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"Il punto sulla qualificazione dei formatori per la sicurezza "

fonte puntosicuro.it / Formazione ed informazione

09/02/2012 - La Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle cosiddette “morti bianche”, istituita con deliberazione del Senato del 24 giugno 2008, ha approvato all’unanimità, nella seduta del 17 gennaio 2012, la Terza relazione Intermedia sull’attività svolta dalla medesima Commissione.
 
La relazione si divide in diversi capitoli:
 
1. L’organizzazione dei lavori della Commissione
2. L’inchiesta della Commissione: il sistema della tutela, della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro in Italia
3. Gli approfondimenti su temi particolari
4. I sopralluoghi della Commissione: gli infortuni ed il sistema di prevenzione sul territorio
5. Considerazioni conclusive
 
Abbiamo scelto di presentare un estratto tratto tra gli approfondimenti relativo a “La qualificazione dei formatori per la sicurezza sul lavoro”.

“3.3. La qualificazione dei formatori per la sicurezza sul lavoro
Il decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede espressamente all’articolo 37 tra gli obblighi che competono al datore di lavoro anche quello di formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, nonché dei dirigenti e dei preposti in materia di sicurezza sul lavoro.
L’articolo 34 prevede inoltre che lo stesso datore di lavoro debba ricevere una specifica formazione, qualora intenda svolgere direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. Come già indicato nel paragrafo 2.3, è opportuno ricordare che finalmente, dopo un laborioso iter, sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 8 dell’11 gennaio 2012 gli accordi del 21 dicembre 2011 approvati dalla Conferenza Stato-Regioni che fissano le modalità e i contenuti dei due tipi di formazione.
Si tratta di un fatto molto positivo: la formazione, infatti, rappresenta uno strumento essenziale ai fini di una corretta prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, in quanto è il primo strumento attraverso il quale creare una consapevolezza sempre più diffusa sul valore della sicurezza nei luoghi di lavoro, sia da parte dei datori di lavoro (che considerano
spesso la sicurezza come un costo aggiuntivo o comunque come un aggravio) che degli stessi lavoratori (che la interpretano a volte in maniera meramente formale). La formazione si pone quindi anche come veicolo di crescita e di cambiamento culturale: non a caso il testo unico all’articolo 2, con una forte innovazione rispetto al passato, la definisce esplicitamente come «processo educativo», attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili ad accrescere la sicurezza e a ridurre i rischi.
Un problema concreto che si pone nelle attività di formazione è però quello della qualificazione dei formatori, ossia degli esperti chiamati a erogare gli insegnamenti e le nozioni in materia di sicurezza sul lavoro.
 
I datori di lavoro che intendono realizzare interventi di formazione per il personale, specie nelle piccole o piccolissime imprese, non sono sempre in grado di valutare i contenuti e le modalità della formazione più appropriati per le loro specifiche esigenze. Essi tendono quindi ad affidarsi ad esperti e consulenti esterni, che dovrebbero possedere un’adeguata preparazione, per la cui attestazione non esiste però al momento una regolamentazione specifica. Ciò crea spesso situazioni confuse o addirittura ambigue, in cui si inseriscono a volte soggetti inadeguati e inaffidabili che offrono i loro servizi alle aziende, magari a tariffe concorrenziali, danneggiando sia i clienti che i professionisti più seri e qualificati.
 
Occorre dunque introdurre delle norme che, al pari di quanto già avviene per altre figure specializzate, stabiliscano i requisiti di competenza e professionalità necessari per l’esercizio dell’attività di formatori per la sicurezza, evitando di creare inutili appesantimenti burocratici e ostacoli alla libera iniziativa imprenditoriale, ma garantendo comunque la qualità di queste prestazioni, a tutela sia della professionalità dei veri formatori, sia delle aziende e dei lavoratori ai quali la formazione è rivolta.
 
Si tratta di una situazione che è stata più volte segnalata alla Commissione da enti istituzionali  parti sociali, anche nel corso delle numerose missioni svolte sul territorio. Per approfondire la questione e verificare gli opportuni rimedi, la Commissione ha quindi iniziato un percorso d’indagine, chiamando anzitutto a riferire sul tema, nella seduta del 15 giugno 2011, gli esperti della Consulta interassociativa italiana per la prevenzione (CIIP), un organismo che raggruppa importanti associazioni di categoria degli esperti del settore della prevenzione e che era già stata sentita più volte in passato dalla Commissione.
Il dottor Rino Pavanello, in qualità di presidente della CIIP, ha illustrato sinteticamente il quadro normativo vigente in materia di formazione per la salute e la sicurezza del lavoro, imperniato sul decreto legislativo n. 81 del 2008. Egli ha confermato come tale normativa definisca compiutamente, all’articolo 2, il concetto di «formazione», senza però specificare i requisiti professionali che devono possedere coloro che svolgono tale attività.
 
La definizione di questi requisiti è infatti demandata alla Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attraverso uno dei suoi comitati tecnici.
La Commissione consultiva sta ancora lavorando sul punto, stante la complessità della materia e considerando anche il fatto che, come altri aspetti di dettaglio dell’attuazione del testo unico, la sua definizione deve essere concordata fra tre soggetti diversi (Stato, regioni e parti sociali) che non hanno spesso visioni coincidenti sulla questione. D’altra parte, quand’anche i criteri di qualificazione dei formatori della sicurezza fossero stati già definiti dalla Commissione, sarebbe comunque sempre necessario un intervento legislativo per istituire un sistema di assistenza e controllo che garantisca concretamente l’applicazione e il rispetto di tali criteri, a beneficio degli operatori e delle imprese. La mancanza di una normativa specifica ha infatti creato una situazione di grande incertezza, favorendo un mercato parallelo delle consulenze e degli attestati di sedicenti formatori della sicurezza, privi delle necessarie qualifiche e che danneggiano le aziende che si affidano a loro.
 
Il dottor Pavanello ha ricordato in proposito una serie di normative di rango secondario che debbono essere ancora emanate per completare l’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, soffermandosi in particolare sui criteri di qualificazione dei formatori e sul libretto formativo dei lavoratori. Vi è inoltre l’imminente scadenza del termine per i criteri di aggiornamento professionale dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) e degli addetti al servizio di prevenzione e protezione (ASPP).
In termini concreti, la CIIP ha quindi illustrato alla Commissione una serie di proposte per definire la figura del formatore professionale, sulla base dell’esperienza della propria esperienza. In primo luogo, poiché all’interno di un’azienda accanto ai lavoratori esiste una pluralità di soggetti che debbono ricevere formazione per la salute e la sicurezza sul lavoro, ciascuno con le proprie specifiche esigenze, sarebbe opportuno distinguere tra «formatori qualificati», che svolgono attività formativa in via prevalente o esclusiva, e «operatori formati», che esercitano altre mansioni ma erogano comunque formazione ad altre persone.
 
Per ciascun tipo di formatore è possibile identificare una serie di requisiti di competenza, a seconda dell’area di specializzazione, basati su titoli di studio o su specifiche esperienze professionali e di docenza maturate.
Il sistema proposto dalla CIIP è molto articolato: ad esempio, esso individua quattro aree di specializzazione didattico-formativa (normativo-giuridica, politecnica, igienico-sanitaria e formativo-relazionale-comportamentale) e distingue tra formatori qualificati senior (più esperti) e junior (che devono maturare una specifica esperienza), nonché tra operatori formati interni all’azienda (ad esempio dirigenti o preposti chiamati ad addestrare alcuni lavoratori) ed esterni alla stessa (per esempio installatori di macchinari che forniscono anche addestramento per il loro utilizzo). Inoltre è previsto un sistema di accreditamento per la valutazione dei titoli di studio e delle esperienze professionali e didattiche, volendo consentire anche ai formatori già in attività di rientrare in questa nuova e più rigorosa impostazione, previa verifica dei requisiti posseduti.
 
Il punto sostanziale, sul quale i rappresentanti della Consulta hanno molto insistito, è però che la definizione dei requisiti professionali specifici è solo il primo passo per la regolamentazione dei formatori della sicurezza.
Occorre infatti anche individuare forme di pubblicità che possano dare pubblica evidenza alle persone effettivamente in possesso dei suddetti requisiti, come già previsto, del resto, per altre figure del sistema di prevenzione e protezione individuate dalle disposizioni vigenti, quali gli RSPP e gli ASPP, i medici competenti ecc. Senza entrare nel merito specifico delle modalità più corrette per realizzare questa pubblicità, la cui scelta spetta necessariamente al legislatore, la CIIP ha sottolineato con forza tale esigenza, che non vuole precostituire barriere all’entrata o altre limitazioni all’esercizio dell’attività, ma solo fornire garanzie circa la qualità delle prestazioni, a tutela degli stessi professionisti, delle imprese e dei lavoratori che riceveranno la formazione. A ciò si deve poi accompagnare un sistema premiale e di controllo (di tipo evidentemente pubblicistico) che garantisca l’effettività dei requisiti e il loro rispetto.
 
Un altro interessante contributo sul tema della qualificazione dei formatori della sicurezza sul lavoro è venuto poi dalla CEPAS – Certificazione delle professionalità e della formazione, un organismo specializzato nella certificazione dei formatori e che è stato audito dalla Commissione il 30 novembre 2011.
Come ha precisato il presidente, dottor Giancarlo Colferai, la CEPAS è un’associazione riconosciuta senza scopo di lucro che si occupa specificamente di verificare e certificare la qualità dell’attività svolta dai formatori che operano nei vari settori, al fine di tutelare i professionisti e i clienti, anche contro la concorrenza sleale di soggetti inadeguati e improvvisati che si offrono purtroppo sul mercato. L’attività si svolge in conformità alla norma
ISO/IEC 17024, che prescrive come definire gli schemi di certificazione e di valutazione per ogni figura professionale e si configura come una «attestazione di parte terza» (cioè di un organismo indipendente e accreditato).
 
La CEPAS inoltre non svolge attività diretta di formazione, per evitare conflitti d’interesse. Essa verifica se i requisiti dei formatori sono conformi agli standard professionali, secondo le regole dell’EQF (European Qualifications Framework, Quadro europeo delle qualifiche). È poi accreditata dall’ente nazionale di accreditamento ACCREDIA e membro ufficiale delle principali organizzazioni internazionali di settore quali l’IPC (International personnel certification association) e l’IAF (International accreditation forum), il che favorisce importanti scambi di esperienze.
Per accedere alla certificazione, i professionisti debbono anzitutto possedere specifiche competenze tecniche, didattiche ed adeguata esperienza lavorativa e sostenere uno specifico esame. Superato l’esame, ricevono il certificato di docenti della formazione, che ha validità triennale ed è rinnovato solo se il professionista dimostra di aver curato l’aggiornamento professionale, di aver svolto in maniera corretta la sua attività e aver rispettato il codice deontologico dell’associazione.
 
Da molti anni la CEPAS si occupa della certificazione dei formatori della sicurezza sul lavoro, per cui ha elaborato specifici schemi con i requisiti e le competenze necessarie. Ad esempio, molti formatori aderenti all’AIFOS (Associazione italiana formatori della sicurezza sul lavoro) sono stati certificati con tale modalità 13. Il sistema di certificazione illustrato può quindi dare ottimi risultati anche in questo campo, consentendo di valutare e selezionare in modo mirato diverse tipologie di formatori a seconda delle specializzazioni richieste. L’esperienza dimostra infatti che la formazione della sicurezza sul lavoro necessita di figure non generiche ma specifiche, troppo diverse essendo le esigenze di ogni settore produttivo.
Se dunque è possibile ipotizzare, sulla base di esperienze già presenti sul mercato, modalità di certificazione «privatistica» della qualità dei formatori, si tratta pur sempre di un’attestazione che interviene a posteriori, mentre resta aperto il problema di definire preliminarmente le competenze e quindi il percorso di studi e di esperienze che dovrebbero compiere i soggetti che intendono svolgere l’attività di formatori della sicurezza sul lavoro. Anche i vari corsi di specializzazione attivati ad esempio nelle università italiane – alcuni dei quali verranno illustrati nel paragrafo successivo –, pur prestigiosi non risolvono direttamente la questione, proprio
Perché manca attualmente una regolamentazione univoca della materia, come accade invece per altre figure professionali. La Commissione intende allora farsi parte attiva per mettere a punto una specifica proposta normativa in materia, con il concorso degli organismi di settore e previo confronto con i ministeri competenti e con la Conferenza delle regioni e delle province autonome. A tal fine, si riserva quindi di approfondire ulteriormente la questione, certamente assai complessa dal punto di vista tecnico, per poter studiare una soluzione adeguata.”
 
 
 
 
 

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