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"Come valutare il microclima e calcolare il confort termico"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
11/03/2013 - Il
microclima di un ambiente di lavoro, cioè quel
complesso di parametri fisici (temperatura dell’aria, temperatura media
radiante, velocità dell’aria, umidità relativa) che insieme a parametri
quali attività metabolica ed abbigliamento caratterizzano gli scambi termici tra ambiente e lavoratori, è un elemento molto importante di ogni valutazione dei rischi.
Infatti l’ambiente termo-igrometrico in cui opera un lavoratore non
solo può comprometterne la sicurezza e salute, ma può essere non
adeguato alla attività e creare vere e proprie
sensazioni di disagio (discomfort).
Sono tanti i fattori che possono provocare
discomfort in un ambiente lavorativo.
Per parlarne possiamo fare riferimento a quanto presentato dal
Prof. Gianfranco Cellai (Laboratorio di Fisica Ambientale per la Qualità
Edilizia - Università di Firenze) in un Corso di Tecniche del controllo ambientale.
In “
Condizioni di benessere e prestazioni tecniche” il Prof. Cellai riporta a livello esemplificativo alcuni fattori che possono provocare
discomfort locale:
- “presenza di ampie superfici particolarmente fredde/calde (ad es.
pareti vetrate o pareti non isolate) che possono causare scambi termici
radiativi anomali tra alcune parti del corpo umano e le superfici
suddette (si raccomanda di mantenere l’asimmetria della temperatura
radiante < 10°C per le superfici verticali, e < 5°C per i
soffitti);
- contatto con superfici eccessivamente fredde o calde ; ad esempio
pavimenti non isolati su porticati ecc. (si raccomandano temperature
superficiali comprese tra 19 e 26°C);
- presenza di correnti d’aria fredda (spifferi) che su alcune zone
del corpo, ad esempio la nuca, possono risultare particolarmente
fastidiose (si raccomanda una velocità relativa dell’aria < 0,25
m/s);
- gradienti di temperatura all’interno dello stesso locale (si raccomanda una differenza verticale di temperatura < 3°C)”.
Ricordiamo
che un ambiente si trova in
condizioni
termicamente confortevoli “quando una elevata percentuale di persone poste
all’interno dello stesso, soggette ad analoghe condizioni di vestiario ed
attività fisica, non è in grado di dire se preferirebbe una temperatura più
alta o più bassa”.
A
questo proposito il Prof. Cellai elenca le
condizioni
di benessere in
periodi invernali
(con riscaldamento) e con riferimento ad attività leggere, fondamentalmente
sedentarie.
Ne
riprendiamo brevemente alcune:
-
la “temperatura operativa deve essere compresa tra 20 °C e 24 °C”;
-
“la differenza verticale di temperatura dell’aria tra 1,1 m e 0,1 m dal
pavimento (livello testa e caviglia) deve essere minore di 3 °C;
-
la temperatura superficiale del pavimento normalmente deve essere compresa tra
19 °C e 26 °C, ma si possono progettare sistemi di riscaldamento a pavimento a
29 °C”;
-
“l’asimmetria della temperatura radiante dovuta a finestre o ad altre superfici
fredde verticali deve essere minore di 10 °C (rispetto ad un piccolo elemento
piano verticale posto a 0,6 m dal pavimento);
-
l’asimmetria della temperatura radiante dovuta ad un soffitto caldo
(riscaldato) deve essere minore di 5 °C (rispetto ad un piccolo elemento piano
orizzontale posto a 0,6 m dal pavimento);
-
l’umidità relativa deve essere compresa tra il 30% e il 70%”.
E
riguardo alle
condizioni di benessere
estive, con riferimento alle stesse attività:
-
la “temperatura operativa deve essere compresa tra 23 °C e 26 °C”;
-
“la differenza verticale di temperatura dell’aria tra 1,1 m e 0,1 m dal
pavimento (livello testa e caviglia) deve essere minore di 3 °C”;
-
“l’umidità relativa deve essere compresa tra il 30% e il 70%”.
In
entrambi i casi è necessario anche tener conto della velocità media dell’aria
(secondo quanto riportato nelle tabelle nel documento).
Ricordiamo
che nel documento originale, che vi invitiamo a leggere, il Prof. Cellai
riporta formule e calcoli relativi al microclima, alla resistenza termica del
vestiario, al bilancio termico del corpo umano, agli scambi termici, agli
indici di confort, ...
Il
confort (o comfort)
microclimatico è importante in tutti
gli ambienti di lavoro e la stessa normativa sulla tutela della salute e
sicurezza dei lavoratori, il Decreto legislativo 81/2008, classifica nel
Titolo VIII (art. 180) il microclima tra gli agenti fisici che, ai sensi
dell’art. 181, devono essere compresi nella valutazione dei rischi.
Benché
mancante di un capo specifico (come altri agenti fisici), il microclima deve
essere valutato con riferimento alle norme di buona tecnica (UNI, ISO ecc.) ed
alle buone prassi in modo da identificare ed adottare le più adeguate misure di
prevenzione e protezione.
Come fare dunque la
valutazione del microclima
e come calcolare il confort termico?
La
valutazione del microclima ambientale e del confort dei lavoratori avviene
mediante la misurazione di parametri ambientali ed individuali, misurazione
seguita dall'elaborazione di specifici
indici
di confort che permettono di esprimere numericamente le condizioni
microclimatiche di un ambiente.
Ricordiamo
che il confort termico viene definito dalla American Society of Heating,
Refrigerating and Air Conditioning Engineers ( ASHRAE) come “condizione di benessere
psicofisico dell'individuo rispetto all'ambiente in cui vive e opera”. E la
valutazione di tale benessere può essere quantificata specialmente attraverso
due indici:
-
PMV (voto medio previsto): è il
valore medio dei voti previsto in un consistente gruppo di persone, secondo una
scala di sensazione termica a 7 punti. Da +3 (molto caldo) a -3 (molto freddo),
passando per 0 (né caldo né freddo);
-
PPD (percentuale prevista di
insoddisfatti): percentuale di soggetti termicamente insoddisfatti in uno
specifico ambiente. È un indice calcolato a partire dal valore di PMV.
Il
PMV è un indice adatto alla valutazione di
ambienti
lavorativi a microclima moderato, ad esempio uffici, laboratori di
ricerca,
scuole, ospedali, .... Uno stato di comfort termico si raggiunge per valori di
PMV compresi tra + 0,5 e - 0,5, cui corrisponde una percentuale di
insoddisfatti delle condizioni termiche (PPD) inferiore al 10%.
Inoltre,
come indicato nel documento Inail “ Microclima
e luoghi di lavoro”,
si possono distinguere, dal punto di vista termico, diverse
tipologie di ambiente:
-
“
ambienti moderati, in cui si
possono raggiungere condizioni di comfort”;
-
“
ambienti severi in cui tali
condizioni non possono essere garantite e pertanto ci si deve preoccupare di
assicurare la salute e la sicurezza del lavoratore”.
Negli
ambienti moderati il lavoratore non
corre generalmente rischi per la salute ed è possibile raggiungere la
condizione di
benessere termico, una
sorta di “equilibrio termico tra soggetto ed ambiente ottenuta mediante
un’attivazione minima dei meccanismi di termoregolazione per mantenere costante
la temperatura corporea intorno ai 37°C”.
In
questo caso per la valutazione gli indici più utilizzati sono descritti nella
UNI EN ISO 7730 e sono, come abbiamo visto, il
PMV (Predicted Mean Vote) e il
PPD
(Predicted Percentage of Dissatisfied). Si deve inoltre tener conto dei discomfort
locali individuati dalla stessa UNI EN ISO 7730.
Gli
ambienti severi sono ambienti in cui
non si possono realizzare condizioni di comfort termico ed è necessario
individuare opportune misure di protezione.
Possiamo
avere:
-
ambienti severi caldi: il soggetto
“può non riuscire a dissipare calore oltre un certo limite con i meccanismi di
termoregolazione (vasodilatazione e sudorazione), con conseguente innalzamento
della temperatura centrale. Si va dal deficit idrico, a quello sodico,
all’esaurimento della sudorazione, alla sincope da calore e alle ustioni da calore,
in caso di esposizione a fonti di calore radiante”. Per la
valutazione è possibile utilizzare l’
indice
WBGT, un indice di facile determinazione, che “può dare un’idea immediata
sulla necessità di una valutazione più
accurata. Tiene conto solo dei parametri ambientali e non dell’attività
lavorativa e dell’abbigliamento indossato dal lavoratore”. È inoltre possibile
utilizzare il
modello PHS, un
“modello analitico sofisticato che tiene conto anche di fattori complessi,
restituendo risultati più affidabili e rendendo la valutazione più veritiera”;
-
ambienti severi freddi: “il soggetto
non riesce, oltre certi limiti, a trattenere calore all’interno del corpo
mediante i meccanismi di termoregolazione (vasocostrizione e brivido), con
conseguente abbassamento della temperatura centrale. Il raffreddamento globale
può portare al rischio di ipotermia fino alla morte per fibrillazione cardiaca,
mentre il raffreddamento locale può comportare il rischio di congelamento delle
estremità”. Per la valutazione si deve tener conto sia del
raffreddamento globale (corpo intero) che del
raffreddamento locale ovvero di alcune parti specifiche come viso,
mani e piedi. Per il raffreddamento globale si utilizza l’
indice IREQ (procedura analitica “basata sulla valutazione dell’isolamento
dell’abbigliamento richiesto” affinché
il corpo sia in equilibrio termico con l’ambiente) e per il raffreddamento
locale è applicabile la norma UNI EN ISO 11079 che individua 4 tipi di
raffreddamento locale (raffreddamento dovuto al vento freddo, raffreddamento
della pelle per contatto con superficie fredde, raffreddamento delle estremità,
raffreddamento delle vie respiratorie).
Concludiamo
questa breve disamina, sulla valutazione del rischio microclimatico, riportando
alcune
norme tecniche di riferimento.
Per
gli
ambienti moderati:
-
UNI EN ISO 7730:2006 “Ergonomia
degli ambienti termici - Determinazione analitica e interpretazione del
benessere termico mediante il calcolo degli indici PMV e PPD e dei criteri di
benessere termico locale”: questa norma presenta metodi per prevedere la
sensazione termica globale ed il grado di disagio (insoddisfazione termica)
delle persone esposte in ambienti termici moderati. Consente infatti la
determinazione analitica e l'interpretazione del benessere termico mediante il
calcolo del PMV e del PPD e dei criteri di benessere termico locale, fornendo
le condizioni ambientali considerate accettabili per il benessere termico
globale così come quelle che rappresentano il disagio locale.
Per
gli
ambienti severi caldi:
-
UNI EN ISO 7933:2005 “Ergonomia
dell’ambiente termico - Determinazione analitica ed interpretazione dello
stress termico da calore mediante il calcolo della sollecitazione termica
prevedibile”;
-
UNI EN 27243 “Ambienti caldi.
Valutazione dello stress termico per l’uomo negli ambienti di lavoro, basata
sull’indice WBGT (temperatura a bulbo umido e del globotermometro)”.
Per
gli
ambienti severi freddi:
-
UNI EN 342:2004 “Indumenti di
protezione - Completi e capi di abbigliamento per la protezione contro il
freddo”;
-
UNI EN 511:2006 “Guanti di
protezione contro il freddo”;
-
UNI EN ISO 11079:2008 “Ergonomia
degli ambienti termici - Determinazione e interpretazione dello stress termico
da freddo con l’utilizzo dell’isolamento termico dell’abbigliamento richiesto
(IREQ) e degli effetti del raffreddamento locale”.
Per
tutti i tipi di ambienti:
-
UNI EN ISO 7726:2002 “Ergonomia
degli ambienti termici - Strumenti per la misurazione delle grandezze fisiche”;
-
UNI EN ISO 8996:2005 “Ergonomia
dell’ambiente termico - Determinazione del metabolismo energetico”;
-
UNI EN ISO 9886:2004 “Ergonomia -
Valutazione degli effetti termici (thermal strain) mediante misurazioni
fisiologiche”;
-
UNI EN ISO 9920:2009 “Ergonomia
dell’ambiente termico - Valutazione dell’isolamento termico e della resistenza
evaporativa dell’abbigliamento”;
-
UNI EN ISO 12894:2002 “Ergonomia
degli ambienti termici - Supervisione medica per persone esposte ad ambienti
molto caldi o molto freddi”.
Inail,
Settore Ricerca, Dipartimento di Medicina del Lavoro, “ Microclima
e luoghi di lavoro”,
a cura di V. Molinaro e S. Del Ferraro (formato PDF, 601 kB).
“ Condizioni
di benessere e prestazioni tecniche”, a cura del Prof. Arch. Gianfranco Cellai
(Laboratorio di Fisica Ambientale per la Qualità Edilizia - Università di
Firenze), intervento relativo a un Corso di Tecniche del controllo ambientale
pubblicato sul sito dell’Università degli Studi di Firenze (formato PDF, 2.53
MB).
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