"Sicurezza: l'amministratore di condominio può anche considerarsi committente nei lavori appaltati, ma il giudice deve accertare i poteri in concreto attribuitigli dall'assemblea"
fonte Nicola Pignatelli, avvocato in Barletta / Sicurezza sul lavoro
Un amministratore di condominio era stato condannato in primo grado alla pena dell’ammenda, per i reati:
a) di cui al D.Lgs. n.
81/2008, art. 26, comma 1, lett. a) e b), art. 55, comma 4, lett. d), per avere
affidato i lavori di abbattimento di una pianta di rilevanti dimensioni, ubicata
all’interno del giardino condominiale, senza verificare l’idoneità tecnico
professionale della ditta appaltatrice ed, in particolare, per non avere
verificato detta idoneità, anche mediante l'acquisizione di autocertificazione,
in relazione alla pregressa esperienza lavorativa acquisita ed in relazione alla
disponibilità dei dipendenti e di idonee attrezzature da lavoro e per non aver
fornito ai soggetti incaricati dell’esecuzione dell’intervento dettagliate
informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui erano chiamati
ad operare e sulle misure di prevenzione ed emergenza adottate dal
condominio;
b) di cui al D.Lgs. n.
81/2008, art. 26, comma 2, lett. a) e b) e art. 55, comma 4, lett. d), per
avere, in collaborazione con i datori di lavoro delle ditte e con i lavoratori
autonomi presenti nel giardino condominiale, omesso di provvedere a cooperare
all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro
incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto e a coordinare,
attraverso la reciproca informazione, gli interventi di protezione e prevenzione
dai rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte
nell’esecuzione dell’opera.
L’amministratore aveva
proposto ricorso per cassazione, sostenendo di non aver mai preso parte
all’esecuzione delle opere, né di essersi in alcun modo ingerito
nell’organizzazione, nella direzione e nell’esecuzione delle stesse, agendo
dunque quale mero committente, concedendo l’appalto alla società che poi aveva
materialmente provveduto, avvalendosi di terzi, all’abbattimento della pianta e
senza pertanto assumere la posizione di “datore di lavoro” erroneamente
attribuitagli nella sentenza del Tribunale.
Lamentava, poi, che il
Tribunale gli aveva attribuito l’inosservanza di obblighi antinfortunistici,
nonostante il suo ruolo di mero committente.
La Cassazione, con una
pronuncia depositata nell’ottobre del 2013, annullando la condanna in primo
grado, ha puntualizzato alcuni principi, per la corretta applicazione dei quali
ha rinviato “nuovamente” al Tribunale, per un nuovo (e più “completo”) giudizio
nel quale accertare se e in che termini possa muoversi un rimprovero penale
all’amministratore.
In primis, ha affermato come
– per procedere correttamente alla valutazione del comportamento
dell’amministratore – il Tribunale avrebbe dovuto verificare se il ricorrente
potesse o meno considerarsi quale titolare di una posizione di garanzia che gli
imponesse di assicurare la sicurezza del lavoro, anche alla luce della ratio
sottesa all’art. 26 del T.U. Sicurezza (ratio individuata nel garantire una
rafforzata tutela della sicurezza sul lavoro, coinvolgendo anche il committente
attraverso la previsione di specifici obblighi sullo stesso gravanti).
In virtù di questa ratio –
afferma la Corte di cassazione – può ritenersi come, “nell'affidare i lavori
all’appaltatore, il committente non sia automaticamente esonerato dall’osservare
le norme di sicurezza che avrebbe necessariamente dovuto applicare in caso di
diretta esecuzione dell’intervento, continuando a gravare anche sulla sua
persona, seppure entro certi limiti, il debito di sicurezza verso i lavoratori
impegnati nell’esecuzione delle opere appaltate”.
Sulla base di quanto
evidenziato, continua la Corte, se è pacifico che, in base alla richiamata
disciplina, l’amministratore di un condominio possa assumere la posizione di
garanzia propria del datore di lavoro nel caso in cui proceda direttamente (ciò
che nel caso concreto non è avvenuto) all’organizzazione e direzione di lavori
da eseguirsi nell’interesse del condominio stesso, ciò non esclude che, in caso
di affidamento in appalto di dette opere, tale evenienza non lo esoneri
completamente da qualsivoglia obbligo, ben potendo egli assumere, in determinate
circostanze, la posizione di committente ed essere, come tale, tenuto quanto
meno all’osservanza di ciò che è stabilito dall’art. 26 del D.Lgs. n. 81 del
2008.
Fermo quanto fin qui
evidenziato, la Cassazione, avverte, però, come, nel caso concreto, vi fosse
un’altra circostanza di cui doverosamente il Tribunale avrebbe dovuto tener
conto.
In sostanza, in base al
concreto svolgersi dei fatti, la Cassazione arriva anche a ritenere che
all’amministratore ben si sarebbe potuta attribuire la qualifica di committente
e, quindi, “addossargli” la responsabilità per non aver ottemperato a quanto
richiesto dall’art. 26 del T.U., ma tutto questo “a patto che” il Tribunale
avesse tenuto conto di una circostanza di “decisivo rilievo”, ossia del fatto
che “l’appalto dei lavori era stato deciso ed assegnato mediante delibera
dell’assemblea condominiale alla quale l’amministratore, ad essa vincolato, era
tenuto a dare concreta attuazione”.
In questo caso, dunque, il
giudice del merito, avrebbe dovuto considerare che l’imputato aveva agito nella
peculiare qualità di amministratore di un condominio (e, quindi, non avrebbe
dovuto prescindere dall’effettuare un “pieno accertamento” circa il ruolo
effettivamente svolto dall’amministratore medesimo nella stipulazione del
contratto e nella sua successiva attuazione, considerando anche l’ambito di
autonomia di azione di cui egli eventualmente disponeva ed i poteri decisionali
concretamente attribuitigli dall’assemblea).
Soltanto dopo tale necessaria
verifica fattuale il Tribunale avrebbe dovuto, poi, accertare la effettiva
riconducibilità dell’attività espletata alle fattispecie contemplate dalle
disposizioni precedentemente richiamate.
Di qui “la restituzione delle
carte” nuovamente al Tribunale, affinché questo potesse compiere con maggiore
compiutezza la valutazione del ruolo dell’imputato e della sua eventuale
sottoposizione a sanzione penale.
Cass. pen. Sez. III, Sent.,
15-10-2013, n. 42347
[a cura di Nicola Pignatelli, avvocato in Barletta - avvocatonicolapignatelli@gmail.com]
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