i limiti consentiti in deroga dall'Unione Europea), almeno in parte riconducibile, per entità e tempi di esposizione, alla violazione delle regole di buona amministrazione, determina un danno non patrimoniale complessivamente risarcibile, a titolo di danno biologico, morale ed esistenziale, per l'aumento di probabilità di contrarre gravi infermità in futuro e per lo stress psico-fisico e l'alterazione delle abitudini di vita personali e familiari conseguenti alla ritardata ed incompleta informazione del rischio sanitariò.
E ancora - prosegue il TAR del Lazio - è certa la "pericolosità per la salute umana derivante da un'esposizione prolungata all'arsenico presente nell'acqua potabile, anche in quantità piccolissime, come risultante dalla ricerca condotta su oltre 11.700 persone in Bangladesh e pubblicato nell'edizione online della rivista scientifica The Lancet, che ha dimostrato che la presenza di arsenico in elevate concentrazioni nel sangue aumenta in modo significativo il rischio di tumori.

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