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"Ambienti di lavoro sani: microclima, illuminazione e qualità dell’aria"
fonte puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
19/03/2012 - Nei giorni scorsi PuntoSicuro ha presentato una tesi, relativa al
Corso di Laurea in Tecniche della Prevenzione negli Ambienti e Luoghi di
Lavoro, premiata dall’Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul
Lavoro ( AiFOS) in relazione ad un accordo con le
Università degli Studi de L’Aquila e “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara.
La
tesi, elaborata da Ilenia Marfisi e dal titolo “ Rischio da
sovraccarico biomeccanico degli arti superiori in un’industria di abbigliamento”, si occupa dei
temi dell’ergonomia, fornisce informazioni sui disturbi muscolo
scheletrici,
sulle alterazioni connesse al lavoro ripetitivo, sul sovraccarico
biomeccanico degli arti superiori e analizza una mansione specifica della
cucitura: il confezionamento delle asole della manica delle giacche da uomo.
Dopo
aver ricordato che per garantire la tutela della salute dei lavoratori e una
situazione di benessere lavorativo, è necessario considerare tutte le
interazioni lavoro-ambiente e dunque anche
idonee
condizioni microclimatiche, della
qualità
dell‘aria e del
livello di
illuminazione, la tesi si sofferma, in uno degli ultimi capitoli, proprio
su questi tre aspetti. Aspetti che spesso sono sottovalutati sia in ambito
valutativo sia in relazione alla possibilità di interventi tecnici, organizzativi
e procedurali volti a migliorare l‘ambiente di lavoro.
Ilenia
Marfisi, “ Rischio da
sovraccarico biomeccanico degli arti superiori in un’industria di abbigliamento”, tesi di laurea
per il Corso di Laurea in Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi
di lavoro, Facoltà di medicina e chirurgia, Università “G. D’Annunzio” di
Chieti-Pescara, anno accademico 2010/2011
Il
microclima è “il complesso dei
parametri fisici ambientale che caratterizzano l‘ambiente locale e che
unitamente ai parametri individuali quali l‘attività metabolica e
l’abbigliamento, determinano gli scambi termici tra l’ambiente e gli individui
che vi operano al suo interno”.
In
particolare un microclima è definito confortevole “quando suscita nella maggior
parte dei soggetti presenti, una sensazione di soddisfazione per l‘ambiente, da
un punto di vista termo-igrometrico”. E tutto questo viene indicato sotto il
nome di “ benessere termico o
confort”.
È
dunque indispensabile che ci siano sia
condizioni
di confort globale, cioè relativo al corpo umano nel suo complesso, che
situazioni di confort locale, relative
cioè a specifiche aree corporee.
Il
documento ricorda che l‘
organismo umano
“opera in modo ottimale quando la temperatura del suo nucleo (ovvero la
temperatura interna) viene mantenuta entro un determinato range, in cui svolge
reazioni chimiche fisiologiche dirette a garantire condizioni di benessere
psico-fisico e ad evitare pregiudizio alla salute dei lavoratori”. E negli
ambienti moderati, come nella operazione di cucitura analizzata, l‘energia
termica viene ceduta dal corpo attraverso irraggiamento, convenzione ed
evaporazione.
Rimandandovi
ad una lettura della tesi in relazione al nostro sistema di termoregolazione
corporeo, ricordiamo che allontanandosi dalle condizioni termoigrometriche
ottimali, “il corpo deve impegnarsi notevolmente per mantenere l‘omeotermia e
questo sforzo può modificare le attività psicosensoriali e psicomotorie, come
l‘affaticamento e l‘abbassamento del livello di attenzione, può interferire con
l‘attività lavorativa svolta e incrementare, dunque, il
rischio di infortuni e di quadri patologici”.
Dopo
aver riportato alcune indicazioni tratte dalla normativa vigente e dalla
normativa tecnica (con riferimento alla norma UNI EN ISO 77330), la tesi
sottolinea che il
datore di lavoro
“deve provvedere a rendere il microclima accettabile per garantire il benessere termico, locale e
generale, giudicato soddisfacente da un numero cospicuo di presenti ed evitare
così situazioni che portino a stress”. In particolare il disconfort in ambienti
moderati “può dipendere dalla percezione globale del corpo umano e da
sensazioni di caldo, freddo, eccessive correnti d’aria, sbalzi termici”.
Il
microclima all’interno di un locale dipende dalle scelte progettuali “sulle
quali si può intervenire anche successivamente adottando specifici impianti”.
Per
garantire un ambiente gradevole, bisogna cercare di adottare il più possibile
misure naturali, come:
-
“collocare l’edificio nel territorio, in fase progettuale, tenendo conto del
soleggiamento e della ventosità;
-
garantire un buon isolamento termico delle pareti e delle vetrate;
-
schermare l’irraggiamento solare diretto, attraverso dispositivi oscuranti, che
non devono incidere sul carico termico del locale;
-
presenza di buoni rapporti aeranti che garantiscano una buona ventilazione
naturale”.
Spesso
per il rinfrescamento e il riscaldamento è tuttavia necessario ricorrere
all‘impiantistica.
Altri
suggerimenti per ottenere un
ambiente
confortevole:
-
"adottare sistemi di apertura e chiusura dei portoni che riducano gli
scambi termici tra l’interno e l’esterno, per evitare raffreddamenti in inverno
e riscaldamenti in estate;
-
posizionare le postazioni di lavoro in modo distante da porte che si aprono su
ambienti esterni;
-
collocare schermi che non permettano l’esposizione del soggetto alle radiazioni
emesse da superfici troppo calde o troppo fredde;
-
controllare il carico termico all’interno del locale in quanto un numero
eccessivo di macchine o individui apportano energia termica tale da non essere
più controllata dagli impianti;
-
bilanciare le portate di aria e regolare la direzione di flusso. Le bocchette
di aria o i diffusori devono essere in modo sufficiente a mantenere bassa la
velocità dell’aria;
-
dotare gli ambienti di regolatori autonomi dei parametri termo igrometrici, per
favorire un ambiente più confacente alle esigenze individuali;
-
aumentare l’umidità relativa invernale e diminuirla in estate”.
Oltre
alle misure tecniche, “si possono adottare procedure che si integrano con la
formazione dei lavoratori”.
Anche
l’
illuminazione è importante nei
luoghi di lavoro, deve soddisfare le esigenze umane e garantire:
-
“una buona visibilità in modo da svolgere correttamente il proprio compito
lavorativo e da riconoscere con velocità e facilità l’oggetto della visione;
-
un confort visivo che soddisfi necessità fisiologiche e psicologiche;
-
sicurezza e facilità di movimento, un pronto riconoscimento dei pericoli
presenti nell’ambiente di lavoro”.
Dopo
aver parlato di confort visivo (una “condizione di soddisfazione delle esigenze
di ordine visivo espresse dall’utente”), di prestazione visiva, di gradevolezza
dell’ambiente e delle norme di
riferimento per l’illuminazione di ambienti interni, la tesi indica che per
garantire una corretta
illuminazione
nei luoghi di lavoro, “è fondamentale che siano presenti i seguenti
punti:
-
“adeguata illuminazione naturale;
-
impianti di illuminazione artificiale per salvaguardare la sicurezza, la
salute, il benessere dei lavoratori, quando l’illuminazione naturale non è
sufficiente;
-
illuminazioni particolari in aree dove sono presenti particolari rischi di
infortunio o che necessitano di particolari sorveglianze;
-
illuminazione di sicurezza che si attivi dopo guasti dell’illuminazione
artificiale e indichi le vie di uscita fino al luogo sicuro;
-
requisiti delle superfici illuminanti come la pulizia, sistemi di accesso per
la pulizia e la manutenzione,…”.
E
la
progettazione di un impianto di
illuminazione deve tener conto “delle caratteristiche dell’ambiente (quali
dimensione, forma, presenza di luce diurna, proprietà fotometriche delle
superfici interne, ecc.), la sua funzione (sanitaria, commerciale, produttiva)
ed i compiti visivi degli utilizzatori”.
Vi
rimandiamo alla tesi in relazione ai possibili interventi di miglioramento
relativi all’illuminazione.
Infine
qualche riferimento alla
qualità
dell’aria.
Il
documento indica che gli ambienti industriali, come altre categorie di edifici,
“devono disporre di aria salubre in quantità sufficiente, anche ottenuta con impianti di
ventilazione forzata,
considerando i metodi di lavoro, gli sforzi fisici dei lavoratori. Inoltre sono
necessarie delle aperture per garantire un ricambio rapido di aria”.
E
a livello progettuale “si dovrebbe evitare la scelta di luoghi con carente
aerazione naturale”. In questo caso comunque, è utile installare adeguati
impianti di ventilazione forzata che garantiscono l’apporto di aria salubre”.
Tuttavia
un difetto di questi impianti è di non permettere un ricambio d’aria, “quindi è
necessario che dispongano di sistemi di allarme per segnalare l’interruzione
d’immissione di aria di rinnovo e procedure che permettano l’evacuazione degli
ambienti”.
Questi
alcuni interventi per ottenere la
purezza
dell’aria:
-
“installazione di impianti di aspirazione localizzati su sorgenti ad emissione
incontrollata;
-
incremento di aerazione naturale tramite finestre apribili;
-
corretta collocazione di prese di aria esterna;
-
installazione di impianti di ventilazione meccanica;
-
eliminazione del ricircolo;
-
Manutenzione degli impianti, pulizia periodica soprattutto degli umidificatori,
filtri, condotte d’aria;
-
Rispetto del divieto di fumo”.
Dopo
aver parlato dell’aerazione naturale, il capitolo della tesi si conclude con
alcune indicazioni per una corretta progettazione di un
impianto di ventilazione forzata:
-
“mantenimento della purezza dell’aria attraverso l’immissione nell’ambiente di
un’adeguata quantità di aria di rinnovo, l’adeguata scelta del punto di
prelievo e la filtrazione dell’aria;
-
efficace distribuzione dell’aria in modo da ottenere un ricambio omogeneo in
ogni parte del locale, in modo da evitare la formazione di correnti d’aria”.
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