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"La non autocertificabilità del DURC "

fonte lavoripubblici.it / Normativa

26/01/2012 - Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione generale per l'Attività Ispettiva, ha inviato una lettera a varie associazioni di categoria (ivi comprese quelle di Comuni e Province), con il seguente oggetto: "Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) - art. 44 bis, D.P.R. n. 445/2000 - non autocertificabilità" (prot. n. 37/0000619/MA007.A001).

Il percorso motivazionale appare essere il seguente.
Le "certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione" di cui al d.P.R. 445/2000, art. 40, comma 1, riguardano solo "stati, qualità personali e fatti". "In tale nozione, quindi, rientrano elementi di fatto oggettivi riferiti alla persona e che non possono non essere dalla stessa oggetto di sicura conoscenza".
"Cosa del tutto diversa (...) è la certificazione" di "regolare versamento", "che (...) non è la mera certificazione dell'effettuazione di una somma a titolo di contribuzione (come lascia intendere l'art. 46 lett. p, del D.P.R. 445/2000) ma una attestazione dell'Istituto previdenziale (...) effettuata dopo complesse valutazioni tecniche".
L'operatore economico non potrebbe mai rendere "una autodichiarazione" sulle "valutazioni effettuate da un Organismo tecnico" terzo, in quanto, per la loro discrezionalità tecnica, egli non sarebbe oggettivamente in grado di conoscerle in via preventiva.
"Pertanto il riferimento, nell'ambito dell'art. 44 bis, ad un controllo delle informazioni relative alla regolarità contributiva "ai sensi dell'art. 71" lascia intendere la possibilità", cioè il dovere "da parte della P.A., di acquisire un DURC (non una autocertificazione) da parte del soggetto interessato, i cui contenuti potranno essere vagliati dalla stessa P.A. con le modalità previste per la verifica delle autocertificazioni".
In sostanza, l'Amministrazione dovrebbe necessariamente richiedere all'operatore economico la produzione del DURC, in quanto la sua eventuale semplice autocertificazione sarebbe irrilevante. Siccome però questo DURC contiene la dicitura prevista dal d.P.R. 445/2000, art. 40, comma 02 ("Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi"), il DURC stesso varrebbe solo come una fondata ed ammissibile autocertificazione, in quanto basata su dati certi elaborati dagli istituti previdenziali. Rispetto a questo DURC funzionalmente equipollente ad autocertificazione, l'Amministrazione dovrebbe poi procedere alla verifica d'ufficio cui è tenuta.
In breve, potremmo dire che la tesi di fondo si basa sulla non dichiarabilità di ciò che non si può conoscere.

Va anzitutto evidenziato, sinteticamente, il quadro giuridico di base della materia.
"Sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualità personali e fatti: (...) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto" (d.P.R. 445/2000, art. 46, comma 1, lett. p)). L'art. 46 riguarda, come noto, le "dichiarazioni sostitutive di certificazioni".
L'art. 47 del d.P.R. 445/2000 riguarda, invece, le "dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà":
"1. L'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo (...) . (...) 2. La dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza. (...) 3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell'articolo 46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà".

Ora, poiché il d.P.R. 445/2000, art. 46, comma 1, lett. p), menziona espressamente l'"assolvimento di specifici obblighi contributivi" (addirittura "con l'indicazione dell'ammontare corrisposto") fra "stati, qualità personali e fatti" ai quali corrisponde un documento rientrante fra le "normali certificazioni", seguendo il ragionamento ministeriale ci si chiede - per converso - quale allora possa essere questo documento, che però non sia il DURC. La risposta non c'è. La previsione di cui alla lett. p) sarebbe allora inutiler data se ad essa non corrispondesse un certificato. Appare quindi impossibile l'ipotesi che il documento tipico in materia non sia il DURC.

Anche ipotizzato (ma non concesso, come si è visto) che il DURC non sia la certificazione corrispondente alla summenzionata lett. p), opererebbe comunque la valenza residuale della dichiarazione sostituiva dell'atto di notorietà. "Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge", e non risulta che l'accertamento della regolarità contributiva vi rientri, "nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell'articolo 46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà" (comma 3 dell'art. 47). Tale previsione, anzi, renderebbe superflua la necessità della sussistenza della stessa dichiarazione sostituiva di certificazione.
E poi, se anche si volesse sostenere (senza condividerlo) che l'operatore economico non potrebbe autocertificare la regolarità contributiva, in quanto questa non riguarderebbe "stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato" ai sensi del comma 1 dell'art. 47, opererebbe comunque la previsione di chiusura di cui al comma 2 del medesimo art. 47. L'operatore economico sarebbe infatti legittimato ad autocertificare la propria regolarità contributiva, in quanto rientrante, quanto meno, tra i "fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza". Si fonda su un irragionevole travisamento della realtà l'ipotesi ministeriale che l'operatore economico possa non conoscere in termini esatti la propria posizione contributiva. E se anche così fosse - nel senso che l'operatore economico potrebbe non avere, eccezionalmente, la certezza di come gli istituti previdenziali abbiano tecnicamente elaborato la sua posizione contributiva - egli ha sempre la possibilità di richiedere privatamente un DURC. Questo configurerebbe uno di quei "fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza": su questo DURC egli fonderebbe con certezza la sua autocertificazione.

Costituisce una regola la previsione di cui al d.P.R. 445/2000, art. 40, comma 01, periodo secondo: "Nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati" - tutti i certificati - "e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47".

Anzi, il D.L. 70/2011, convertito nella L. 106/2011, all'art. 4, comma 14-bis, periodo primo, prevede che la regolarità contributiva è pienamente autocertificabile, già come dichiarazione sostitutiva di certificazione. Non solo. Prevede che quest'ultima è sufficiente al fine finanche della stipulazione del contratto e del pagamento della fattura: "Per i contratti di forniture e servizi fino a ventimila euro stipulati con la pubblica amministrazione e con le società in house, i soggetti contraenti possono produrre una dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 46, comma 1, lettera p), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in luogo del documento di regolarità contributiva". Tale norma, che volutamente non opera alcuna distinzione in relazione alla funzione per la quale la regolarità contributiva debba essere verificata, è stata oculatamente posta dal legislatore del decreto "sviluppo" per neutralizzare i fondamentalisti del formalismo giuridico, i quali, una fattura di venti euro, ad esempio, non la pagavano se non c'era il DURC ... Questa norma, nella sua chiarezza, sia pure limitata in relazione all'importo, annulla di principio qualsiasi fondamento giuridico alla pretoria tesi ministeriale.

Nei procedimenti di affidamento di contratti pubblici, nello specifico, l'ordinaria autocertificabilità della regolarità contributiva è confermata dal D.Lgs. 163/2006, art. 38, comma 2, periodo primo: "Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445".
Peraltro, appare equivoca l'impostazione stessa della questione nella comunicazione ministeriale. Il problema non è se il DURC sia autocertificabile o meno, ma se lo sia il requisito di cui al D.Lgs. 163/2006, art. 38, comma 1, lett. i). Solo per slittamento concettuale poi si finisce col parlare di autocertificabilità del DURC. Concettualmente, è la regolarità contributiva ad essere autocertificabile ed il certificato tipico che le corrisponde è il DURC.

Sempre nei procedimenti di affidamento di contratti pubblici, ulteriore e chiaro dato normativo è fornito dal regolamento attuativo del codice.
Così prevede il d.P.R. 207/2010, art. 6, comma 3, lett. a): "Le amministrazioni aggiudicatrici acquisiscono d'ufficio, anche attraverso strumenti informatici, il documento unico di regolarità contributiva in corso di validità (...) per la verifica della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all'articolo 38, comma 1, lettera i), del codice". La corrispondente previsione, nel d.P.R. 445/2000, è quella di cui all'art. 44-bis, comma 1: "Le informazioni relative alla regolarità contributiva sono (...) controllate ai sensi dell'articolo 71, dalle pubbliche amministrazioni procedenti, nel rispetto della specifica normativa di settore". Si tratta, come noto, della verifica dell'autocertificazione di regolarità contributiva, resa in sede di offerta dall'operatore economico.
Non c'è invece un'autocertificazione dell'operatore da verificare, nella diversa ipotesi di cui al medesimo d.P.R. 207/2010, art. 6, comma 3, lett. b): "per l'aggiudicazione" già assunta, ma ancora da farsi diventare efficace. Qui la stazione appaltante verifica che l'operatore economico possegga il requisito di regolarità contributiva, alla data della definitiva aggiudicazione. La corrispondente previsione, nel d.P.R. 445/2000, è sempre quella di cui all'art. 44-bis, comma 1, ma in altro contenuto: "Le informazioni relative alla regolarità contributiva sono acquisite d'ufficio (...) dalle pubbliche amministrazioni procedenti, nel rispetto della specifica normativa di settore".

In definitiva, sarebbe irrimediabilmente illegittima una previsione di disciplina di gara (formale od informale), che, aderendo alla tesi ministeriale, prevedesse l'obbligo di produrre "un DURC (non una autocertificazione) da parte del soggetto interessato" (concorrente o aggiudicatario che egli sia).
E non è neppure questione di tassatività delle cause di esclusione di cui all'art. 46, comma 1-bis del codice. La previsione sarebbe stata illegittima già prima dell'entrata in vigore del decreto "sviluppo".

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