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"Processo amianto Oggi una sentenza seguita dal mondo"

fonte Unità / Responsabilità sociale

13/02/2012 -

C'è stato un tempo, raccontano, in cui gli operai della grande fabbrica si trovavano un avviso nella busta paga: non fumate, il fumo fa male. Loro che lavoravano, e molti non lo sapevano, non lo potevano nemmeno immaginare perché nessuno glielo ha mai detto, in mezzo all'asbesto. Un nome forbito, quasi ammiccante, per un veleno micidiale Lo conosciamo più come attui:...), e ha avuto effetti devastanti per tutti. Per chi lo produceva e per tutti gli altri: chi ha sistemato un sottotetto, un vialetto del giardino, o anche per foderare un forno, una porta, cavi elettrici, perfino per filtrare vini e bevande.

Quegli operai, a Casale Monferrato, sono rimasti per anni e anni, piedi e mani, nell'amianto che non perdona. Ti entra dal naso, dalla bocca, e un soffio alla volta ti scava un buco dentro che si trasforma in tumore al polmone. O in asbetosi. O, ancora peggio, diventa un mesiotelioma pleurico. Lo covi dentro anche per 20, 30 anni, o chissà quanto, e quando viene fuori è una sentenza e una macabra statistica: 1800 morti a Casale in 60 anni, 50 nuovi casi all'anno da quando è stata chiusa la più grande inchiesta al mondo su amianto ed eternit. Lo ha condotta la procura di Torino e il pm Raffaele Guariniello, che ha tolto il coperchio ad una strage che nelle Langhe è iniziata agli inizi del '900 e dovrebbe toccare il picco nel 2020, dicono le raggelanti proiezioni dei medici. Perché la polvere ha continuato a viaggiare nell'aria, ad essere respirata, a infilarsi nei polmoni della gente anche quando hanno chiuso la fabbrica e licenziato gli operai, ormai 30 anni fa. La tragedia di Casale è anche questa: non è bastato mettere fuori legge l'amianto nel 1992 e bonificare i capannoni, dove faranno un grande parco verde dedicato alle vittime. Il veleno è rimasto e ha continuato a uccidere, continua ancora oggi, tutti i giorni.

Per questo la sentenza del collegio presieduto dal giudice Giuseppe Casalbore ha qualcosa di epocale. Oggi, nella prima sezione penale del tribunale di Torino, l'amianto va per la volta alla sbarra in un processo penale. Non si parla, non ancora perlomeno, di soldi. Si parla di vittime, di persone uccise. «Disastro ambientale doloso permanente» è il capo di imputazione, dentro c'è tutto. Le vite spezzate, le malattie, il dolore di chi è rimasto, la rabbia di chi vedeva morire il marito, la moglie, la mamma, il padre, fratelli e sorelle, e non poteva farci niente. Per la procura ci sono due responsabili, due imputati che però alla sbarra non ci saranno, perché li processano in contumacia. Il primo è uno svizzero, Stephan Schmidheiny, 65 anni, l'altro è un belga, il barone ormai 90enne Jean-Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne, nientemeno. Anche per lui, come per il co-imputato di San Gallo, la procura ha chiesto 20 anni di carcere. Schmidheiny se ne sta beato in Costarica e del processo di Torino si è preoccupato solo per offrire 18.3 milioni (spiccioli, per uno con un patrimonio stimato in 2.4 miliardi di euro) al comune di Casale per chiudere la faccenda e lavarsene le mani, oltre alla coscienza. Due miliardari a capo di multinazionali che per decenni hanno accumulato soldi a palate estraendo amianto in Sud Africa e Sud America, e poi rivendendolo insieme all'eternit in tutto il mondo. Nel caso specifico, scambiandosi anche quote azionarie tra loro, tra Etex ed Eternit, le due società capogruppo che si sono succedute a Casale nel gestire lo stabilimento aperto nel 1907. Ha chiuso i battenti nel 1987, per un fallimento autodichiarato, il che la dice lunga sulla situazione della fabbrica e di Casale alla fine degli anni Novanta. Uno stabilimento che nel boom degli anni '50 aveva oltre 2000 dipendenti e contando l'indotto era una delle realtà produttive più importanti in Piemonte, ovviamente dietro a mamma Fiat. Una fabbrica che aveva delle sorelle a Cavagnolo, provincia di Torino, a Rubiera, vicino a Reggio Emilia e a Bagnoli, nel golfo di Napoli. L'enorme inchiesta di Guariniello riguarda vittime, ammalati e familiari di questa strage lunghissima e silenziosa, che ha attraversato nel tempo l'Italia da nord e sud. Ci sono 6300 persone che si sono costituite parte civile e fuori dal tribunale, la società civile che ha lottato in Italia, in questi anni. Tra gli altri, Legami d'acciaio (Thyssen), Il mondo che vorrei e Assemblea 29 giugno (strage di Viareggio), Associazione 140 (Moby Prince), oltre ai No-Tav e collettivi studenteschi. Da tutta Italia, dove ogni anno ci sono 1200 morti per mesotelioma, ma anche dal mondo, 100mila vittime annuali perché l'amianto è ancora ampiamente prodotto e utilizzato nel 70% del pianeta. A Torino attese associazioni da Francia, Stati Uniti, Inghilterra e Brasile, la «multinazionale delle vittime» l'hanno chiamata quelli di Casale, perché un po' di ironia non guasta di certo, per combattere tutta la vita contro un nemico che tieni in casa: non lo vedi, non lo senti, ma ti uccide.

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