News
"L’ABC degli incendi: gli estintori, gli idranti e i naspi"
fonte www.puntosicuro.it / Rischio incendio
04/12/2012 - Gli
estintori sono
certamente i mezzi di primo intervento più impiegati per spegnere i principi di
incendio, tuttavia
non sono efficaci se
l'incendio si trova in una fase più avanzata.
Questo
è quanto ci ricordano le “
Slide corso antincendio parte 2” pubblicate sul sito
del Comando
Provinciale Vigili del Fuoco di Ascoli Piceno, relative a un corso di prevenzione incendi per lavoratori
incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio,
evacuazione dei luoghi di lavoro e gestione delle emergenze (art. 37 comma 9
del Decreto legislativo 81/2008), a cura
dell’Ing. Mauro Malizia (Comando dei Vigili del Fuoco di Ascoli Piceno).
Riguardo
a questi mezzi di
protezione antincendio
attiva il documento indica che gli estintori, classificati in base alla
loro capacità estinguente in relazione alle varie classi di
fuoco, si possono anche suddividere in relazione al loro peso complessivo:
-
estintori portatili: “massa
complessiva inferiore o uguale a 20 kg”;
-
estintori carrellati: “massa
superiore a 20 kg con sostanza estinguente fino a 150 kg”. In particolare
questa tipologia di estintori ha “le stesse caratteristiche degli estintori
portatili ma, a causa delle maggiori dimensioni e peso, una minore praticità
d’uso e maneggevolezza connessa allo spostamento del carrello di supporto”.
Hanno tuttavia una maggiore capacità estinguente (nel caso degli estintori a
polvere, i portatili hanno una carica da 1 a 12 kg, mentre i carrellati da 30 a
150 kg) e sono “da considerarsi integrativi di quelli portatili”.
Queste
sono le
tipologie di estintori in
relazione alla sostanza estinguente:
-
“
ad acqua, ormai in disuso;
-
a schiuma, adatto per liquidi
infiammabili;
-
a polvere, adatto per liquidi
infiammabili ed apparecchi elettrici;
-
ad anidride carbonica (CO2),
idoneo per apparecchi elettrici;
-
ad idrocarburi alogenati (halon e sostanze
alternative), adatto per motori di macchinari;
-
ad agente pulito”.
Il
documento analizza in particolare tre tipologie di estintori.
Negli
estintori a polvere l'azione
estinguente “è di tipo chimico (inibizione del materiale incombusto tramite
catalisi negativa), di soffocamento e di raffreddamento”. Possono essere usati su:
-
“fuochi di classe A, B, C;
-
fuochi di classe D (solo con polveri speciali);
-
quadri e apparecchiature elettriche fino a 1000 V”.
In
particolare gli estintori a polvere “devono riportare l'indicazione della loro
idoneità all'uso su apparecchiature elettriche sotto tensione, per esempio:
adatto all'uso su apparecchiature elettriche
sotto tensione fino a 1000 v ad una distanza di un metro”. Ricordando che
le polveri “possono danneggiare le apparecchiature e macchinari”.
Si
sottolinea che l'utilizzo di estintori a polvere contro fuochi di classe F (fuochi
che interessano mezzi di cottura) è “considerato pericoloso”.
È
bene ricordare che “
una volta spento
l’incendio è opportuno arieggiare il locale, in quanto, oltre ai prodotti
della combustione (CO, CO2, vari acidi e gas, presenza di polveri incombuste
nell’aria) la stessa polvere estinguente, molto fine, può essere inspirata
insieme ad altre sostanze pericolose dall’operatore”.
Gli
estintori a CO2 (anidride
carbonica) sono strutturalmente diversi dagli altri in quanto costituiti “da
una bombola in acciaio realizzata in un unico pezzo di spessore adeguato alle
pressioni interne, gruppo valvolare con attacco conico e senza foro per attacco
manometro né valvolino per controllo pressioni”. Si distingue dagli altri
estintori “anche per le colorazioni dell'ogiva (grigio chiaro, anche se non
obbligatorio) e dal diffusore di forma tronco-conica”. Il gas di questi
estintori “circonda i corpi infiammati, abbassa la concentrazione di ossigeno e
spegne per soffocamento e raffreddamento”.
La
gittata è limitata ed è dunque “necessario avvicinarsi il più possibile al
focolaio, utilizzando dispositivi
di protezione individuale”. Generalmente la “distanza del getto è non oltre
2 metri”.
Dopo
aver sottolineato che la CO2 che fuoriesce da un estintore “può
provocare ustioni da freddo”, il documento indica che tali estintori possono
essere utilizzati su:
-
fuochi di classe B, C;
-
quadri e apparecchiature elettriche fino a 1000 V.
Anche
in questo caso gli estintori devono riportare “l'indicazione della loro
idoneità all'uso su apparecchiature elettriche sotto tensione” e sono
considerati pericolosi contro fuochi di classe F. Inoltre i mezzi di
estinzione a CO2 non sono adatti sui focolai di classe A, “in
quanto il gas produce solo un abbassamento momentaneo della temperatura senza
l’inibizione delle braci prodotte dall’incendio”. Dopo la scarica si
innescherebbe nuovamente l’incendio.
Gli
estintori a schiuma sono costituiti
da un “serbatoio in lamiera d’acciaio la cui carica è composta da liquido
schiumogeno diluito in acqua in percentuale dal 3 al 10%” e sono utilizzabili
su focolai di classe A e B. L’azione estinguente del liquido schiumogeno
avviene per “soffocamento (separazione del combustibile dal comburente) e per
raffreddamento in minima parte”. Sono impiegati per lo più per incendi di
liquidi infiammabili (classe B), mentre è scarso l’effetto estinguente sui
fuochi di classe A (solidi con formazione di brace). E non sono da utilizzare sulle
apparecchiature elettriche e sui fuochi di classe D.
Il
numero degli estintori da installare
è determinato solo in alcuni norme specifiche e per alcuni luoghi (scuole,
ospedali, alberghi, locali di pubblico spettacolo, autorimesse ecc.). Negli
altri casi “si deve eseguire il criterio di disporre questi mezzi di primo intervento
in modo che siano prontamente disponibili ed utilizzabili. In linea di massima
la posizione deve essere scelta privilegiando la facilità di accesso, la
visibilità e la possibilità che almeno uno di questi possa essere raggiunto con
un percorso non superiore a 15 m circa. La distanza tra gruppi di estintori
deve essere circa 30 m”.
Rimandandovi
alla lettura del documento riguardo a ulteriori dettagli sugli estintori,
riportiamo alcune breve indicazioni relative alla
rete idrica antincendio e agli
idranti.
La
rete idrica antincendio “può essere
collegata direttamente, o a mezzo di vasca di disgiunzione, all’acquedotto
cittadino. La presenza della riserva idrica è necessaria se l’acquedotto non
garantisce continuità di erogazione e sufficiente pressione”. In questo secondo
caso “le caratteristiche idrauliche richieste agli erogatori (idranti UNI 45
oppure UNI 70) vengono assicurate in termini di portata e pressione dalla
capacità della riserva idrica e dal gruppo di pompaggio”.
Riguardo
agli
idranti possiamo avere:
-
idrante a muro: apparecchiatura
antincendio composta essenzialmente da “cassetta (o da un portello di protezione),
supporto della tubazione, valvola manuale di intercettazione, tubazione
flessibile completa di raccordi, lancia erogatrice”;
-
idrante a colonna soprasuolo: “apparecchiatura
antincendio, permanentemente collegata a una rete di alimentazione idrica,
costituita da una valvola alloggiata nella porzione interrata dell’apparecchio,
manovrata attraverso un albero verticale che ruota nel corpo cilindrico, nel
quale sono anche ricavati uno o più attacchi con filettatura unificata. Per
ciascun idrante deve essere prevista almeno una dotazione di una lunghezza
unificata di tubazione flessibile, com-pleta di raccordi e lancia di erogazione”
(dotazione ubicata in prossimità degli idranti);
-
idrante sottosuolo: “apparecchiatura
antincendio, permanentemente collegata a una rete di alimentazione idrica,
costituita da una valvola provvista di un attacco unificato ed alloggiato in
una custodia con chiusino installato a piano di calpestio. La posizione degli
idranti sottosuolo deve essere adeguatamente indicata; devono inoltre porsi in
atto misure per evitare che ne sia ostacolato l'utilizzo”.
I
naspi sono invece un’apparecchiatura
antincendio “costituita da una bobina mobile su cui è avvolta una tubazione
semirigida collegata ad una estremità con una lancia erogatrice”. Il documento
ricorda che per “l'impiego anche da parte di personale non addestrato”, i naspi
sono
un'alternativa agli idranti “soprattutto
per le attività a minor rischio”. Tuttavia hanno “prestazioni inferiori
rispetto agli idranti”. In alcune attività a basso rischio “possono essere collegati
direttamente alla rete idrica sanitaria”.
Concludiamo
con alcune brevi
indicazioni sul posizionamento
di idranti a muro e naspi:
-
“devono essere posizionati in modo che ogni parte dell'attività sia
raggiungibile con il getto d'acqua di almeno un idrante/naspo;
- in generale è ammissibile considerare che il
getto d'acqua abbia una lunghezza di riferimento di 5 m;
- il posizionamento degli idranti a muro e dei
naspi deve essere eseguito considerando ogni compartimento in modo
indipendente;
- gli idranti e/o i naspi devono essere
installati in posizione ben visibile e facilmente raggiungibile;
- preferibilmente posizionati in prossimità di uscite di emergenza o
vie di esodo, in posizione tale da non ostacolare l'esodo;
- le caratteristiche della rete idranti sono
fissate dalla norma UNI 10779”.
Comando
dei Vigili del Fuoco di Ascoli Piceno, “ Slide
corso antincendio parte 2”, a cura dell’ Ing. Mauro Malizia - Comando dei
Vigili del Fuoco di Ascoli Piceno, documento tratto da un corso per addetti
antincendio e pubblicato sul sito del Dipartimento dei Vigili del Fuoco del
Soccorso Pubblico e della Difesa Civile (formato PDF, 2.1 MB).
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1100 volte.
Pubblicità