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"Resta agli architetti la competenza esclusiva sugli edifici storici"

fonte www.edilportale.com / Edilizia

15/01/2014 - Gli interventi sugli immobili di interesse storico-artistico restano di esclusiva competenza degli architetti. È quanto emerge dalla sentenza 21/2014 del Consiglio di Stato che chiude lo scontro sulle competenze tra ingegneri e architetti dopo un confronto durato anni, che ha coinvolto anche la Corte di Giustizia europea e la Corte Costituzionale.

Come funziona la normativa italiana
In Italia le professioni di ingegnere e di architetto sono disciplinate dal Regio Decreto 2537/1925. L’articolo 52 del decreto stabilisce che tanto l’ingegnere quanto l’architetto possono occuparsi di opere di edilizia civile, rilievi geometrici e relative operazioni di estimo. Invece, le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico, così come il restauro e il ripristino degli edifici storico artistici, rientrano nelle competenze dell’architetto, anche se l’ingegnere può svolgere la parte tecnica.
 
Il confronto con le norme europee
Sui contenuti della norma italiana si sono scontrati e confrontati gli ordini professionali, il Ministero dei Beni Culturali e diversi tribunali, interessati a capire se il Regio decreto fosse o meno conforme alla Direttiva 384/1985, recepita dal Dlgs 129/1992, in base alla quale, in presenza di determinate condizioni nei percorsi formativi, i titoli di ingegnere e architetto sono parificati.
 
Ciò che interessava capire era anche se la normativa italiana determinasse una discriminazione ai danni degli ingegneri italiani. La Corte di Giustizia europea, chiamata più volte a pronunciarsi sull’argomento, a febbraio dell’anno scorso ha affermato che ai professionisti con un titolo rilasciato in un altro Stato membro, che abilita all’esercizio di attività nel settore dell’architettura, possono essere affidati incarichi sugli immobili artistici senza che sia necessario dimostrare di avere particolari qualifiche nel settore dei beni culturali.
 
A detta degli ordini professionali, questa interpretazione poteva significare che gli ingegneri civili laureati all’estero potevano operare sugli immobili artistici in Italia, mentre la stessa possibilità era preclusa agli ingegneri che avevano conseguito il titolo in Italia.
 
Le conclusioni del Consiglio di Stato
Sulla base di quanto affermato dalla Corte di Giustizia europea, il Consiglio di Stato ha concluso che la normativa italiana è conforme alla direttiva comunitaria e non implica una discriminazione a danno degli ingegneri italiani.
 
Secondo il CdS, la Direttiva 384/1985 non ha portato alla piena equiparazione tra i titoli di ingegnere e di architetto, non intende regolare le condizioni di accesso alla professione di architetto, né tantomeno indica una definizione giuridica delle attività del settore dell’architettura. La regolamentazione dell’accesso alla professione, continua il CdS, è una questione interna, che quindi non ha nessun peso a livello comunitario.
 
Allo stesso tempo il Consiglio di Stato ha affermato che la “riserva” a favore degli architetti non implica una discriminazione per gli ingegneri. A livello europeo, infatti, gli ingegneri devono dimostrare di aver seguito un percorso idoneo in storia e tecniche dell’architettura prima di ottenere un incarico su un immobile storico.

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