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"L’individuazione del datore di lavoro “effettivo”"

fonte puntosicuro.it / Formazione ed informazione

23/03/2012 -
2. IL DATORE DI LAVORO E L'ELABORAZIONE GIURISPRUDENZIALE
 
2.1. Il datore di lavoro delegato per la sicurezza, a differenza di quel che si legge in numerose deleghe aziendali, non esiste, è una costruzione concettuale priva del benché minimo fondamento legislativo e giurisprudenziale, oltre che autocontraddittoria, posto che l'articolo 16 del D. Lgs. n. 81/2008 quando parla di delega prevede che il delegante sia sempre il datore di lavoro e il delegato sia più semplicemente il delegato del datore di lavoro (e non l'inesistente datore di lavoro delegato) [art. 16 D.Lgs. n. 81/2008 “1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro”].
Dunque esiste il massimo vertice aziendale, che ha il potere finale di decisione e spesa che è l'autentico datore di lavoro, al più vi sarà uno o più delegati del datore di lavoro ai sensi dell'art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008.
 
Come ha scritto un fine cultore della materia, “l’individuazione di datore di lavoro va dunque operata ricercando quel soggetto, o quei soggetti, i quali siano funzionalmente in grado di far fronte alle incombenze accollate dalla legge a tale soggetto. Il problema si pone in modo evidente nelle strutture aziendali complesse, in relazione alle quali è necessario individuare i livelli decisionali dell’ente deputati ed in grado di soddisfare la posizione di garanzia accollata al datore di lavoro. Si considera, innanzitutto, che non si tratta necessariamente di individuare un’unica persona fisica, essendo concepibile che il ruolo venga svolto contestualmente da una pluralità di soggetti: si pensi, a mo’ di esempio, al caso in cui l’ente sia amministrato da un consiglio (cfr. art 2380, comma 2, Codice Civile), con la conseguenza che la figura di datore di lavoro può cadere sull’intero consiglio di amministrazione” (Walter Saresella).
 
E difatti se la sicurezza non èoggetto di specifica delega, gli obblighi imposti ai datori di lavoro dalla normativa antinfortunistica [devono] ritenersi gravanti su tutti i componenti del Consiglio di amministrazione” [Cassazione penale sez. IV, sentenza n. 6280 dell’11 dicembre 2007]: “nelle imprese gestite da società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione”.
 
In particolare “ la decisione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte (vedere tra le altre, Sez. IV, sentenza n. 988, 11 luglio 2002, Macola ed altro) secondo la quale nel caso di imprese gestite da società di capitali, gli obblighi concernenti l'igiene e la sicurezza del lavoro gravano su tutti i componenti del Consiglio di amministrazione. La sentenza sopra citata sottolinea, altresì, che la delega di gestione, in proposito conferita ad uno o più amministratori, se specifica e comprensiva di poteri di deliberazione e spesa, può solo ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del Consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento, soprattutto nel caso di mancato esercizio della delega” [Cassazione penale sez. IV, 11 dicembre 2007, n. 6280].
 
Anche la già citata sentenza della Sezione IV, n. 38991 del 10 giugno 2010, Quaglierini ed altri (c.d. sentenza Montefibre), affronta il medesimo tema in una vicenda relativa a società che gestiva uno stabilimento dedito alla produzione di fibre di Nailon ove si faceva uso di amianto per coibentare i tubi ed i macchinari. Nella specie, della morte di alcuni lavoratori, che nello stabilimento avevano inalato polveri di amianto contraendo malattie (asbestosi e mesotelioma pleurico) che li aveva portati al decesso, erano stati chiamati a rispondere tutti i membri del consiglio di amministrazione, anche in presenza di una delega ad uno o più amministratori delle attribuzioni in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro: ciò sul rilievo che su tutti gravava il compito di vigilare sulla complessiva politica di sicurezza dell’azienda, il cui processo produttivo prevedeva l’utilizzo dell’amianto, con conseguente esposizione dei lavoratori al rischio di inalazione delle relative polveri.
 
La Suprema Corte ha affermato il principio che la posizione di garanzia degli altri componenti del consiglio di amministrazione non viene meno con riferimento a ciò che attiene alle scelte aziendali di livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni: da ciò derivando che, anche in ossequio al disposto dell’articolo 2392 del Codice civile, nonostante la delega, permane la responsabilità dei vertici aziendali e, quindi, di tutti i componenti del consiglio di amministrazione, quanto agli eventi lesivi determinati da difetti strutturali aziendali e del processo produttivo, aggiungendo, testualmente, che “in una fattispecie analoga a quella oggetto di giudizio, relativa ad impresa il cui processo produttivo prevedeva l'utilizzo dell'amianto e che aveva esposto costantemente i lavoratori al rischio di inalazione delle relative polveri, si è ritenuto che, pur a fronte dell'esistenza di amministratori muniti di delega per l'ordinaria amministrazione e dunque per l'adozione di misure di protezione concernenti i singoli lavoratori od aspetti particolari dell'attività produttiva, gravasse su tutti i componenti del consiglio di amministrazione il compito di vigilare sulla complessiva politica della sicurezza dell'azienda, il cui radicale mutamento -per l'onerosità e la portata degli interventi necessari - sarebbe stato indispensabile per assicurare l'igiene del lavoro e la prevenzione delle malattie professionali.
 
In sostanza, in presenza di strutture aziendali complesse, la delega di funzioni esclude la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti se sono il frutto di occasionali disfunzioni; quando invece sono determinate da difetti strutturali aziendali e del processo produttivo, permane la responsabilità dei vertici aziendali e quindi di tutti i componenti del consiglio di amministrazione . Diversamente opinando, si violerebbe il principio del divieto di totale derogabilità della posizione di garanzia, il quale prevede che pur sempre a carico del delegante permangano obblighi di vigilanza ed intervento sostitutivo”.
 
La sentenza, Sezione IV, 7 aprile 2010, Gubertoni: sottolinea che, nelle imprese gestite da società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano comunque indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, se e in quanto difetti una delega specifica relativa alla sicurezza del lavoro.
 
La Suprema Corte, alla luce di tale principio e della considerazione che non risultava neanche documentata una delega specifica, ha rigettato il ricorso proposto dall’amministratore della società, al carico del quale era stato formalizzato l’addebito, fondato sulla doglianza che semmai doveva ritenersi responsabile il Presidente del Consiglio di amministrazione.
Ai sensi dell'art. 2381 del CODICE CIVILE “…, il CdA può delegare proprie attribuzioni… ad uno o più dei suoi componenti. Il CdA… valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione. …Gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato; ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società”: la delega di gestione o gestoria di cui all'art. 2381 c.c. non spoglia definitivamente il consiglio di amministrazione delle proprie attribuzioni, il quale infatti continua a costituire il perno della gestione sociale, nel senso che, così come gli è imputabile il risultato della gestione, deve pur sempre essergliene conservata la responsabilità [dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione].
 
Detta valutazione è un monitoraggio da effettuarsi con cadenze periodiche (fissate dallo statuto, e in ogni caso almeno ogni 180 gg.) prefissate, coincidenti con gli obblighi di relazione/rendiconto degli organi delegati.
 
Il Codice civile art. 2381, comma terzo, seconda parte, espressamente prevede che il consiglio di amministrazione “può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega”. Inoltre “ il consiglio di amministrazione “valuta sulla base della relazione degli organi delegati il generale andamento della gestione”.
 
Questa responsabilità solidale degli amministratori " può essere in parte attenuata soltanto nelle ipotesi in cui la complessità della gestione sociale renda necessaria la ripartizione di competenze ed attività mediante ricorso ad istituti specifici, quali le deleghe di funzioni al comitato esecutivo o ad uno o più amministratori, attraverso una procedura formalizzata secondo la previsione dell'art. 2381 c.c.", ma si deve escludere "che, al di fuori delle ipotesi riconducibili al citato art. 2381, una divisione di fatto delle competenze tra gli amministratori, l'adozione, di fatto, del metodo disgiuntivo nell'amministrazione, o, semplicemente, l'affidamento all'attività di altri componenti il collegio di amministrazione, possano valere ad escludere la responsabilità di alcuni amministratori per le violazioni commesse dagli altri, posto che la condotta omissiva per affidamento a terzi, lungi dal comportare esclusione di responsabilità, può costituire invece ammissione dell'inadempimento dell'obbligo di diligenza e vigilanza" (Cassazione, sentenza n. 22911 del 11 novembre 2010).
 
In particolare deve escludersi che l'attribuzione ad alcuni amministratori dei poteri di amministrazione straordinaria faccia venir meno i poteri di vigilanza incombenti agli amministratori cui siano riconosciuti solo poteri di ordinaria amministrazione (Cass. 12696/ 2003). Il Cda mantiene una competenza concorrente rispetto agli organi delegati poiché la delega non comporta attribuzione di poteri nuovi o autonomi ma attribuisce i poteri del consiglio anche agli organi delegati (App. Milano 21.1.1994). La vigilanza è la predisposizione di un programma regolamentato per il corretto flusso di informazioni tra delegante e delegato (App. Milano 21.1.1994), secondo i principi gravanti sul mandatario.
 

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